venerdì 30 novembre 2012

IN BICICLETTA TRA I PODERI. L’OPPORTUNITÀ DEL CICLOTURISMO A LATINA


IN BICICLETTA TRA I PODERI. L’OPPORTUNITÀ DEL CICLOTURISMO A LATINA
Per il quarto appuntamento della rubrica ideata dall’architetto Ugo De Angelis, affrontiamo il tema della tutela e del recupero dell’architettura rurale di fondazione attraverso un’opportunità concreta di sviluppo turistico sostenibile. E lo facciamo ospitando l’intervento di Dario Bellini dell’associazione Latina in Bicicletta.
Troppo spesso, e purtroppo mai come oggi a ragione, la parola «politica» viene correlata nell’immaginario collettivo a qualcosa di negativo, collegata ad azioni atte a favorire i furbi ed i potenti e non il merito, non l’inclusione. Ancora troppo spesso nel nostro Paese e nella nostra città in particolar modo, la bicicletta viene vista come mezzo di mobilità per i meno abbienti e per i nostalgici di una locomozione da «figli dei fiori». Mai come oggi diviene invece anche provocatoriamente importante accostare queste due parole. Il movimento Latina in Bicicletta ne ha fatto il titolo del suo manifesto: «La politica della bicicletta» volendo esaltare il senso delle due parole proprio perché accostate, in un Paese che ha estremo bisogno di ripartire da progetti e proposte di sacrosante piccole rivoluzioni culturali provenienti dal basso come quelle che da un anno il movimento cerca di portare avanti nella nostra città.
L’appello che continuamente muoviamo agli oltre 1.500 aderenti del gruppo è quello di credere fino in fondo che il nostro territorio possa finalmente abbracciare con coraggio un progetto di sviluppo sostenibile riappropriandosi di quelle vocazioni originarie legate all’agricoltura di qualità e ricominciando ad amare il territorio stesso, tanto da convincersi una volta e per tutte che abbia tutte le qualità per poter essere considerato una meta turistica degna a livello nazionale ed internazionale anche per il cicloturismo per esempio.
Ogni crisi di sistema, come quella che stiamo vivendo, possiede al suo interno un’accezione positiva, quella dell’opportunità ed è in questa logica che la nostra comunità si deve muovere per ricominciare a vedere il suo futuro meno fosco. È un dato che le poche risorse, pubbliche e private presenti o arrivate sul territorio, si stiano muovendo nella direzione della riqualificazione, del turismo e della recettività e a maggior ragione questo processo va guidato perché non possiamo più permetterci di consumare indiscriminatamente altro territorio, dobbiamo essere parsimoniosi come il padre di famiglia lo è in tempo di crisi, dobbiamo ricominciare riappropriandoci delle nostre radici riconoscendo anche quelle non solo di «fondazione».
Con questa logica proponiamo, grazie anche agli approfonditi studi fatti dall’architetto Ugo De Angelis, l’idea di un progetto molto semplice di circuito ciclabile che si sviluppi all’interno della valle dell’Astura, rinomata per assurdo più in campo internazionale che nazionale grazie alle numerose testimonianze archeologiche di insediamenti umani individuati nella zona a nord ovest del capoluogo, tra cui l’antica Satricum con il suo tempio dedicato alla Mater Matuta. In questo meraviglioso contesto l’idea di progetto prevede che alla storia antica venga affiancata la storia recente del territorio con la ristrutturazione e riqualificazione di tutta una serie di poderi di fondazione presenti lungo il tragitto ciclabile, ne contiamo almeno sei, oggi completamente in disuso e fatiscenti che potrebbero invece, anche attraverso l’impegno di imprenditori privati, trasformarsi in agriturismo, location recettive, di ristoro, museali.
Il cicloturismo è una realtà in larghissima espansione a livello internazionale e oggi anche a livello nazionale e questo percorso potrebbe essere facilmente inserito in qualsiasi circuito turistico di agenzie viaggi nel mondo. Lo sviluppo sostenibile di un territorio come il nostro deve ripartire da progetti come questi, basta solo credere che sia possibile e cominciare a lavorare per farlo.

