martedì 23 luglio 2013

Le mani della ‘ndrangheta su Roma

Le mani della ‘ndrangheta su Roma

Di  | il 17 luglio 2013 | 1 Commento
 
La nascita di una nuova cellula di ‘ndrine a Roma, il rischio di infiltrazioni mafiose nella gestione degli appalti pubblici a Ostia e una svolta inquietante dopo le indagini sull’omicidio di un boss calabrese. È un mostro a più teste quello che spaventa la Capitale e contro il quale investigatori e istituzioni lanciano un grido d’allarme. Ma ieri sono stati anche segnati risultati importanti nella guerra alla criminalità organizzata a Roma. Durante un blitz negli uffici del X Municipio di Roma a Ostia, sul litorale, i carabinieri e la capitaneria di Porto hanno sequestrato atti e documenti sugli appalti e sulla gestione del demanio marittimo.
Tra il personale del municipio ci sono almeno quattro indagati e tra le accuse c’è l’abuso di atti d’ufficio. L’operazione è avvenuta a poche ore dal provvedimento del sindaco Ignazio Marino, che aveva rimosso dall’incarico il direttore dell’ufficio tecnico e un altro impiegato dopo i sospetti di infiltrazioni malavitose, in particolare del clan Spada. E sempre ieri, nella notte, proprio un esponente degli Spada era stato gambizzato in una sanguinosa rissa. Due gruppi criminali si erano fronteggiati e due pregiudicati erano finiti in prognosi dopo esser stati accoltellati. I carabinieri avevano poi arrestato tre persone.
Sono soddisfatto delle indagini che le forze dell’ordine stanno portando avanti per fare piena luce e riportare la legalità nel Municipio X“, ha commentato Marino. “Negli ultimi anni il litorale romano – ha spiegato il Sindaco – è diventato terreno fertile per attività malavitose, teatro di scontri sanguinosi tra clan e bande criminali che mirano a controllare pezzi importanti dell’economia della città”.
Ma l’allarme arriva anche dalla Calabria. Secondo gli investigatori è proprio da lì che il killer del boss della ‘ndrangheta, Vincenzo Femia, potrebbe aver ricevuto l’ordine di uccidere. Gianni Cretarola, 31 anni, è stato arrestato oggi dalla Squadra Mobile di Roma con l’accusa di essere uno degli esecutori materiali dell’omicidio di Femia nello scorso gennaio. Il boss, legato alle cosche calabresi di San Luca, ma da decenni trapiantato nella capitale, venne massacrato in un agguato a Trigoria, alla periferia sud di Roma. A sparare furono almeno due persone. E dietro quell’esecuzione potrebbe nascondersi il progetto criminale per l’apertura di una nuova ‘locale’ della ‘ndrangheta a Roma.
Alla quale la vittima si sarebbe opposto. La ‘localé della ‘ndrangheta è una sorta di cellula organizzativa composta da varie ‘ndrine in un territorio, equiparabile al ‘mandamento’ di Cosa nostra. Per questo, secondo l’ipotesi del capo della Squadra Mobile Renato Cortese “tutto lascia ipotizzare che ci sia una forte e radicata presenza della ‘ndrangheta sul territorio”. Gianni Cretarola, di madre calabrese, lavorava come personal trainer e in passato si era già macchiato di omicidio.
Nel 2006 Cretarola aveva ucciso un suo coetaneo, poi in carcere aveva accoltellato un detenuto straniero ed è proprio in prigione, secondo gli investigatori, che sarebbero cominciati i suoi collegamenti con la ‘ndrangheta. Il giovane, uscito nel 2010, era sottoposto alla misura di sorvegliato speciale e più volte era stato in Calabria. Tutti episodi che secondo gli investigatori alimentano l’ipotesi che Cretarola possa essere stato una sorta di ‘emissario’ di una cosca calabrese.

Terracina: rogiti


                                                           COMUNICATO STAMPA



            In merito al cosiddetto pasticciaccio dei ROGITI COMUNALI, è opportuno precisare alla Dott.ssa  Nasti che la sua ricostruzione ha delle gravi lacune, infatti la stessa parla di danno erariale ma non fa alcun riferimento al danno erariale determinato dalla stessa quando si è rifiutata di pagare i dipendenti arbitrariamente, oserei dire in pieno abuso d’ufficio, e questo anche dopo che il Giudice del lavoro ha condannato il Comune, perché lei non pagava, facendosi fare anche decreti ingiuntivi concessi  esecutivi dal Magistrato, cosa rarissima.

Questo a dimostrazione delle ragioni dei dipendenti.

