BANDIERA
BLU: MA IL MARE È REALMENTE PULITO?
di
Luca Scialò
Anche
quest’anno, tra conferme e new entry, sono state assegnate le Bandiere Blu alle
coste italiane. C’è stato perfino un leggero aumento delle assegnazioni. Ma
quante località davvero le meritano? E quante godono di questo lusinghiero
riconoscimento “di riflesso” perché vicine a posti che invece sono davvero
meritevoli?
In
realtà occorre sapere che le premiazioni sono “a macchia di leopardo” e
l’assegnazione del vessillo non avviene in modo spontaneo da parte
dell’organizzazione indipendente danese Foundation for Environmental Education,
ma sono le stesse località a farne richiesta. Così quelle più rinomate, già
piene di turisti, finiscono per non compilare il questionario, mentre quelle
meno conosciute vogliono farsi pubblicità e si affrettano a farlo. Ma vediamo
qualche esempio concreto.
In
pratica come si ottiene questa “certificazione” sulla purezza del proprio mare?
Il comune interessato potrà essere selezionato solo rispondendo ad un
questionario dove ci sono varie domande sulla situazione delle sue spiagge
(servizi igienici, bagnini e kit di primo soccorso), se viene attuata la
raccolta differenziata, sull’effettiva eco-sostenibilità dei mezzi pubblici
(programmi di bike sharing, parcheggi attrezzati, bus elettrici, car pooling) e
altre iniziative green. Il dato fondamentale però è legato alla qualità delle
acque, che dalle analisi devono risultare “eccellenti” e per certificarlo, il
comune deve allegare al questionario le analisi delle ultime quattro
stagioni.
Così
capitano svarioni di tutti i tipi. Eccone alcuni.
A
S. Vito Chietino, ad esempio, c’è la Bandiera Blu ma l’Agenzia Regionale per la
Tutela dell’Ambiente (ARTA) ha indicato che almeno due zone non sono balneabili
per la presenza di batteri come escherichia coli ed enterococchi intestinali,
quelli contenuti nelle feci, per intendersi. E in tutto l’Abruzzo ci sono ben 14
località dove sventola la bandiere blu, benché, a ben vedere, l’Agenzia Europea
dell’Ambiente ne definisca di qualità “eccellente” solo 4: Tortoreto, Silvi,
Rocca San Giovanni e Fossacesia.
Altri
paesi hanno invece delle spiagge dove è addirittura vietato tuffarsi: Roseto
degli Abruzzi, Pineto, Francavilla al Mare, Ortona e Vasto.
Il
discorso della Bandiera Blu per farsi pubblicità è evidente nel fatto che la
loro assegnazione sia concentrata soprattutto sulla costa adriatica, ligure e
toscana, mentre in regioni come Sardegna (7) e Sicilia (4) non sono granché
presenti.
Nelle
Marche, ad esempio, delle 3 località premiate, tutte presentano alcune aree che
per la Regione invece ritiene non balneabili per le loro acque di qualità
“scarsa”: Numana, Porto Recanati e Porto Sant’Elpidio. Lo stesso problema si
registra in Liguria (Sanremo) e in Toscana (Camaiore e Piombino).
Il
motivo di queste “sviste”, come detto, è legato al ritorno pubblicitario del
fregiarsi della bandierina. Così le località che già sono famose per il loro
mare cristallino non ci pensano neppure a compilare il questionario della FEE.
Saranno invece le meno rinomate o quelle protagoniste di fatti di cronaca legati
al divieto di balneazione a correre a candidarsi, sperando in un upgrade.
E
non c’è solo questo problema. In realtà la bandiera segnala sì il mare pulito ma
ci sono zone di una stessa località dove la qualità dei litorali è differente, e
c’è differenza tra acque definite “eccellenti” e acque classificate come “buone”
o “sufficienti”. Qui i batteri ci sono eccome, e nuotare lì potrebbe farci
prendere una bella gastroenterite. Ed ecco che le coste con Bandiera Blu che non
hanno tutte le acque al top sono 41 su 131.
Clamorosi
poi i casi in cui a pochi giorni dall’assegnazione dell’ambito simbolo la stessa
ARTA abbia dovuto chiudere la medesima spiaggia per aver rilevato una
concentrazione di batteri troppo alta.
Accade
in Molise (Petacciato e Termoli), in Liguria (Sanremo), nelle Marche (Porto
Recanati), in Campania (Sapri), a Livorno, Camaiore e Pietrasanta in Toscana, e
in Abruzzo (Roseto degli Abruzzi e Giulianova).
A
complicare ulteriormente le cose ci si mette anche il fatto che i vessilli sono
assegnati alle singole spiagge. Così a San Vito Chietino sono solo i tratti di
Calata Turchino e di Molo Sud mentre il resto della costa è vietato ai
tuffi.
Capita
così che, ricevuto l’ambito riconoscimento il comune, anche sul sito
istituzionale, mostri la propria Bandiera Blu, senza indicare che in realtà solo
parte della sua costa se l’è guadagnata realmente. Ed ecco che il bagnante
ignaro, parte entusiasta per i comuni “certificati” dal vessillo, senza sapere
che, pur pagando tanto, nuoterà in acque perfino non balneabili oppure si trova
davanti il cartello di divieto di balneazione.
Mettiamoci
anche il fatto che l’acqua cambia grado di purezza dopo delle forti piogge,
vicino ai fiumi e nel caso di mareggiate, che possono falsare i risultati. Tutti
eventi che diluiscono la concentrazione dei batteri e delle sostanze inquinanti
disciolte nel mare.
Infine
le Bandiere Blu valutano l’impatto ambientale di costruzioni e chioschi abusivi,
di strutture di cemento non autorizzate che magari, non ostacolano la
balneazione ma deturpano comunque il paesaggio, Eppure a S. Felice Circeo, nel
Lazio, sventola la Bandiera Blu.
Morale
della favola. Se dovete scegliere dove passare le vostre vacanze, non regolatevi
solo esclusivamente con questo simbolo. Informatevi meglio in rete, chiedendo su
qualche forum di discussione informazioni sul posto da chi ci è stato.
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