PROVINCIA DI LATINA CON L’ACQUA «MALATA». REFLUI NEI CORSI D’ACQUA E RIFIUTI LUNGO GLI ARGINI, LA MAPPA


PROVINCIA DI LATINA CON L’ACQUA «MALATA». REFLUI NEI CORSI D’ACQUA E RIFIUTI LUNGO GLI ARGINI, LA MAPPA
Forse questa è davvero la settimana più nera da molti anni per i corsi d’acqua interni. In pochi giorni è stato provato che una parte consistente dei reflui dei frantoi oleari della zona finisce nel lago di Fondi durante la notte. In gergo si chiamano scarichi abusivi e l’ultimo controllo ha confermato un sospetto che durava da almeno tre anni, quando un esposto di Legambiente aveva sollecitato, appunto, ulteriori controlli direttamente sui frantoi e sui quantitativi di reflui denunciati ai fini dello smaltimento imposto dalla legge per i rifiuti speciali. È una battaglia silenziosa e quotidiana, fatta di denunce anche telefoniche di contadini e residenti per cercare di salvare i canali, i fiumi più importanti e persino il lago di Fondi, ossia i «veri» raccoglitori di reflui industriali e agricoli. Secondo stime mai confermate neppure da Coldiretti, quasi la metà dei reflui dei frantoi che stanno lavorando in queste settimane finisce nei corsi d’acqua anziché presso gli stabilimenti autorizzati al trattamento dei reflui e dei fanghi industriali. E ci sono almeno due conseguenze economiche oltre al palese inquinamento ambientale perseguibile come reato. I reflui nei fiumi e nei canali vanno ad appesantire il lavoro degli impianti di depurazione che hanno capacità per lo smaltimento delle acque civili; la successiva bonifica, quando si riesce ad ottenerla, va a sua volta carico dei Comuni o del Consorzio. Le denunce per inquinamento ambientale si sono moltiplicate nell’ultimo anno ma è attraverso procedure indirette che si risale alle vere cause dello stato di salute (pessimo) in cui si trovano molti torrenti e canali interni. È quanto accaduto a Prossedi per il Rio Serrapica che ha contaminato il fiume Amaseno e dopo una lunga serie di riscontri si è riusciti a risalire ai responsabili oggettivi; tra gli indagati il primo cittadino di Prossedi, Franco Greco, per le omissioni di questi ultimi anni in materia di tutela e depurazione delle acque che attraversano il territorio comunale. L’ARPA Lazio monitora in via ordinaria il fiume Amaseno presso la stazione di prelievo che ricade nei confini di Roccasecca dei Volsci.
L’ESPOSTO
L’ultima denuncia sulle condizioni di molte sponde dell’Ufente è stata depositata ieri da Pontina Ecologia. «Ci sono ancora discariche e roghi lungo la Migliara 49 - si legge nell’esposto - compresa tra il fiume Ufente e via del Murillo; ci sono cumuli di rifiuti abbandonati, speciali, tossici e nocivi come è da tradizione nella zona SIC-ZPS adiacente ai Gricilli. Si chiede di verificare la tipologia dei rifiuti e quindi di procedere al più presto alla loro rimozione». Nella stessa zona era stata scoperta una discarica di rifiuti tossici e nocivi dalla Guardia di Finanza il 21 settembre scorso.
LUOGHI
SETTEMBRE 2012 amianto & C.
Lo scorso mese di settembre la Guardia di Finanza ha individuato discariche abusive con presenza di lastre di amianto lungo le sponde dell’Ufente nel territorio di Pontinia e ha avviato le indagini per risalire ai responsabili.
NOVEMBRE 2012 nel lago di Fondi
Dieci giorni fa da un controllo quasi di routine arriva la conferma che una quantità ancora non precisa di reflui dei frantoi del comprensorio Monte San Biagio-Fondi-Itri finisce direttamente nel lago di Fondi.
Novembre 2012 l’Amaseno
Questa settimana si è chiusa la prima parte dell’inchiesta sull’inquinamento del fiume Amaseno legato a quello del torrente Serrapica, indagato il sindaco di Prossedi per i ritardi e le omissioni nella depurazione.
GLI ERRORI. DOVE NON ARRIVANO I DEPURATORI, IL CASO DEL RIO SERRAPICA
di Elisa Fiore
Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta sull’inquinamento dei corsi d’acqua nel territorio dell’Amaseno.
Da ieri, dopo l’iscrizione del sindaco di Prossedi Franco Greco nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Latina per concorso in danneggiamento delle acque del rio Serrapica che confluiscono nel fiume Amaseno, l’indagine condotta dagli agenti del NIPAF del Comando Provinciale di Latina e dei Carabinieri di Prossedi si sta orientando anche verso altri territori.
Infatti sarebbe stata evidenziata la presenza di scarichi fognari in un rio che si riallaccia al fiume Amaseno, sul versante est del territorio di Pisterzo.
Anche in questo caso gli uomini del Nucleo Investigativo Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale di Latina ed i Carabinieri di Prossedi starebbero cercando di capire se vi siano allacci abusivi sulla condotta e quanti siano gli scarichi diretti che porterebbero le acque fognarie direttamente al fosso che s’immette nell’Amaseno senza alcun tipo di trattamento depurativo.
Sul rio Serrapica gli agenti del NIPAF, comandati dal dirigente Filadelfo Maglitto, avevano effettuato un riscontro documentale percorrendo i boschi della frazione Colli, e risalendo il rio Serrapica dove avevano scattato foto, scoperto tubi fognari a cielo aperto, direttamente convogliati nel rio e ad altri allaccianti alla rete fognaria.
Da qui l’invito all’ARPA Lazio per i necessari riscontri.
I liquami colmi di colibatteri e streptococchi infatti non sono mai stati convogliati verso quel depuratore che le amministrazioni che si sono succedute, dal 1990 ad oggi non sono riuscite a realizzare, interrompendo peraltro i lavori di irregimentazione delle acque nonostante avessero ottenuto anche i fondi regionali per realizzare le opere. Il Consorzio degli Aurunci nel 1995, e più recentemente Acqualatina nel 2009, hanno riproposto il problema ma ad oggi non sarebbe stata ancora redatta la variante al piano regolatore necessaria al gestore del servizio idrico integrato per realizzare l’impianto di depurazione; dall’altra, invece, la soluzione progettuale proposta dalla pubblica amministrazione locale sarebbe avvenuta fuori da un preciso contesto normativo, sulla scorta di un’ordinanza sindacale indifferibile ed urgente, senza il necessario supporto tecnico-amministrativo che la legittimasse.
FOSSI «ILLEGALI». E A SEZZE VIETATA L’IRRIGAZIONE
Sono tre le ordinanze con cui il sindaco di Sezze, Andrea Campoli, ha ribadito nel corso di questi ultimi tre anni il divieto d’uso a fini irrigui delle acque del fosso Brivolco e del fosso Venereo. Due, quelle sul Brivolco, una sul Venereo, le cause appaiono sempre le stesse e da decine di anni i sindaci sembrano essersi esercitati nel verificare sistematicamente come proprio quei corsi d’acqua fossero stati avvelenati dalla presenza di scarichi inquinanti.
Nel fosso Brivolco, come ormai a tutti noto, vengono convogliate la acque del depuratore dei Casali. Acque che sostanzialmente non sono trattate e quindi per buona parte disperse direttamente lungo il corso dell’antico fosso di raccolta delle acque piovane posto alle pendici dei Lepini e che a sua volta si getta nel fiume Ufente. Un fiume utilizzato dagli agricoltori per irrigare i campi. Stessa sorte per il fosso Venereo che già con il sindaco Lidano Zarra fu oggetto di una prima ordinanza nell’ottobre del 2005, perché all’interno del corso d’acqua che s’immetteva nel Cavata era stata riscontrata la presenza di salmonella di specie potenzialmente patogene per la salute dell’uomo.
RESPONSABILITÀ
Il fiume Amaseno ha gravi problemi di inquinamento in massima parte derivanti dalle condizioni in cui si trovano alcuni affluenti. L’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente esegue monitoraggi costanti ma su una sola stazione di prelievo in territorio di Roccasecca dei Volsci.