            MA A PROPOSITO DI DANNO ERARIALE, CHI PAGA ORA IL DANNO ERARIALE DETERMINATO ALLE CASSE COMUNALI CAUSA IL SUO RIFIUTO DI PAGARE ANCHE IN PRESENZA DI UNA CONDANNA DA PARTE DEL GIUDICE DEL LAVORO?

            Si  dice che il Comune avrà vantaggi, da quel poco che io ho capito, vi sarà solo una partita di giro rispetto alla situazione precedente, e cioè i dipendenti prenderanno i soldi lo stesso dietro preventiva sottoscrizione di accordo sindacale.

            Altra cosa che mi domando, come mai di fronte ad un mio intervento teso a criticare come è stata gestita la vicenda da parte della Giunta Comunale, in quanto prima di abolire delibere si poteva mettere in piedi un sistema alternativo, quello che oggi si sta perfezionando, senza costringere dirigenti comunali a rivolgersi a Notai liberi professionisti, addirittura recandosi a Bologna PER SOTTOSCRIVERE DEI ROGITI PER CONTO DEL COMUNE, QUANTO COSTA TUTTO QUESTO AL COMUNE?  E SE E’ COME LEI DICE PERCHE’ IL COMUNE NEI PROCESSI PROMOSSI DAI DIPENDENTI NON SI E’ COSTITUITO?

            La dirigente Nasti parla  di arresto di atti deliberativi che si trascinano da decenni ai danni delle casse Comunali, e lei dov’era quando era revisore dei conti profumatamente pagata con quelle stesse casse comunali? E perché una volta diventata Dirigente vincitrice di Pubblico Concorso ha espresso parere positivo a tali delibere avendole sempre pagate? Forse perché nel frattempo il Comune non ha mai pagato un centesimo per i rogiti che altrimenti sarebbero stati a suo carico?

            Non è una partita di giro che cambia le cose, se è necessaria facciamola pure, ma resta solo un fatto formale, la sostanza dice che il Comune continuerà a pagare con prassi diversa ai dipendenti gli stessi soldi.

            Nel frattempo però i cittadini ed il Comune hanno dovuto subire le conseguenze dei disservizi loro arrecati, CHI NE RISPONDE?

            Comunque per concludere ci aspettiamo dalla Dott.ssa Nasti la solerzia dimostrata nella circostanza, nei confronti della Giunta Comunale quando spende come sta spendendo oltre il dodicesimo mensile del bilancio, non basta non mettere la propria firma sulle delibere e farle così passare comunque alla chetichella, lei deve pretendere, così come prevede la legge, che la GIUNTA Comunale, motivi il perché adotta delibere anche senza il parere della responsabile amministrativa, cosa che fanno rilevare spesso i revisori dei conti, oppure non può permettere quanto accaduto in occasione delle manifestazioni estive dello scorso anno,  dove si firmano gli atti deliberativi in autunno, a babbo morto, con il suo  silenzio, anche questo riscontrabile dalle relazioni dei revisori dei conti.

            Altrimenti da l’impressione di essere persona forte con i deboli e debole con i forti.


