domenica 28 dicembre 2014

Jobs Act, Renzi: "Chi si oppone si arrenderà".

Jobs Act, Renzi: "Chi si oppone si arrenderà". Poletti: "Non vale per i dipendenti pubblici". Cgil pronta allo sciopero

Il Jobs Act non vale anche per i lavoratori del pubblico impiego, "perché tutta la discussione sulla legge delega è stata fatta sul lavoro privato e quindi non è applicabile al pubblico impiego". Lo ha chiarito il ministro del Welfare Giuliano Poletti, rispondendo a Pietro Ichino (Sc). "Se si vuol discutere del lavoro pubblico in Parlamento c'è una legge delega sulla Pubblica Amministrazione", ha aggiunto Poletti, scatenando nuove polemiche sul provvedimento. Intervenendo nel dibattito sulla nuova legge sul lavoro, il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd)ha aggiunto: "Le critiche al Jobs Act sono ragionevoli, giustificate, credo che noi dobbiamo lavorare per cambiare questa norma e ricondurla soltanto ai licenziamenti individuali. Nella legge delega "abbiamo dimostrato di fermare le cose negative, lavoreremo nei 30 giorni che abbiamo a disposizione per proporre cambiamenti, a partire dai licenziamenti collettivi".
Renzi su Twitter: chi si oppone cederà - "Si arrenderanno all'improvviso, quando non potranno più negare la realtà. Per adesso, noi, al lavoro!". Sono queste le parole che il premier, Matteo Renzi, ha affidato a Twitter, in replica alle numerose critiche ricevute. Poche ore prima infatti la Cgil, come anche altre sigle sindacali, hanno contestato l'operato del Governo. Sul Jobs Act "continueremo a lottare, a mobilitarci, a scioperare anche contro le aziende perché non può esserci uno che incassa e l'altro che subisce soltanto. Useremo la contrattazione e i ricorsi giudiziari in Italia e in Europa. Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per ribaltare un'idea recessiva del lavoro". Lo afferma il segretario generale Cgil Susanna Camusso. "Solleciteremo le Commissioni parlamentari - incalza la segretaria della Cgil - ma non mancheranno la lotta, la contrattazione, i ricorsi giudiziari". E sull'ipotesi di un altro sciopero generale chiarisce: "Vedremo, non escludo nulla. Valuteremo con la Uil e coinvolgeremo anche la Cisl".
 
