Comunione ai divorziati, la 'rivoluzione non rivoluzionaria' di Francesco
Papa Francesco nella sua 'amoris laetitia' spiege che
sull'ostia ai divorziati risposati bisogna cercare "soluzioni
specifiche" regione per regione
di
GIOVANNI PANETTIERE
Città del Vaticano, 9 aprile 2016 - LE LEGGI
morali non vanno applicate "come se fossero pietre che si lanciano
contro la vita delle persone". Sull'ostia ai divorziati risposati
servono piuttosto discernimento e misericordia, senza paura di cercare,
"in ogni paese o regione", soluzioni specifiche. A meno di sette mesi
dalla conclusione del doppio Sinodo sulla famiglia, dopo un faticoso
tira e molla con l'Ex Sant'Uffizio, che non ha lesinato modifiche in
senso restrittivo alla prima bozza, papa Francesco pubblica
l'esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia che sintetizza e
integra ufficialmente i due anni di lavoro in assemblea.
Sulla spinosa questione dell'accesso ai sacramenti dei divorziati risposati, il testo conferma la svolta pastorale suggerita dai vescovi dopo un dibattito interno ad alta tensione: nessuna abrogazione della normativa canonica attuale, che esclude dalla comunione chi si trova in peccato grave, ma, nell'applicazione della disciplina, spazio alla valutazione caso per caso, in un percorso d'accompagnamento spirituale in foro interno, condotto dal confessore sulle linee guida tracciate dai vescovi locali.
RISPETTO all'esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, fino a oggi bussola morale sul tema, Amoris laetitia si muove in continuità, laddove richiama il criterio del discernimento, e allo stesso tempo in discontinuità, perché Francesco afferma che oggi "non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta 'irregolare' vivano in stato di peccato mortale". Di contro Wojtyla escludeva dalla comunione tutti i divorziati risposati, salvo quelli che vivevano in regime di continenza sessuale con il nuovo coniuge.
Ciò detto, è curioso constatare come l'unico passaggio esplicito in Amoris laetitia sulla possibilità di ricevere l'eucarestia lo si trovi in una nota, la 351, e non nel dettato del provvedimento: con riferimento all'aiuto della Chiesa verso i divorziati risposati, si legge che questo "in certi casi potrebbe essere anche l'aiuto dei sacramentiI".
Su una materia così incandescente il documento finisce pertanto per generare 'una rivoluzione non rivoluzionaria' che, se da un lato, evitando il disco verde generalizzato sull'accesso all'eucarestia, scongiura uno scisma nella Chiesa - gli episcopati africani e dell'Est Europa hanno esibito posizioni fortemente reazionarie -, dall'altro, evita di segnare il passo su un argomento che, croce e delizia del Sinodo sulla famiglia, ha calamitato l'attenzione dell'opinione pubblica non soltanto cattolica.
SCANDITA in nove capitoli e 325 paragrafi, per un totale di 263 pagine, Amoris laetitia coniuga la prolissità del testo con uno stile asciutto e piacevole che rifugge appesantimenti teologici per lasciare spazio a citazioni di Martin Luther King, Erich Fromm e poeti latinoamericani alla Jorge Luis Borges, amatissimo dal Pontefice, o a rimandi cinematografici a Il pranzo di Babette, la pellicola preferita di Francesco.
I primi sette paragrafi del documento evidenziano la consapevolezza della complessità del tema della famiglia. Si afferma che gli interventi dei padri al sinodo hanno composto un "prezioso poliedro" da salvaguardare, perché raccoglie la pluralità delle esperienze e dei punti di vista delle Chiese particolare. Da qui il Papa, conscio delle straordinarie attese sui contenuti dell'esortazione - in modo particolare sulle situazioni di crisi e fragilità -, muove un significativo e umile passo indietro, chiarendo come "non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero".
Dunque, per alcune questioni "in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali". Quello che Bergoglio attua è un decentramento, dalla cattedra di Pietro e dalla Curia romana verso gli episcopati nazionali, che il Papa aveva lasciato intuire già nel suo discorso sui 50 anni dalla istituzione del Sinodo, ma che era inimmaginabile fino a qualche tempo fa. Si pensi, per esempio. alla diocesi di Friburgo, in Germania, che nel 2012 si vide cassata dall'Ex Sant'Uffizio una sua proposta sull'ostia ai divorziati risposati, giudicata troppo avanzata.
Questa valorizzazione delle Chiese locali si esprime anche nelle frequenti citazioni di documenti dei singoli episcopati nazionali, come era già accaduto nella prima esortazione di Francesco, l'Evangelii gaudium, il testo programmatico del suo ministero.