Parlerà tedesco il nuovo canone Rai


Parlerà tedesco il nuovo canone Rai

Parlerà tedesco la nuova normativa per il canone della Rai. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il ministero dell'Economia, che è l'azionista della televisione di Stato, sta mettendo a punto una proposta di legge per trasformare il vecchio canone di Viale Mazzini da tassa di possesso a verocontributo obbligatorio di servizio pubblico.

E la base per la nuova normativa, che punta a dare un colpo all'evasione dell'ex abbonamento, stimata dagli uffici del Tesoro al 25%, verrà mutuata da una legge che sta per entrare in vigore in Germania, dove da anni ci si trova a fronteggiare un tasso di renitenti al canone molto alto. Proprio il governo di Angela Merkel è riuscito a far passare una riforma che svincola il pagamento del servizio dal possesso effettivo dell'apparecchio tv. In altri termini, il canone viene trasformato in un «contributo infrastrutturale» che tutti i coabitanti di uno stesso alloggio sono tenuti a pagare per avere la possibilità di ricevere il segnale e godere del servizio pubblico radiotelevisivo. Su tutta la materia vigila nel Paese dei lander l'autorità di servizio tedesca (GEZ) che gestirà dal prossimo anno il «rundfunkbeitrag», appunto il contributo, con tanto di campagna di convinzione: nella home page della GEZ campeggia inquietante uno spazio intitolato proprio alle nuove modalità di pagamento (Der Rundfunkbeitrag kommt!).

La storia dell'evasione del canone alla televisione tedesca ricorda un po' quella che stanno affrontando da pochi mesi i nuovi vertici della Rai, Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, rispettivamente presidente e direttore generale. In Germania, al pari del sistema italiano, i cittadini sostengono ogni anno un canone tv pari a 215,76 euro per la visione di soli due canali pubblici (Ard e Zdf, oltre alla radio federale Deutschlandfunk). Dal 1° gennaio 2013, invece, il canone-tassa sarà sostituito da untributo-imposta fisso per ogni residenza e questo indipendentemente dal numero o dalla presenza di un apparecchio radiotelevisivo in grado di ricevere o meno i programmi. Ai servizi di informazione pubblica, così, viene attribuito un valore culturale nazionale, più o meno quello che vuole fare il Tesoro italiano e che potrebbe prendere corpo a breve almeno come tema di discussione nei prossimi cda.

Con un provvedimento alla tedesca, il vecchio abbonamento Rai (termine che tra l'altro verrà presto bandito da tutti i siti informativi di Viale Mazzini perché ha sempre lasciato intendere una discrezionalità nel pagare o meno) di 112 euro potrebbe essere pagato in banca con un modulo F24. Su questo punto ci sarebbe già un parziale assenso tra i consiglieri del Pdl mentre la questione non è stata ancora affrontata ai massimi livelli. Qualcuno, come in Germania, potrebbe eccepire l'eventualità di incostituzionalità della norma. A Berlino il governo ha avuto l'ok da autorevoli costituzionalisti, che anzi hanno caldeggiato l'applicazione della riforma del canone televisivo, che consentirà alla Merkel di aumentare gli attuali incassi di 8-10 miliardi di euro, pizzicando gli oltre 3 milioni gli evasori stimati.

Topolino, clamoroso autogol


Topolino, clamoroso autogol

Sportal


"Io non rubo il campionato, ed in serie B non son mai stato". Parole di Stefano Belisari, in arte Elio (senza le storie tese). Voce di Graziano Romani. "Cantassero quello che vogliono", pensa il tifoso juventino. E ci mancherebbe: trattasi di "C'è solo l'Inter", vecchio inno - rispolverato - della società meneghina.

La polemica monta, però, quando ad usare certi termini non è un attore parziale. Quando poi a compiere lo scivolone è il giornalino Topolino, un velo di stupore mista a indignazione non può che investire i lettori calcisticamente più sfegatati. All'interno del numero del celebre fumetto in edicola questa settimana, Paperino e Paperoga assistono al derby della Mole in versione disneyana - quello "in carne ed ossa" è previsto per sabato sera - e alle loro spalle compare uno striscione recante la scritta "Rubentus". Nella storia, infatti, così viene ribattezzata la Vecchia Signora (il Torino si trasforma in "Corino").

I tifosi juventini suonano la carica, ritenendo inaccettabile uno sgarbo sportivo di questo livello. Sul web l'insurrezione si è ormai gonfiata a dismisura tra chi invita ad un boicottaggio del giornalino e chi propone querele ai danni dell'autore. Tale Zoro commenta: "Non è questione di chi si tifi o meno, ma un giornale per bambini non può scrivere queste cose. Dovrebbe insegnare i valori dello sport non creare tensioni". Gli fa eco il complottismo di annapina: "Topolino vuole indirizzare il sentimento popolare dei baby lettori". Infuriato PirrO: "Querelare Topolino di m...". Daniele Genesio esprime il suo dissenso tramite facebook: "Siete tutti delle m..., potevano mettere la Rubinter o la Rubilan. Fiero di essere gobbo! E di certo ai miei figli non comprerò mai questo giornalino di m...".

