Addio ad Armando Cossutta, il più filosovietico dei comunisti italiani: aveva 89 anni
Si era iscritto al partito nel 1943 ed aveva partecipato alla resistenza nelle brigate Garibaldi. Rischiò la fucilazione. Nel dopoguerra divenne dirigente del partito.
E' morto lunedì pomeriggio all'ospedale San Camillo di Roma Armando Cossutta, storico dirigente del Pci. Aveva 89 anni. Cossutta è stato il più filosovietico dei comunisti italiani, fondatore di Rifondazione comunista dopo la trasformazione del Pci e poi del partito dei comunisti italiani. Del Pci Cossutta è stato una delle colonne negli anni in cui il rapporto con Mosca era più forte.
Si era iscritto al partito nel 1943 ed aveva partecipato alla resistenza nelle brigate Garibaldi. Catturato e condannato alla fucilazione, si salvò soltanto perché i militi del plotone d'esecuzione (come racconta nel libro autobiografico Una storia comunista, edito nel 2004 dalla Rizzoli), spararono in aria.
Nel dopoguerra divenne dirigente del partito. Fu segretario del Pci milanese e lombardo, per entrare poi in Parlamento nel 1972, restandovi fino al 2006. Filosovietico per antonomasia, nel 1981 si oppose strenuamente alla linea revisionista del segretario Berlinguer, il quale aveva affermato che la "spinta propulsiva" della Rivoluzione d'Ottobre si era esaurita, tentando di sganciare il PCI dai suoi rapporti storici con i regimi comunisti del blocco sovietico.
Celebre la sua definizione della linea berlingueriana: "lo strappo". Contrario allo scioglimento del PCI, nel febbraio 1991 fondò, con Sergio Garavini, Lucio Libertini ed altri, il Movimento per la Rifondazione Comunista, che nel dicembre dello stesso anno si unì a Democrazia Proletaria formando il Partito della Rifondazione Comunista, di cui fu presidente.
Ma quando nel 1998 Fausto Bertinotti, allora segretario del partito, ritirò la fiducia al governo Prodi, Cossutta si oppose staccandosi dal partito e fondandone uno nuovo, il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), con Oliviero Diliberto e Marco Rizzo. Per contrasti con Diliberto lasciò anche questo partito nel 2006, ritirandosi dalla politica attiva. Nell'agosto di quest'anno aveva perso la moglie Emilia, alla quale era legato da oltre 70 anni.
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