                                                           Il Consigliere Comunale

                                                           Vittorio Marzullo

Caro Sindaco, non fare il latitante. Partecipa ai convegni antimafia, grazie

Caro Sindaco, non fare il latitante. Partecipa ai convegni antimafia, grazie

by supermarco
Il nostro Sindaco, Nicola Procaccini, è molto presente sui media.
Si può trattare dell’inaugurazione del nuovo parcheggio al porto, oppure del cancellare con le lance le scritte lasciate dai vandali su Porta Napoletana, oppure della rimozione dei semafori che non hanno mai funzionato in via Derna (dimenticandosi quelli che non funzionano in incroci ben più importanti per la regolare circolazione dei trasporti), il nostro Primo Cittadino si fa ritrarre a più non posso in fotografie che compaiono sui quotidiani locali (o sulla home page del sito del Comune).
Ebbene, sabato 13 luglio 2013 il Sindaco ha avuto un’ottima occasione per “metterci la faccia”, ma non l’ha fatto.
Ci riferiamo al convegno tenutosi presso l’aula magna del Liceo Scientifico “L. da Vinci” di Terracina ed organizzato dall’Associazione Antimafia Antonino Caponnetto, dall’associazione I cittadini contro le mafie e la corruzione e dall’associazione VAS, avente come titolo “Il salto di qualità contro le mafie”.
Convegno, per la cronaca, estremamente interessante, con relatori di altissimo spessore (Elvio Di Cesare, segretario dell’Associazione Caponnetto, Andrea Cinquegrani, direttore della rivista La voce delle voci, Antonio Esposito, presidente della seconda sezione penale della Corte di Cassazione, Antonio D’Alessio, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Massimo Lo Mastro, giudice del Tribunale di Cassino, Cristiano Tatarelli, dirigente del Commissariato di Scampia; la moderatrice è stata Rita Pennarola, condirettore della rivista La voce delle voci).
Ospiti illustrissimi, importanti rappresentanti di istituzioni in prima linea nella lotta contro le mafie, eppure il nostro Primo Cittadino non si è visto.
«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?», avrebbe detto Nanni Moretti, ma siamo convinti che il regista romano, per ovvi motivi ideologici, non sia tra i preferiti del nostro attuale Sindaco.
Quindi perché quest’ultimo non si è fatto vedere? Qual è stato il motivo?
Legittimo impedimento?
Perché commemorare, giustamente, un sottotenente dei bersaglieri nostro concittadino deceduto nella battaglia sul Monte Sopalj durante la seconda guerra mondiale, e non essere presente ad un evento in cui sono stati ricordati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (quest’ultimo, tra l’altro, deceduto esattamente 21 anni fa)?
Perché premiare, giustamente, un concittadino maresciallo dell’Esercito Italiano che arreca onore e prestigio alla nostra città partecipando a missioni umanitarie in vari Paesi del mondo, e non tributare analogo omaggio nei confronti di chi è in prima linea nel contrastare le mafie?
Perché quest’assenza, tra l’altro recidiva, dato che un convegno analogo era stato organizzato presso l’aula magna dell’Istituto Tecnico Commerciale il 7 giugno 2012? Anche in quell’occasione, infatti, nonostante i manifesti informativi dell’iniziativa affissi per ogni dove in città, compreso il Palazzo Comunale, il nostro Sindaco è risultato “latitante”.
Non dovrebbe, un Primo Cittadino, proprio in occasioni simili essere ASSOLUTAMENTE presente per rendere il dovuto omaggio ad importanti cariche istituzionali ed esponenti della società che combattono le mafie?
Noi del Terracina Social Forum ci siamo posti la domanda riguardo a queste assenze, e abbiamo formulato un’ipotesi.
La linea del Sindaco è quella di negare categoricamente la presenza della camorra nella nostra ridente cittadina, per cui partecipare ad eventi simili significherebbe riconoscere validità alle tesi di chi sostiene il contrario.
D’altronde, non è grazie a tale negazione che Nicola Procaccini è diventato Sindaco di Terracina?
Già, perché non dobbiamo dimenticarci che il nostro è diventato Sindaco grazie ad un solo voto, perché è un voto che ha fatto la differenza.
Il voto dato da un ex Ministro, per la precisione l’ex Ministro della Gioventù, nel 2009, durante una seduta del Consiglio dei Ministri. In quella riunione si doveva decidere dello scioglimento del Comune di Fondi, ed il Ministro in questione, anzi, la Ministra, negò categoricamente, con il suo voto contrario, la presenza di mafiosi nel comune confinante con Terracina.
Quel voto, fino ad ora, ha fatto la fortuna politica di Nicola Procaccini, per cui è ovvio che il Primo Cittadino non si faccia vedere a convegni nei quali si parla di boss uccisi sul lungomare di Terracina, oppure di famiglie di camorristi che effettuano investimenti sul territorio del nostro comune.
Ma, caro Sindaco, arrivano momenti, nella vita, in cui si deve crescere, si deve diventare grandi.
Non si può restare per sempre bambini, eternamente figli di o fidanzati di.
Ci sta deludendo, caro Sindaco.
Profondissimamente.
Caro Sindaco, proprio in questi giorni un suo omonimo, per questioni attinenti ad un lontano Paese asiatico, il Kazakistan, ha dato dimostrazione di possedere un alto senso dello Stato, rassegnando le dimissioni dall’incarico che ricopriva.
Ecco, ci faccia il piacere, cortesemente, di prendere anche lei in considerazione tale ipotesi.
Grazie.