GIÀ da un rapido esame dei suoi contenuti, è possibile cogliere come Amoris laetitia intenda ribadire con forza non l’"ideale" della famiglia, ma la sua realtà ricca e complessa. Vi è nelle sue pagine uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si nutre non di astrazioni o proiezioni ideali, ma di un’attenzione pastorale alla realtà. La stessa che spinge il Papa, in una stagione in cui predominano "l'individualismo sfrenato" e "la banalizzazione del sesso", a recuperare il sì del Vaticano II "a una prudente educazione sessuale", a considerare persino le convivenze come "un'occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio" o a sollecitare un'accompagnamento delle famiglie con figli omosessuali. Gay e lesbiche per i quali Bergoglio, sulle orme del Catechismo, invoca il rispetto della "dignità contro ogni ingiusta discriminazione" prima di aggiungere, di suo pugno, il no "ad ogni forma di violenza e aggressione".
Ciò che colpisce in Amoris laetitia è il continuo appello al principio dell'inclusione, dei divorziati risposati e, più in generale, di tutti 'gli irregolari', che finora si sono sentiti messi alla porta dalla Chiesa. È la stessa distinzione fra "regolari" e "irregolari" a crollare nell'esortazione. Nessuno - è il messaggio del Pontefice - deve sentirsi condannato, nessuno deve considerarsi escluso. Nessuno. Per tutti e su tutti insiste la misericordia di Dio.
MA lo spiccato realismo dell'esortazione consente al vescovo di Roma di far fare alla Chiesa anche una salutare e inedita autocritica. In primis, quando Francesco rimprovera al popolo di Dio di aver presentato il matrimonio "ponendo l'accento quasi esclusivo sul dovere della procreazione", lasciando in secondo piano l'aspetto unitivo e dell'aiuto fra i coniugi, dimenticando così che "siamo chiamati a formare le coscienze, non a sostituirle". In secondo luogo, allorquando l'autore rileva, nel sesto capitolo sulle vie pastorali che orientano a costruire famiglie solide e feconde, che "ai ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali delle famiglie". Come uscirne, allora? Se, da una parte, bisogna migliorare la formazione psico-affettiva dei seminaristi e coinvolgere di più la famiglia nella formazione al ministero, dall’altra, "può essere utile" l'apporto di donne nel percorso di studi, coniugata con "l’esperienza della lunga tradizione orientale dei sacerdoti sposati". Un indizio della volontà del Papa di mettere in cantiere l'ordinazione di uomini sposati nella Chiesa di rito latino?
COME ha accennato il cardinale austriaco Christoph Schonborn nella conferenza stampa di presentazione del documento, l'insistenza del Papa sulla via caritatis e sull'inclusione preoccupa alcuni settori della Chiesa. Non si parla qui a favore del relativismo? Non diventa permissivismo la tanto evocata misericordia? La risposta a entrambe le domande la dà lo stesso Francesco nell'Amoris laetitia: "Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti d'inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire". Come dire, misericordia e dottrina sono spose. Vanno di pari passo, l'una include l'altra, anche nel magistero di Bergoglio.
Papa Francesco nella sua 'amoris laetitia' spiege che
sull'ostia ai divorziati risposati bisogna cercare "soluzioni
specifiche" regione per regione
di
GIOVANNI PANETTIERE
Sulla spinosa questione dell'accesso ai sacramenti dei divorziati risposati, il testo conferma la svolta pastorale suggerita dai vescovi dopo un dibattito interno ad alta tensione: nessuna abrogazione della normativa canonica attuale, che esclude dalla comunione chi si trova in peccato grave, ma, nell'applicazione della disciplina, spazio alla valutazione caso per caso, in un percorso d'accompagnamento spirituale in foro interno, condotto dal confessore sulle linee guida tracciate dai vescovi locali.
RISPETTO all'esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, fino a oggi bussola morale sul tema, Amoris laetitia si muove in continuità, laddove richiama il criterio del discernimento, e allo stesso tempo in discontinuità, perché Francesco afferma che oggi "non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta 'irregolare' vivano in stato di peccato mortale". Di contro Wojtyla escludeva dalla comunione tutti i divorziati risposati, salvo quelli che vivevano in regime di continenza sessuale con il nuovo coniuge.
Ciò detto, è curioso constatare come l'unico passaggio esplicito in Amoris laetitia sulla possibilità di ricevere l'eucarestia lo si trovi in una nota, la 351, e non nel dettato del provvedimento: con riferimento all'aiuto della Chiesa verso i divorziati risposati, si legge che questo "in certi casi potrebbe essere anche l'aiuto dei sacramentiI".
Su una materia così incandescente il documento finisce pertanto per generare 'una rivoluzione non rivoluzionaria' che, se da un lato, evitando il disco verde generalizzato sull'accesso all'eucarestia, scongiura uno scisma nella Chiesa - gli episcopati africani e dell'Est Europa hanno esibito posizioni fortemente reazionarie -, dall'altro, evita di segnare il passo su un argomento che, croce e delizia del Sinodo sulla famiglia, ha calamitato l'attenzione dell'opinione pubblica non soltanto cattolica.