Per la cronaca: nella storia Paperino è juventino, Paperoga torinista. Da buoni cugini
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DALLA GREEN ALLA BLUE ECONOMY


DALLA GREEN ALLA BLUE ECONOMY
di Pietro Mezzi
Legambiente, importante associazione ambientalista nazionale, lo dice chiaramente: "Gli investimenti idrici sono il secondo pilastro della green economy, al fianco di quelli energetici". Insomma, per l'associazione del cigno verde non basta aver vinto i referendum del giugno 2011. "Ora - afferma Damiano Di Simine, presidente dell'associazione ecologista lombarda - dobbiamo affrontare i problemi, seri e urgenti, della gestione idrica del nostro Paese. L'inquinamento di falde e acque superficiali, insieme ai ricorrenti fenomeni di carenza, rappresentano un’assoluta emergenza. Le direttive comunitarie ci costringono giustamente a bruciare le tappe nel realizzare le necessarie opere di collettamento e depurazione. E il deficit infrastrutturale si misura su cifre del valore di diversi miliardi di euro: 60. Stiamo parlando della più grande opera infrastrutturale italiana, da realizzare in tempi rapidi e con centinaia, migliaia di cantieri da aprire, per costruire depuratori e collettori, mettere mano a reti fognarie da cui colano liquami, separare le acque nere dalle acque bianche, gestire le piene. Opere pubbliche ma anche azioni private da incentivare: per attrezzare le case, le fabbriche, le città affinché gli usi dell'acqua siano più efficienti, riducendo sprechi e impropri conferimenti in fogna, gestendo le acque di pioggia, rimuovendo inutili superfici impermeabili, riciclando le acque grigie".
Fin qui gli ambientalisti. A sostenere le loro tesi ci sono le posizioni ufficiali di Federutility. La federazione che raggruppa 451 imprese italiane di servizi pubblici locali dei settori acqua ed energia, nel riconoscere che negli ultimi anni il servizio idrico nazionale è migliorato, sostiene che esiste ancora un problema legato alle perdite delle reti idriche. "Per superare tale deficit - afferma Adolfo Spaziani, direttore generale della Federazione - occorrono forti investimenti e regole certe per il settore. In Italia servirebbero 4 miliardi di investimenti l'anno. Ma tale azione è rallentata per mancanza di norme chiare e stabili". Federutility stima in 4,5 i miliardi di progetti già cantierabili, che potrebbero generare 60.000 nuovi posti di lavoro. Ma le risorse economiche necessarie non si possono attivare a causa della scarsa affidabilità del settore. “Il settore idrico in questi anni - prosegue Spaziani - è stato considerato affidabile dagli investitori solo grazie al rating delle aziende più grandi quotate in Borsa, ma ora non è più così. Siccità e fragilità idrogeologica del nostro territorio richiedono risposte urgenti. Le istituzioni sono chiamate a comporre finalmente un quadro regolatorio che garantisca i meccanismi di credito e finanziamento indispensabili al comparto”.
"A tutt'oggi - sostiene Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente - gli investimenti programmati per i prossimi 30 anni ammontano a circa 64 miliardi di euro, 2,1 miliardi l'anno. La maggior parte di questi investimenti riguarda i servizi di depurazione, di fognatura (il 65% del totale) e il settore acquedottistico, soprattutto al Sud. Ma per fare questo occorre un profondo rinnovamento capace di coinvolgere le pubbliche amministrazioni, le società idriche, il settore delle costruzioni e i singoli cittadini".
Un rinnovamento che l'Istituto di ricerche Ambiente Italia stima in 27 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, che potrebbero creare 45.000 nuovi posti di lavoro.

giovedì 29 novembre 2012

IL CAV TENTENNA ED IL PDL E' NEL CAOS


IL CAV TENTENNA ED IL PDL E' NEL CAOS

Tutto in alto mare, tra annunci, smentite, correzioni di rotta, supposizioni: Berlusconi tiene il punto, continua a studiare la separazione. "marciare divisi, colpire uniti". Il Cav pensa ad una scissione consensuale in tre liste diverse: una nuova Forza Italia (forse Forza italiani), Pdl ed ex An. In pratica vorrebbe lasciare per strada gli ex socialisti e democristiani con i quali si era di fatto alleato, o ne aveva preso l'eredita' nel 94, quando sconfisse la gioiosa "macchina da guerra" di Occhetto e gli ex An con i quali aveva fondato il Pdl, in risposta al Pd lanciato al Lingotto da Veltroni, con il famoso annuncio del predellino, a Milano. Non hanno certo aiutato a rasserenare l'ambiente le voci su una lista nera, compilata di pugno direttamente da Berlusconi, nella quale comparivano da Cicchitto alla Carfagna, ma anche lo stesso Alfano. Dentro la nuova Fi, invece alcuni della vecchia guardia, che erano stati accantonati dagli attuali colonnelli come Martino, Galan e Scajola, guidati da Verdini, che e' tra i coordinatori del partito. (Ma Alfano lo ha gia' invitato a farsi da parte). Poi ci sono gli ex An come La Russa, Gasparri, Alemanno, che potrebbero puntare sulla Meloni. Matteoli e' incerto. Nell'area piu' centrale con Alfano anche Schifani, Luypi e Quagliarella che guardano ad un'alleanza con i centristi. Insomma il caos e' completo, anche perche' il Cavaliere dice ma non decide, consigliato anche da famigliari ed amici, come Confalonieri, che gli suggeriscono di farsi da parte e non affrontare in prima persona nuove avventure politiche. Poi le colombe che gli suggeriscono: "No Silvio, dobbiamo rimanere uniti". Cosi' spunta anche l'ipotesi che si ritirino tutti i candidati alle primarie in omaggio proprio al Cavaliere, che non le ama. Ma Alfano sembra restio a fermare la macchina organizzativa del partito e di fatto anche la sua carriera politica. Ora puo' contare sull'appoggio di quasi tutto lo stato maggiore del Pdl e puo' anche evitare la scissione degli ex An. Il popolo del centrodestra guarda perplesso questa sorta di guerra civile interna e non sa piu' cosa pensare, se non di non andare a votare. Infatti il Pdl nei sondaggi vola sempre piu' basso intorno al 15% o poco di piu'. Ma si sa quando si vota le fila si ricompattano sia a destra che a sinistra, l'unica condiziobne per il centrodestra e' che ci sia ancora qualcosa da potere votare.