 
Camusso si sofferma poi sul contratto a tutele crescenti - "E' un grande bluff. È solo una monetizzazione crescente. Di fatto è l'abolizione dei contratti a tempo indeterminato". Quanto ai licenziamenti collettivi, "il governo aveva promesso il superamento del dualismo ma con questo decreto non fa altro che moltiplicare le differenze tra lavoratori". Sull'esclusione dell'opting out, poi attacca: "Quando il premier Renzi dice che non c'era bisogno di introdurre anche quel principio, ribadisce implicitamente che tutto è già possibile". E alla domanda se sia quindi convinta che quello di Renzi sia un 'governo delle imprese' risponde: "In Europa la grande questione della politica è come riappropriarsi del governo dell'economia. Il nostro governo ha scelto di delegare le imprese. Una sorta di abdicazione, di rinuncia a individuare un proprio modello di sviluppo".
Critica anche la Cisl -  "Il testo del Governo sul Jobs act è ancora migliorabile, in particolare per quanto riguarda le norme sui licenziamenti collettivi". Un punto che non piace neanche a Damiano, che trova da ridire pure sulla riforma degli ammortizzatori, con la nascita della Naspi in sostituzione dell'Aspi targata Fornero. Damiano plaude all'ampliamento della durata a 24 mesi e dell'estensione della platea anche ai collaboratori, ma esprime dubbi sulle risorse (mancherebbero all'appello "400 milioni per il 2015"). E secondo l'ex sindacalista Fiom il fatto che si parte dal primo maggio, oltre a indicare una data simbolica, la festa del lavoro, potrebbe anche nascondere un "problema di coperture" (bisognerebbe intanto continuare a finanziare gli ammortizzatori in deroga).
Il Jobs act prende forma e passa alla fase attuativa. Per il premier Matteo Renzi è "una rivoluzione copernicana" che lancia sul mercato del lavoro il nuovo contratto a tutele crescenti, restringe il campo di applicazione dell'articolo 18 e riforma gli ammortizzatori sociali. Non più solo titoli ma misure dettagliate e operative dopo il Cdm del 24 dicembre che ha messo a punto due decreti attuativi. Ma, passato il giorno di Natale, anche i giudizi diventano netti.
Il nuovo contratto a tempo indeterminato - Il primo decreto attuativo della delega sul lavoro introduce il nuovo contratto a tempo indeterminato e modifica le tutele in caso di licenziamento illegittimo. Tutte novità che entreranno in vigore appena completato il passaggio parlamentare (con il parere delle commissioni) e pubblicato il testo in Gazzetta. Qualche modifica, quindi, è ancora possibile anche se il premier Renzi ha messo la faccia sul testo. Resta invece il reintegro sul posto di lavoro quando si è stati cacciati per vie discriminatorie o nulle per legge. La 'riassunzione' vale anche per i licenziamenti disciplinari dove il fatto "materiale", deve avere quindi concretezza, è dimostrato insussistente. In tutte le altre situazioni, quindi in quel che resta dei casi disciplinari e in quelli economici, tutto si risolve con un indennizzo, che va da un minimo di 4 mensilità a un massimo di 24, ridotte a 6 per le aziende sotto i 15 dipendenti. Che infatti danno la loro approvazione in modo deciso e con un sondaggio di Cna sottolineano che rende i contratti più stabili. Rimane la possibilità di percorre la strada della conciliazione, accettando un assegno di massimo 18 mensilità esentasse.
De Luca Tamajo: "Ora siamo in linea con l'Ue" - "Ora siamo in linea con gli altri Paesi europei". Così il giuslavorista Raffaele De Luca Tamajo parla del Jobs Act, sottolineando la scelta del governo di "flessibilizzare il lavoro a tempo indeterminato ed eliminare quei contratti precari che si prestano a usi fraudolenti". L'insoddisfazione di Ncd e dell'ala minoritaria del Pd? "Si annulleranno l'un l'altro. Il provvedimento non subirà modifiche significative. Prima le politiche del lavoro erano di esclusiva pertinenza dei governi nazionali, ora sono inevitabilmente influenzati dalle politiche europee". Per De Luca Tamajo la riforma "ha aspetti di grande innovazione. Però è utopico aspettarsi un incremento significativo dei livelli occupazionali, anche se sono state eliminate alcune remore alla crescita dimensionale delle piccole imprese ed è stato fornito un contributo alla crescita della produttività del lavoro. Nanismo imprenditoriale e scarsa produttività sono due piaghe del Paese". L'aspetto più innovativo del decreto, dice il giuslavorista, è "la ricollocazione del lavoratore licenziato per motivi legati alla soppressione del posto. Inoltre il decreto chiarisce in via definitiva che l'eventuale sproporzione del licenziamento rispetto all'infrazione commessa dal lavoratore non ha alcun rilievo ai fini della tutela reintegratoria". Il punto debole del provvedimento, invece, è "la scelta di avere nuovi e vecchi assunti è stata politicamente mediatoria e comprensibile, altrimenti l'opposizione sindacale sarebbe stata violenta".
Gelmini: "E' sigillo al fallimento della sinistra" - "La sinistra ha fallito e i decreti delegati sul Jobs Act sono il sigillo al suo fallimento. I provvedimenti sul mercato del lavoro confermano l'incapacità della sinistra a sposare una linea riformista forte e chiara, capace di allineare l'Italia alle grandi democrazie industriali. Il cerchiobottismo di Renzi e del ministro Poletti, preoccupati di tenere unito il Pd e di non rompere i ponti con il sindacato, ha partorito un mostro che introduce nuove discriminazioni fra i lavoratori assunti dal prossimo gennaio e quelli già in servizio. Non cambia nulla per i casi di licenziamento disciplinare, per i quali è comunque prevista la reintegra, ma soprattutto si chiede alle imprese uno sforzo economico per gli indennizzi da pagare nei casi di licenziamento collettivo, che è come rubare ossigeno a un moribondo", è quanto afferma in una nota Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario di Forza Italia alla Camera. "Il governo - prosegue - non ha capito, o finge di non capire, che un costo del lavoro, per la parte non salariale, superiore del 50 e perfino del 60% rispetto al resto d'Europa è un'ipoteca mortale sul futuro industriale dell'Italia. Di fronte a questo fallimento il centrodestra ha il dovere, morale prima ancora che politico, di superare le divisioni di questi anni per proporsi agli italiani come alternativa indispensabile per raddrizzare la rotta di una nave che la sinistra sta guidando sugli scogli. Lo dico a tutti - conclude - a cominciare dagli amici del Nuovo centrodestra, della Lega, di Fratelli d'Italia. Mettiamo da parte i protagonismi senza futuro e le ambizioni personali, per quanto legittime, mettiamole al servizio di un progetto politico di grande respiro. Questo ci chiedono gli italiani, a questo dobbiamo una risposta".

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