RECUPERO DELL’ACQUA PIOVANA: SISTEMI FAI DA TE

RECUPERO DELL’ACQUA PIOVANA: SISTEMI FAI DA TE
di Marta Albè
Recuperare l'acqua piovana significa avere a disposizione una risorsa preziosa, che permette di evitare sprechi idrici legati all'utilizzo di acqua potabile anche quando non sarebbe necessario. Pensiamo ad esempio all'irrigazione di orti e giardini.
Recuperare l'acqua piovana offre almeno 5 vantaggi e possibili impieghi da non sottovalutare. Il risparmio sulla bolletta è assicurato.
Recupero acqua piovana: vantaggi e utilizzi
1) L'acqua piovana raccolta e filtrata può essere utilizzata per la pulizia della casa e per il bucato. La sua efficacia pulente è maggiore e permette di risparmiare sia sull'acqua potabile che sull'impiego e acquisto di detergenti e anticalcare per la lavatrice.
2) L'impiego dell'acqua piovana è adatto per lo sciacquone del WC senza temere accumuli di calcare. L'acqua piovana non ne contiene.
3) Innaffiare orto e giardino senza sprechi idrici e risparmiando sull'acqua potabile.
4) Grazie ad appositi sistemi di raccolta, l'acqua piovana può essere utilizzata anche per l'igiene personale, per riempire la vasca da bagno e per lavarsi i denti, oltre che per la doccia.
5) L'impiego dell'acqua piovana è indicato per la pulizia dei pavimenti e per il lavaggio dei piatti a mano, oltre che dell'automobile.
Acqua piovana per l'irrigazione
Uno dei sistemi più semplici per la raccolta dell'acqua piovana ai fini dell'irrigazione consiste nel posizionare nell'orto o in giardino una o più cisterne piuttosto capienti. Anche chi possiede un balcone o un terrazzo può raccogliere l'acqua piovana, collocando alcuni secchielli nei punti più adatti. Ciò permetterà di innaffiare piante, orto e giardino durante i mesi estivi senza ricorrere all'acqua potabile ed evitando le restrizioni e le sanzioni delle ordinanze comunali in merito.
Rivolgendosi ad un installatore, oppure optando per il fai-da-te e basandosi sugli strumenti appositi che si trovano in vendita, sarà possibile unire alla raccolta dell'acqua piovana un sistema di irrigazione goccia a goccia dell'orto, che permetterà l'impiego razionale delle risorse idriche.
Impianto per la raccolta dell'acqua piovana auto-costruito
Con un po' di manualità è possibile costruire da sé un impianto per la raccolta dell'acqua piovana. L'impianto che vi presentiamo è stato realizzato all'interno del progetto Vivere Con Stile promosso dall'Amministrazione Comunale di Portogruaro (VE). Il progetto "open source" è stato pubblicato sul web in modo tale che potesse risultare di ispirazione per altri cittadini alla ricerca di informazioni e di strumenti per il risparmio idrico. Il sistema è basato sull'idea di prelevare l'acqua piovana che cade, durante le piogge, da una o più condotte pluviali esistenti, cioè provenienti dal tetto, e di convogliarla in un serbatoio che funge da accumulo temporaneo.
È necessario porre particolare attenzione alla scelta del punto della casa in cui collocare il serbatoio e alla sua altezza da terra. Ad esso dovrà essere collegato almeno un tubo di distribuzione dell'acqua piovana. In vendita esistono numerose tipologie di tubi e serbatoi di raccolta. Per l'orto e per il giardino può essere utile dotarsi di un rubinetto a tempo per automatizzare l'innaffiatura.
È possibile seguire passo dopo passo le istruzioni online per l'auto-costruzione dell'impianto.
Installazione di un impianto per il recupero dell'acqua piovana
Seguendo le immagini del video che vi proponiamo potrete comprendere quanto possa essere semplice l'installazione di un impianto per la raccolta dell'acqua piovana da esterno o da giardino. Dopo aver acquistato gli strumenti necessari, è possibile procedere all'installazione fai-da-te. I sistemi di raccolta dell'acqua piovana permettono di recuperarla dai tetti, filtrarla, conservarla in cisterne e riutilizzarla per il giardino o per usi domestici. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito web www.raccoltaacquapiovana.it.
Raccogliere l'acqua piovana con una bottiglia
Chi desidera sperimentare in modo semplice la raccolta dell'acqua piovana potrà provare a ricorrere a delle comuni bottiglie di plastica. Dovrete inoltre tenere da parte i loro tappi e procurarvi del nastro isolante. È necessario tagliare i tappi conservando soltanto le loro ghiere. Una delle due bottiglie dovrà essere tagliata a metà, per formare un imbuto. Unite i tappi uno sull'altro con del nastro isolante ed avvitateli sul collo delle due bottiglie. Otterrete così un unico sistema composto da una bottiglia con imbuto incorporato.
Il tutto andrà posizionato in un punto in cui sarà possibile raccogliere l'acqua piovana. Un sistema ancora più semplice consiste nell'inserire un normale imbuto in una bottiglia di vetro o di plastica, in modo da ottenere un piccolo serbatoio fai-da-te per la sua raccolta. Potrete posizionarlo sul balcone, in giardino o al di sotto del punto di scolo di una grondaia.
Raccolta di acqua piovana con un serbatoio
Per l'installazione di un sistema di recupero dell'acqua piovana con serbatoio procedete come segue:
1) Innanzitutto è necessario preparare un sistema di tubature che permettano la raccolta dell'acqua piovana dai punti di scolo, ad esempio per quanto riguarda i tetti e le grondaie. Le tubature dovranno essere collegate ad un serbatoio di accumulo.
2) È indispensabile posizionare un filtro per l'acqua piovana. La sua collocazione dovrà permettere che l'acqua venga filtrata prima di raggiungere il serbatoio. In questo modo al suo interno vi sarà unicamente acqua pulita e priva di residui come foglie e pietrisco. L'acqua non sarà potabile ma potrà essere impiegata per innaffiare e per le pulizie domestiche senza problemi.