Duello Tv, Renzi: "Avanti con persone nuove". Bersani: "Basta coi personalismi"


44.9 %
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Duello Tv, Renzi: "Avanti con persone nuove". Bersani: "Basta coi personalismi"a

Un confronto teso ma leale, quello svoltosi mercoledì sera su Rai1 tra i due candidati delle primarie del centrosinistra, Pierluigi Bersani e Matteo Renzi. Molti gli argomenti toccati prima della stretta di mano finale: lavoro, scuola, politica estera, rinnovamento della classe dirigente, immigrazione. E due messaggi conclusivi diversi. Matteo Renzi, che deve recuperare 9 punti in vista del ballottaggio di domenica, si toglie la giacca e, in maniche di camicia, e va all'attacco per quasi tutti i 100 minuti del match televisivo. Ma lo schema del sindaco per archiviare i "2547 giorni" dei governi dell'Unione non piace a Bersani, convinto di interpretare lui la voglia di cambiamento e che "promesse, il personalismo e la comunicazione esagerata è il passato, non il nuovo". Alla fine, i due candidati alla premiership del centrosinistra si sono abbracciati. Ma durante il confronto, condotto dalla giornalista Rai Monica Maggioni, la tensione si è avvertita in vari momenti. Così come le distanze su alcuni temi, a partire da Equitalia.
Primo scontro su Equitalia - Il sindaco attacca definendo un errore aver messo "le ganasce di Equitalia agli artigiani". "Equitalia, chiarisco a Matteo, non l'abbiamo inventata noi" replica il segretario. "Non ho detto - è la controreplica di Renzi - che l'abbiamo inventata noi ma che su quello non siamo stati all'altezza". "Sei stato - è stato l'affondo del sindaco al segretario Pd - 2.547 giorni al governo e dico questo perché è necessario fare un passo avanti". "Nessuno è perfetto", ha chiosato il segretario. Renzi ha attaccato anche sul fronte della lotta all'evasione fiscale che, a suo avviso, dovrebbe passare anche dall'"andare a prendere i soldi in Svizzera se ci sono". Duro Bersani: "Se c'è gente che preferisce il passerotto al tacchino sul piatto - ha attaccato con la prima delle sue proverbiali metafore - va bene ma io voglio dire che sul condono non sono d'accordo". E Renzi sdrammatizza con una battuta: "per fare il leader bisogna saper fare le metafore...".
Servono Stati Uniti Ue - Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, nella sfida tv, sono d'accordo sulla necessità della creazione degli Stati Uniti d'Europa. "In Europa vado a dire - sostiene il sindaco - che io sono per gli Stati Uniti d'Europa perché questo ha senso per i miei figli. Sogno un'Europa che intervenga su politica estera, una Bce che faccia davvero il suo lavoro. Non è un problema personale se io ho l'autorevolezza per dire questo, qua è in ballo l'Italia. Voglio mettere a posto il debito pubblico non perché me lo chiede la Merkel ma per i miei figli". "Ci rendiamo conto che - afferma Bersani - l'Europa è diventato un problema per il mondo, che l'austerità da soli non ci porta da nessuna parte e che siamo tutti sullo stesso treno. I progressisti hanno una piattaforma che mette al centro l'Europa, corregge gli errori della finanza e favorisce politiche di investimento. E certo rilanciamo il tema degli Stati Uniti di Europa, non è un'utopia ma altrimenti c'è il disastro".
Evasione fiscale - "Si paga molto perché non si paga tutti, per umanità mandiamo l'ambulanza a chi non paga le tasse. Bisogna fare la Maastricht della fedeltà fiscale come in altri paesi europei. O decidiamo di combattere l'evasione o facciamo finta, dobbiamo abituarci a usare meno il contante. E poi serve la tracciabilità dei movimenti bancari, le agenzie del fisco più amichevoli con chi paga le tasse. Bisogna attaccare a livello europeo e internazionale i paradisi fiscali". Sono le ricette indicate da Bersani nella sfida tv per combattere l'evasione fiscale. " Bersani ha ribadito la possibilità di una patrimoniale parlando di un "giro di solidarietà fiscale" per rimettere in moto i consumi. E ancora qualcosa sul fronte dei prezzi e delle tariffe. Infine misure per gli investimenti dei comuni e sul lavoro con "un po' di credito per le piccole imprese". Secondo Renzi bisogna "rimettere in tasca i soldi al ceto medio"."Parto da una serie di misure immediate: nel nostro programma ci sono 100 euro netti al mese a chi guadagna meno di 2mila euro al mese; rafforzare il sistema dei Comuni che fanno da gabellieri per lo Stato". 
Onu e Palestina - "Non si possono avere titubanze a dare alla Palestina un ruolo da osservatore nell'Onu, ha detto Bersani. "E noi dobbiamo votare sì altrimenti avrà sempre ragione Hamas e non Abu Mazen". Se non si risolve il problema israelo-palestinese, "se non riusciremo a trovare per questi due popoli qualcosa di positivo, non si risolve nulla" nello scacchiere mediorientale. "Qui ci sono due popoli - uno insicuro, uno umiliato - che non si parlano. L'Italia e l'Europa devono allora incoraggiare le forze moderate" e "puntare sull'evoluzione del processo democratico". "Non sono d'accordo sul fatto che la centralità di tutto sia il conflitto Israelo-Palestinese: il problema è l'Iran, ha risposto Renzi,  e se non raccogliamo il grido di dolore dei ragazzi di quel Paese, se non risolviamo lì non risolviamo nemmeno la questione tra Israele e Palestina, e un'Europa degna di questo nome non deve lasciare solo gli Stati Uniti" di fronte a questo.