SCANDITA in nove capitoli e 325 paragrafi, per un totale di 263 pagine, Amoris laetitia coniuga la prolissità del testo con uno stile asciutto e piacevole che rifugge appesantimenti teologici per lasciare spazio a citazioni di Martin Luther King, Erich Fromm e poeti latinoamericani alla Jorge Luis Borges, amatissimo dal Pontefice, o a rimandi cinematografici a Il pranzo di Babette, la pellicola preferita di Francesco.
I primi sette paragrafi del documento evidenziano la consapevolezza della complessità del tema della famiglia. Si afferma che gli interventi dei padri al sinodo hanno composto un "prezioso poliedro" da salvaguardare, perché raccoglie la pluralità delle esperienze e dei punti di vista delle Chiese particolare. Da qui il Papa, conscio delle straordinarie attese sui contenuti dell'esortazione - in modo particolare sulle situazioni di crisi e fragilità -, muove un significativo e umile passo indietro, chiarendo come "non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero".
Dunque, per alcune questioni "in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali". Quello che Bergoglio attua è un decentramento, dalla cattedra di Pietro e dalla Curia romana verso gli episcopati nazionali, che il Papa aveva lasciato intuire già nel suo discorso sui 50 anni dalla istituzione del Sinodo, ma che era inimmaginabile fino a qualche tempo fa. Si pensi, per esempio. alla diocesi di Friburgo, in Germania, che nel 2012 si vide cassata dall'Ex Sant'Uffizio una sua proposta sull'ostia ai divorziati risposati, giudicata troppo avanzata.
Questa valorizzazione delle Chiese locali si esprime anche nelle frequenti citazioni di documenti dei singoli episcopati nazionali, come era già accaduto nella prima esortazione di Francesco, l'Evangelii gaudium, il testo programmatico del suo ministero.
GIÀ da un rapido esame dei suoi contenuti, è possibile cogliere come Amoris laetitia intenda ribadire con forza non l’"ideale" della famiglia, ma la sua realtà ricca e complessa. Vi è nelle sue pagine uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si nutre non di astrazioni o proiezioni ideali, ma di un’attenzione pastorale alla realtà. La stessa che spinge il Papa, in una stagione in cui predominano "l'individualismo sfrenato" e "la banalizzazione del sesso", a recuperare il sì del Vaticano II "a una prudente educazione sessuale", a considerare persino le convivenze come "un'occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio" o a sollecitare un'accompagnamento delle famiglie con figli omosessuali. Gay e lesbiche per i quali Bergoglio, sulle orme del Catechismo, invoca il rispetto della "dignità contro ogni ingiusta discriminazione" prima di aggiungere, di suo pugno, il no "ad ogni forma di violenza e aggressione".
Ciò che colpisce in Amoris laetitia è il continuo appello al principio dell'inclusione, dei divorziati risposati e, più in generale, di tutti 'gli irregolari', che finora si sono sentiti messi alla porta dalla Chiesa. È la stessa distinzione fra "regolari" e "irregolari" a crollare nell'esortazione. Nessuno - è il messaggio del Pontefice - deve sentirsi condannato, nessuno deve considerarsi escluso. Nessuno. Per tutti e su tutti insiste la misericordia di Dio.
MA lo spiccato realismo dell'esortazione consente al vescovo di Roma di far fare alla Chiesa anche una salutare e inedita autocritica. In primis, quando Francesco rimprovera al popolo di Dio di aver presentato il matrimonio "ponendo l'accento quasi esclusivo sul dovere della procreazione", lasciando in secondo piano l'aspetto unitivo e dell'aiuto fra i coniugi, dimenticando così che "siamo chiamati a formare le coscienze, non a sostituirle". In secondo luogo, allorquando l'autore rileva, nel sesto capitolo sulle vie pastorali che orientano a costruire famiglie solide e feconde, che "ai ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali delle famiglie". Come uscirne, allora? Se, da una parte, bisogna migliorare la formazione psico-affettiva dei seminaristi e coinvolgere di più la famiglia nella formazione al ministero, dall’altra, "può essere utile" l'apporto di donne nel percorso di studi, coniugata con "l’esperienza della lunga tradizione orientale dei sacerdoti sposati". Un indizio della volontà del Papa di mettere in cantiere l'ordinazione di uomini sposati nella Chiesa di rito latino?
COME ha accennato il cardinale austriaco Christoph Schonborn nella conferenza stampa di presentazione del documento, l'insistenza del Papa sulla via caritatis e sull'inclusione preoccupa alcuni settori della Chiesa. Non si parla qui a favore del relativismo? Non diventa permissivismo la tanto evocata misericordia? La risposta a entrambe le domande la dà lo stesso Francesco nell'Amoris laetitia: "Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti d'inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire". Come dire, misericordia e dottrina sono spose. Vanno di pari passo, l'una include l'altra, anche nel magistero di Bergoglio.
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