3) Dopo aver posizionato il filtro, potrete installare il serbatoio, collegandolo ai tubi di raccolta dell'acqua e ad un eventuale conduttura di scolo per l'acqua in eccesso, che dovrà raggiungere la fognatura. La capienza del serbatoio dovrà essere valutata in base alle condizioni climatiche della zona in cui si vive.

LAGHI DEL LAZIO 2013: LA CLASSIFICA DEI PIÙ INQUINATI

LAGHI DEL LAZIO 2013: LA CLASSIFICA DEI PIÙ INQUINATI
di Francesca Fiore
Bracciano è il lago più inquinato del Lazio: sono i dati di Goletta dei Laghi, iniziativa di Legambiente che da anni, ogni estate, misura la qualità delle acque dei laghi italiani. E quest’anno, per la Regione Lazio le notizie sono buone: complessivamente, i laghi laziali sono migliorati, grazie alle campagne dell’associazione in collaborazione con le istituzioni, COOU, il Consorzio Obbligatorio Oli Usati e Novamont.
Nel report di Legambiente rientrano le analisi microbiologiche condotte nei laghi di Bracciano, Albano, Bolsena, Posta Fibreno, Turano, Salto e Vico: su 23 punti analizzati dai tecnici di Goletta dei Laghi, 4 sono risultati fortemente inquinati e 4 inquinati, mentre il resto dei punti rientrano nei limiti di legge.
Il Lago di Bracciano è il sito che crea più allarme: su 5 prelievi effettuati, 4 punti risultano critici - cioè fra il fortemente inquinato e l’inquinato - fra Anguillara Sabazia e Trevignano Romano. Segue il Lago di Albano, con un punto fortemente inquinato, nel comune di Castel Gandolfo, e uno inquinato, nel comune di Rocca di Papa.
Terzo posto nella classifica delle acque inquinate va al Lago di Bolsena, nella provincia di Viterbo, che ha restituito due campioni inquinati. Segnali positivi invece per il Lago di Posta Fibreno e il Turano, prima attentamente monitorati, che risultano adesso entro i limiti di legge. Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, ha spiegato: “Guardando ai risultati che presentiamo oggi, possiamo affermare di aver ben capitalizzato gli sforzi per la tutela dei bacini lacustri regionali. Occorre potenziare gli investimenti su reti fognarie, condotte circumlacuali e depurazione, individuare i progetti più urgenti da finanziare subito e pianificare nuove azioni da sostenere con il POR 2014-2020 europeo, rivolgendo particolare attenzione alle aree interne”.
Un caso a parte è il Lago di Vico, migliorato molto rispetto agli anni precedenti: oltre alle acque, i tecnici di Goletta dei Laghi hanno analizzato anche campioni di sedimento sulle sponde, per valutare l’annoso problema dell’arsenico. Benché le acque siano risultate non inquinate, il valori riscontrati sono comunque superiori di due o tre volte rispetto ai limiti stabiliti dalla legge.
Con il passaggio della Goletta dei Laghi vogliamo ribadire il nostro impegno verso la salvaguardia a 360 gradi dei nostri laghi, richiamando le istituzioni a impegnarsi in progetti speciali di bonifica, come nel caso del Lago di Vico, che non può più attendere ulteriori ritardi.
Ecco i risultati del monitoraggio dei laghi della regione Lazio di Goletta dei Laghi – Legambiente:
Bracciano (RM)
Fortemente Inquinato: Fosso della Lobbra, Fosso Grotta Renara, Anguillara Sabazia, fosso Pizzo Prato;
Inquinato: Trevignano Romano (via della Rena e via San Pietro);
Entro i limiti di legge: Anguillara Sabazia (presso via R. Belloni, 43).
Albano (RM)
Fortemente Inquinato: Castel Gandolfo (spiaggetta presso via Spiaggia del Lago 28/c);
Inquinato: Rocca di Papa (rio a metà del bosco sulla sponda orientale del lago);
Entro i limiti di legge: Castel Gandolfo (incrocio tra via Spiaggia del Lago e la S.S. 140 direzione spiaggia presso via dei Pescatori, 17.
Bolsena (VT)
Inquinato: Capodimonte (Spiaggia in viale Regina Margherita), Montefiascone (foce torrente presso il parco giochi);
Entro i limiti di legge: Bolsena (Foce del Fosso del cimitero), San Lorenzo Nuovo (canale in località Prati Renari), Marta (spiaggia presso via Cava).
Posta Fibreno (FR)
Entro i limiti di legge: canale all’altezza di via Carpello 57, Fiume Fibreno (emissario).
Turano (RI)
Entro i limiti di legge: spiaggetta sotto la provinciale Turanese, all’altezza dell’incrocio con Strada S. Anatolia Valle Pero, spiaggetta sotto la provinciale Turanese, all’altezza dell’incrocio con la strada per Castel di Tora.
Salto (RI)
Entro i limiti di legge: spiaggia presso via Giovanni XXIII, spiaggia presso via Francesco Silvi, 13.
Vico (VT)