La sfida sull'industria - Nuovo botta e risposta tra Bersani e Renzi sull'eredita dei governi del centrosinistra nella politica industriale. "Nessuno è perfetto - afferma il leader Pd replicando ad osservazioni di Renzi - per l'amore di Dio ma non mettiamo insieme tutti gli ultimi 20 anni e i nostri governi con quelli di destra. Noi rispetto alla politica industriale abbiamo fatto parecchie cose". "Certo - ribatte Renzi - Berlusconi ha deluso tutti ma noi non abbiamo capito la strategia per i nostri figli". Il segretario Pd a questo punto taglia corto: "Discutiamo un altro momento, davanti ad una birra..."."Su questi temi abbiamo qualcosa da farci perdonare". Renzi è andato all'attacco, tra l'altro, all'attacco anche sulla questione Ilva sottolineando che "si è lasciato fare alla famiglia Riva quello che ha fatto"."Bisogna occuparsene delle imprese perché se non ce se ne occupa...Se sei azionista pubblico, ad esempio, chiediti se è il caso di vendere Ansaldo Energia, se la Fiat ce la fa da sola o deve arrivare qualcun altro, sulla siderurgia bisogna rimettere a posto un sistema prezioso per il paese. Bisogna tornare a fare mente locale su cose basiche del sistema industriale, il saper fare italiano va portato verso nuove frontiere tecnologiche", controribattuto Bersani. 
Il finanziamento pubblico -  Nuovo duello tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi sui costi della politica. "Bisogna studiare un tetto ai cumuli dei vitalizi e delle pensioni. Bisogna partire dalla politica ma non è inammissibile che grande manager prende buona uscita da 20 milioni di euro". E' la posizione di Pier Luigi Bersani sui tagli alla casta, aggiungendo che "non siamo contrari al finanziamento pubblico". Punto su cui Renzi non è d'accordo: "Non basta dire dimezziamo il finanziamento pubblico, bisogna abolirlo, a Sposetti bisogna dire che è ora di dire stop all'aumento dei finanziamenti ai partiti e che tutte le spese dei partiti devono essere messe con fatture on line. Al Comune di Firenze c'è scritto come il sindaco spende i soldi". E Bersani chiede la sua quarta replica: "Son d'accordo con Matteo sulla trasparenza ma la democrazia è stata inventata in Grecia e decisero che in democrazia la politica va sostenuta pubblicamente, così non è una tirannide. Non mi rassegno all'idea che la politica la facciano solo i ricchi". E Renzi: "Passar da pericle a Fiorito ce ne passa...".
Il conflitto di interessi - "Il non aver fatto il conflitto di interessi con il centrosinistra al governo "è la dimostrazione più drammatica che abbiamo fallito", insieme alla caduta del governo Prodi con Mastella che tolse la fiducia, ha attaccato Renzi. "Dobbiamo dire che nei primi 100 giorni si fa", aggiunge. Non aver affrontato il problema del conflitto di interessi "è stato un limite ma bisogna capire bene" dove si deve andare a intervenire: "ci vuole una legge sull'incompatibilità e l'antitrust", ha spiegato il segretario del Pd. Bersani ha ricordato di aver fatto una battaglia su questo punto all'epoca. Bersani ha sottolineato comunque che "non aver fatto un antitrust serio sulle comunicazioni è stato un limite". Bersani ha poi citato il caso dell'Inghilterra dove "non c'è il conflitto di interessi ma non ci si mette le dita nel naso; se l'avessimo fatta la storia del Paese avrebbe avuto qualche curva in meno". "D'accordo con il segretario - ha detto Renzi - sul fatto che non ci mettono le mani nel naso e sull'antitrust". "Ma non giriamo intorno al problema - ha concluso - non aver fatto il conflitto di interessi è la dimostrazione più drammatica che abbiamo fallito".
Pensioni - "La riforma Fornero è giusta a parte gli esodati. Ma non si può rimettere in discussione perché non si arrabbia solo l'Europa ma le nuove generazioni. Certo non dobbiamo fare le cose del 2007: con lo scalone abbiamo sbagliato, è una riforma che è costata 9 miliardi e che abbiamo fatto per dare soddisfazione alla sinistra radicale. E' per questo che io chiedo la rottamazione della classe dirigente del passato". Così il sindaco di Firenze torna ad attaccare i governi del centrosinistra, stavolta sul tema della riforma Damiano. "Io sono contrario agli scaloni" per il sistema pensionistico "e se ci avessero dato ragione e avessimo pensato a uscite più flessibili (con chi esce prima che prende meno e chi dopo prende di più), ora non saremmo" a questa situazione. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani durante la sfida tv con Renzi. "Costa di più? Sì, ma ora abbiamo il problema degli esodati che non è un ammennicolo. Queste sono cose che costeranno miliardi perché non possiamo lasciare la gente per tre anni senza salario, pensioni, senza niente...". Anche per questo, ha aggiunto Bersani, "io non posso ritenere chiusa la questione delle pensioni finché non è risolta la questione degli esodati. Non c'è niente da stravolgere e so benissimo che bisogna tenere il sistema in equilibrio e in sicurezza", ha concluso.
La questione delle alleanze -  Il tema caldo è quello delle alleanze. Renzi mette in guardia il segretario sulla frammentazione e sul fatto che è "circondato da gente che vuol star dentro solo per lucrare". Il sindaco va giù duro auspicando, a proposito anche di programmi, che non accada che "vinciamo e tra due anni ci rimandano a casa un'altra volta perché c'é il problema dell'agenda Monti". Le primarie, evidenzia "servono anche a questo". Ma "sei sicuro - attacca - che le anime vadano tutte insieme? Perché la nostra preoccupazione è finire come l'Unione nel 2008". Una frase alla quale Bersani replica con durezza: "Attenzione - va all'attacco - a non usare l'argomento dell'avversario". Bersani ricorda che all'epoca "c'erano 12 partiti: non c'era il Pd che è il primo partito del Paese e noi garantiamo all'Europa che siamo in grado di governare, questo non va messo in dubbio. "Se qui non vogliamo ne l'Udc né Vendola, ricordo che l'ultima volta che abbiamo voluto fare tutto da soli ha vinto Berlusconi. Bisogna essere umili e aprirsi". "Non dovremmo fare l'accordo con Casini: Vendola dice che vuole sentire profumo di sinistra, questo è profumo di inciucio", ha replicato Matteo Renzi. 
Le liberalizzazioni - Le liberalizzazioni targate Bersani "sono un passo avanti" ed il "paradosso che vedo è che le abbiamo fatte prima noi di loro (il centrodestra, ndr). La sinistra insomma ha fatto due parti in commedia". Matteo Renzi affronta così il tema delle riforme del mercato introdotto da una sostenitrice in collegamento con la sfida in Tv. Una puntualizzazione, che ha visto il sindaco di Firenze puntare il dito su quelle che ancora non brillano, a cui ha replicato Bersani precisando da subito che "le liberalizzazioni sono di sinistra perché danno regole precise al mercato". Alla domanda e all'offerta di maggior coraggio avanzata dal 'rottamatore', poi, Bersani assicura: "se vinco le farò e riguarderanno tante cose della vita comune della gente (farmaci, carburanti, assicurazioni, telefonia...), ma attenzione: dobbiamo vincere bene perché queste sono battaglie difficili".
Il governo e i primi tre provvedimenti - Matteo Renzi, se vincerà le primarie e le elezioni, farà un governo che sarà "l'Unione al contrario che è arrivato a 101 persone, per me bastano 10 ministri". Pier Luigi Bersani farà un governo di "20 ministri, metà uomini e donne e con un rinnovamento generazionale molto netto anche se non prima di esperienza".  "Una l'ho già detta: un ragazzo o una ragazza figlia di immigrati che studia qui è italiana; una norma secca sull'anti-corruzione e l'anti-mafia; qualcosa sulla piccola impresa ma lascerei anche qualche sorpresa per il primo giorno: governare è anche sorprendere un po'". Lo ha detto Pierluigi Bersani, replicando a chi gli chiedeva quali sarebbero i suoi primi tre provvedimenti se fosse al governo durante la sfida tv. Renzi ha detto che i suoi primi tre provvedimenti sarebbero tutti e tre sul lavoro: ridurre le norme a "59-60 articoli"; un intervento per la sburocratizzazione e, inoltre "un piano di innovazione per il digitale"
Unioni omosessuali e femminicidi - Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi concordano sulla necessità di riconoscere i diritti alle coppie omosessuali. "Nei primi 100 giorni davvero - sostiene Renzi - serva la civil partnership inglese, uguali diritti per coppie dello stesso sesso, in passato abbiamo perduto un'occasione su omofobia e diritti civili". Pier Luigi Bersani evita la polemica e assicura "le unioni civili secondo la legge tedesca, che Casini sia d'accordo o meno e una legge contro l'omofobia". Una "vergogna", uno "scandalo". Così i due sfidanti alle primarie del centrosinistra, Renzi e Bersani parlano della violenza sulle donne. il segretario Pd ricorda di aver firmato da poco una proposta di legge che ridefinisce le pene prevede formazione ed educazione, tutele alle donne e sostegno ai centri antiviolenza. "Da lì possiamo partire", spiega. D'accordo anche il sindaco di Firenze che poi si appella ai media per "chiamare le cose con il loro nome" e non definire più i femminicidi "delitti passionali" ma omicidi.
L'appello finale di Renzi - "Chiedo di andare a votare a chi non è riuscito domenica scorsa, noi siamo partiti in modo strano contro tutto e tutti, mi hanno dipinto come un mostro, se lo conosci lo eviti ma anche nelle regioni rosse chi ci conosce ci ha votato. Per noi la politica deve scaldare i cuori e non solo ricordare che cosa hanno fatto quelli di 30 anni prima ma pensare ai bambini". E' l'appello finale di Matteo Renzi nella sfida tv. "Ci siamo messi in gioco - dice - convinti che il Pd non possa essere Pci 2.0, la stessa cosa per 20 anni cambiando solo querce e ulivi. Ci sono due modi: o dire vabbé stiamo a vedere, come fanno molti della mia generazione, o giocarsi tutto. Il ballottaggio è più di una finale: è scegliere per il cambiamento, io sogno un'Italia che torni a dare del tu alla speranza. Agli italiani dico: se vi va di cambiare andate a votare, se vi va di credere nel domani provate a credere nelle primarie del centrosinistra"
L'appello finale di Bersani - "Serve un cambiamento e io lo posso offrire. Le promesse, il personalismo, la comunicazione esagerata è il passato non è il nuovo. Il nuovo è guardare la gente all'altezza degli occhi e cercare di mettersi al loro servizio". E' questo il messaggio centrale dell'appello finale del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ha chiuso la sfida in tv con Matteo Renzi. Cavalcano la domanda di rinnovamento, Bersani assicura di "sentire questa esigenza" ricordando che "ovunque io sia andato, in qualsiasi posto sia stato ho sempre cercato di cambiare le cose e credo - ha detto - di poter raccogliere questo sentimento nelle cose da fare e nel rinnovamento delle persone". Bersani, per spiegare con quale spirito intenda mettersi al servizio del paese ha voluto raccontare quanto accadutogli ieri durante la visita ai dipendenti dell'Istituto Dermatologico dell'Immacolata ("che si trova in una situazione fallimentare, da 4 mesi non prendono lo stipendio"): "all' uscita una bambina di nome Lucrezia di 4 anni mi fa: 'io per Natale voglio una bambola rossa e lo stipendio di mamma'. Ecco, io cercherò di guardare il mondo e l' Italia da quel punto di vista lì, della gente più in difficoltà, più debole".
La cosa che unisce Renzi a Bersani? - La politica "che è una cosa bella, è la risposta - se fatta bene - ai problemi, è entusiasmo". Ma li divide, secondo il sindaco di Firenze, "l'idea del futuro. Io non vedo un futuro con le stesse persone che accompagnano Bersani e che non hanno scritto una pagina di futuro". "Renzi ed io siamo uniti dalla passione politica, ma ci divide l'idea di rinnovamento: io voglio che la ruota giri, ma non prendendo a calci l'esperienza. All'esperienza bisogna chiedere una mano a farla girare e io lo farò". Così il segretario del Pd, risponde su cosa lo avvicina e cosa lo divide al suo sfidante alle primarie.