Entro i limiti di legge: spiaggia a sud-est del lago, spiaggetta sotto la strada per San Martino, spiaggetta in località Scardenato.

Cambiano le rendite: ecco il nuovo catasto

Cambiano le rendite: ecco il nuovo catasto

IN QUESTO ARTICOLO
Cambiano le rendite: ecco il nuovo catasto - I capisaldi della riforma
Il nuovo Catasto sta diventando una priorità, visto che l'autonomia fiscale degli enti locali e in particolare l'Imu dipendono strettamente dai valori attribuiti agli immobili. Il comitato ristretto presieduto da Daniele Capezzone, che sta elaborando il nuovo testo base della delega fiscale, ha completato l'esame della parte dedicata al Catasto. Apportando alcune importanti modifiche al testo da cui era partita, cioè quello passato alla commmissione Finanze del Senato sul finire della scorsa legislatura.
In sostanza resta l'impianto di fondo, cioè la nascita di due diversi dati, un valore patrimoniale e una rendita catastale, determinabili attraverso un algoritmo basato su funzioni statistiche, ma spunta di nuovo il "federalismo catastale" tramontato tre anni fa.
Nella "vecchia" delega tutto il lavoro avrebbe dovuto essere scaricato sull'ex agenzia del Territorio ma c'erano delle perplessità come sarebbe stato possibile effettuare una ricognizione su 60 milioni di unità immobiliari, anche potendo utilizzare professionisti esterni ma con un budget molto risicato di circa 500mila euro. Del resto si tratta un'opera impegnativa: cancellare i "vani", la categorie e le classi (ridotte a poche unità) e sostituire il sistema con i metri quadrati. Si tratterà, anzitutto di «definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di riferimento» (volendo ci sono già le microzone, che erano state individuate proprio a questo scopo). Poi si procederà a individuare due valori, approssimati alle medie dell'ultimo triennio: quello patrimoniale e la rendita (si veda l'articolo qui sotto).
L'aiuto dovrebbe venire dai Comuni, che dovrebbero comunicare gli aspetti presenti nell'algoritmo che verrà utilizzato per calcolare il «valore patrimoniale» degli immobili di categoria A, B e C che gli uffici del Territorio si trovano nell'impossibilità di verificare. Come l'affaccio, allo stato di manutenzione, all'esposizione, che in un progetto edilizio sono facilmente riscontrabili ma in una mappa catastale no.
Forse anche per questo nel nuovo testo base elaborato dal comitato ristretto si è deciso di ridare corpo alle funzioni catastali dei Comuni, un progetto complesso partito con il Dpcm del 14 giugno 2007, che dava concretezza al progetto del passaggio ai Comuni delle funzioni catastali (legge 296/2006). Nel marzo 2008 già 5.068 Comuni avevano scelto, con delibera, quali e quante funzioni assumere e 2.374 erano stati già considerati "pronti" mentre altri 481 avevano deciso di affidarsi completamente all'ex agenzia del Territorio, che gestisce centralmente il Catasto. Le delibere di altri 2.213 Comuni erano invece state respinte al mittente per irregolarità. Proprio quando già si stavano già individuando i dipendenti del Territorio da trasferire ai Comuni, un ricorso al Tar Lazio di Confedilizia aveva bloccato il 3 giugno 2008 il Dpcm. La decisione era stata cassata dal Consiglio di stato e rinviata al Tar Lazio, che alla fine aveva emesso una sentenza (4312/2010) che comunque confermava l'annullamento dell'articolo 3, comma 4 del Dpcm del 14 giugno 2007, per cui il governo avrebbe dovuto emanare un nuovo Dpcm per meglio precisare le specifiche attività di esercizio delle funzioni dei comuni: «soprattutto per impedire forme di accertamento catastale del tutto arbitrarie».
Ora, comunque, nella delega fiscale l'intenzione è di tornare in qualche modo sulla questione, (si veda «Il Sole 24 Ore» del 19 luglio), ridando corpo all'ipotesi del decentramento per facilitare la fornitura dei dati necessari per la revisione delle rendite e valorizzando le esperienze positive sin qui realizzate, soprattutto in Comuni come Torino e Genova. Qui, tra l'altro, i controlli sulle mancate comunicazioni di variazioni al Catasto per immobili ritrutturati (che avrebbero dovuto passare di categoria e quindi aumentare la base imponibile) avevano già dato ottimi frutti.

Francesco a Rio, papamobile bloccata dai fedeli. Disinnescato un ordigno

Francesco a Rio, papamobile bloccata dai fedeli. Disinnescato un ordigno

E' arrivato a Rio papa Francesco ed è stato subito bagno di folla. Un bagno di folla che ha fatto anche correre qualche rischio al pontefice quando la papamobile è stata bloccata dai fedeli assiepati lungo il percorso dall'aeroporto al centro della città. La sicurezza è andata in tilt e i fedeli hanno potuto avvicinarsi festanti all'auto di Bergoglio - un'auto coperta ma con i finistrini abbassati - circondandola e bloccandola per toccare il papa e stringergli le mani benedicenti. Attimi di panico tra il servizio d'ordine davvero insufficiente in quei frangenti, poi la sicurezza si è ripresa ed ha allontanato i più entusiasti e scalmanati, molti dei quali hanno potuto toccare il papa, utilizzando modi decisi e anche rudi. Ma non c'era altro da fare per consentire alla papamobile di districarsi dal 'traffico' e di riprendere la sua lenta corsa dopo il blocco, una papamobile sommersa letteralmente da fedeli festanti. E' un'avvisaglia del clima e della tensione che gli addetti alla protezione del pontefice - 30.000 agenti - respireranno durante tutta la permanenza di papa Francesco a Rio per celebrare la 28/ma edizione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Il Vaticano ha già fatto sapere che Francesco non vuole auto protette da vetri anti-proiettilie perchè non desidera ostacoli al suo rapporto con i fedeli ma l'episodio di oggi, subito dopo l'arrivo a Rio (con l'auto del papa praticamente in balia della folla e al di fuori di qualunque possibilità di protezione da parte di malintenzionati), porterà sicuramente ad una revisione, sotto il profilo della sicurezza, di tutti gli appuntamenti pubblici del Pontefice, in particolare i momenti di contatto ravvicinato con i due milioni di giovani e di fedeli di tutto il mondo che si sono dati appuntamento a Rio. Anche perchè sempre stasera la polizia ha comunicato di aver disinnescato un ordigno artigianale che era stato nascosto in una toilette del santuario di Aparecida (San Paulo) dove il papa andrà in visita mercoledì...

lunedì 22 luglio 2013

IL CEMENTO SELVAGGIO SOFFOCA L’ITALIA: I DATI ISPRA

IL CEMENTO SELVAGGIO SOFFOCA L’ITALIA: I DATI ISPRA
di Silvana Santo
Ogni secondo che passa, in Italia vengono cementificati mediamente 7 nuovi metri quadri di suolo, a un ritmo che dura ormai da 50 anni a questa parte. È uno dei dati più allarmanti tra quelli contenuti nell’Annuario dei dati ambientali dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che ogni anno fotografa la situazione ambientale del nostro Paese.
Dal secondo dopoguerra a oggi, il consumo di suolo ha raggiunto livelli sempre più preoccupanti: 8 metri quadri al secondo allo stato attuale, 7 metri quadri se si considera la media dell’ultimo mezzo secolo. In pratica, spiega l’ISPRA, ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una superficie pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e Firenze.
Un problema, quello della cementificazione selvaggia, che si porta dietro numerose altre conseguenze sul piano ambientale, dal dissesto idrogeologico alla perdita di patrimonio forestale. Tanto che al momento sono circa 6 milioni gli italiani che vivono in aree soggette a pericolo di alluvioni, un rischio enfatizzato tra l’altro dall’aumento di eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico.
Anche i polmoni verdi del Paese sono sempre più minacciati dal crescente consumo di suolo, ma negli ultimi 25 anni questo fenomeno è stato in una certa misura bilanciato dalla perdita progressiva di terreni agricoli. Se nel 1985, infatti, il coefficiente di boscosità nazionale era del 28,8%, nel 2010 era risalito al 36% nel 2010, proprio a causa dell’espansione delle foreste sulle aree abbandonate dall’agricoltura.
Se la cementificazione preoccupa sempre di più, la qualità dell’aria non è da meno. In generale, l’ISPRA non rileva particolari variazioni sul fronte dell’inquinamento atmosferico, ma lancia ancora una volta l’allarme polveri sottili: il valore limite giornaliero del Pm10 risulta infatti superato nel 48% delle stazioni di monitoraggio.
Grave, inoltre, la situazione dell’ozono, che negli strati più bassi dell’atmosfera è inquinante e nocivo per la salute umana: il 92% delle stazioni mostrano un mancato rispetto dell’obiettivo a lungo termine per questo inquinante, mentre una centralina su 5 registra livelli troppo alti di biossido di azoto.
Aggiunge l’ISPRA: “Un altro inquinante preoccupante per le accertate proprietà cancerogene è il benzo(a)pirene, i cui livelli superano il valore obiettivo nel 20% dei casi”.
Cala, invece, probabilmente per effetto della crisi, la produzione nazionale di rifiuti: poco meno di 30 milioni di tonnellate nel 2012, pari al 4,5% in meno rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda il dato pro capite, siamo passati dai 528 kg per abitante del 2011 al 504 dell’anno successivo. La raccolta differenziata ha raggiunto, sempre nel 2012, una percentuale del 39,9%.
Italia divisa a metà, invece, sul fronte delle bonifiche dei siti contaminati, che procedono con maggiore celerità nelle regioni del centro-nord. In totale, sul territorio nazionale sono presenti ancora 1.749 aree da bonificare, a fronte delle 4.837 di partenza.

Per quanto riguarda infine lo stato di conservazione della biodiversità, risulta ad alto rischio di estinzione più del 40% delle specie di pesci che vivono in Italia, oltre a circa il 28% di uccelli e il 15% delle specie di mammiferi. Nonostante questo, ricorda l’ISPRA, l’Italia resta il Paese europeo con il più alto numero di specie animali (oltre 58.000); le piante sono circa 6.700, il 15,6% delle quali endemiche, cioè presenti solo sul territorio della penisola.

martedì 16 luglio 2013

Bankitalia: "Gli effetti della crisi? I furti sono aumentati del 6%"

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I furti sono aumentati del 6%"

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Furti, un ladro in azione (Ravaglia)
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Roma, 13 luglio 2013  - In tempi di crisi economica si moltiplicano gli allarmi, su vari fronti. E così, mentre i debiti della Pubblica amministrazione secondo la Cgia di Mestre hanno fatto chiudere 15mila imprese, e mentre i saldi estivi non decollano perché la gente fa fatica a riempire il carrello della spesa, Bankitalia segnala un preoccupante aumento di furti.
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Il dato emerge dallo studio pubblicato sul sito della Banca d’Italia, ‘L’impatto della crisi economica sulle attività criminali’ e segnala una "diffusa preoccupazione circa la possibilità che la crisi economica stia determinando una crescita delle attività criminali nel nostro Paese”. I risultati mostrano che la "crisi economica ha effettivamente avuto un impatto significativo su alcune tipologie specifiche di attività criminose, quali i reati che non richiedono particolari abilità criminali, come i furti. Le stime indicano che una riduzione dell’attività economica del 10% a livello locale causerebbe un aumento dei furti pari a circa il 6%”.
L’impatto della crisi “su altre categorie di reati per cui appaiono necessarie maggiori competenze criminali, come ad esempio le rapine, è invece negativo”. Non vi sarebbe, inoltre, afferma lo studio alcun legame tra l’andamento dell’attività economica e la diffusione di alcuni reati di tipo non strettamente economico, quali gli omicidi, i crimini violenti e i crimini di natura sessuale.
Il legame tra crisi e criminalità è meno evidente nelle quattro regioni maggiormente caratterizzate da una presenza piu’ radicata della criminalità organizzata (Campania, Calabria, Puglia, Sicilia). Tale risultato, spiega la banca d’Italia, “potrebbe indicare che, in queste zone, la criminalità organizzata detenga il ‘monopolio’ dell’attività illegale, per cui risulterebbe difficoltoso per un individuo improvvisare un’attività criminosa a seguito delle sopravvenute difficoltà economiche, rispetto ad altre parti del Paese dove il controllo del territorio è meno capillare”.