mercoledì 28 novembre 2012

ITRI, CANI AVVELENATI NEI BOSCHI


ITRI, CANI AVVELENATI NEI BOSCHI
Un cane è morto e altri due sono stati salvati per il pronto intervento di un veterinario di Fondi dopo che gli animali avevano ingerito delle polpette di carne che erano state avvelenate con stricnina. È questa la squallida cronaca di una giornata di caccia che alcuni appassionati di Fondi avevano voluto trascorrere nei boschi di Itri. Erano quasi le 12 quando tre cani di razza bretone che facevano parte degli animali al seguito dei cacciatori, hanno cominciato a lamentarsi, a emettere bava e a contorcersi a terra, emettendo guaiti sempre più intensi. Preoccupati per il loro comportamento e resi edotti dal rischio di avvelenamento da cibo paventato da un esperto di animali presente tra loro, il gruppo ha fatto immediato ritorno a Fondi dove telefonicamente ha fatto accorrere presso il suo ambulatorio il veterinario Francesco Fragale cui, sempre per telefono, è stata spiegata la criticità della situazione, così da predisporre il necessario per interventi mirati e rapidi. Purtroppo, per uno dei tre esemplari bretoni, quello di proprietà di Francesco Carnevale, le pur immediate e competenti cure prestate dal professionista fondano non sono bastate per salvarlo dal decesso avvenuto poco dopo, in quanto le condizioni dell'animale, all'arrivo presso il suo ambulatorio, erano già disperate. Sull'episodio è intervenuto, nella prima serata, Silverio Sinapi, presidente dell'azienda faunistica Fra' Diavolo il quale ha duramente stigmatizzato l'accaduto giudicandolo «un assurdo brutto capitolo di violenza ai danni dell'amico più fedele all'uomo. L'episodio, che non si discosta da un delitto efferato, cozza contro lo spirito che anima chi pratica la disciplina venatoria con deontologia e rispetto per animali e ambiente».

VITTIME DELLA CACCIA: 22 MORTI E 75 FERITI DAL 1° SETTEMBRE AL 24 NOVEMBRE


VITTIME DELLA CACCIA: 22 MORTI E 75 FERITI DAL 1° SETTEMBRE AL 24 NOVEMBRE
Il bollettino di guerra delle vittime della caccia continua tristemente a salire: un bambino di soli 5 è anni morto per un colpo accidentale partito dal fucile da caccia del padre ed è la settima vittima minore di età falcidiata dalle armi da caccia, dal 1 settembre al 24 novembre (4 i bambini morti e 3 i feriti). Sono questi i numeri di cui parla l’Associazione Vittime della caccia: “Non si risparmiano nemmeno i bambini, immolati alla passione venatoria, nel tentativo di tramandare una cruenta usanza oramai fuori dal tempo e dallo spazio” dichiara Daniela Casprini, presidente dell’associazione. I dati riportati dallo studio sono chiari: in questo breve arco temporale, sono 97 le vittime della caccia, 22 morti e 75 feriti, di cui 6 morti e 16 feriti tra la gente comune, ovvero chi non imbracciava alcuna arma. Il comunicato si conclude con un appello alle famiglie: “Ci rivolgiamo alle madri e alle donne tutte, affinché preservino i propri bambini da questo ambiente evidentemente causa di morte, dolore e di sopraffazione del forte sul debole, non è più tempo di indugiare – continua Daniela Casprini –. Lasciate che i bambini giochino a pallone e fate in modo che non si avvicinino alle armi, che sviluppino empatia e compassione per gli animali invece di massacrarli. La caccia porta solo morte, sottraiamo almeno i bambini a questa strage”.

I figli sono tutti uguali: la Camera approva la nuova legge, mai più distinzioni fra legittimi e naturali


I figli sono tutti uguali: la Camera approva la nuova legge, mai più distinzioni fra legittimi e naturali

I figli nati da coppie sposate, circa 120mila all'anno, sono da oggi equiparati in tutto e per tutto a quelli naturali e quelli adottati. E' quanto prevede la proposta di legge definitivamente approvata dall'Aula della Camera con 366 voti a favore, 31 contrari e 58 astensioni. Il testo è passato malgrado la contrarietà dell'Udc condivisa anche da diversi deputati del Pdl, sulla norma che estende la possibilità del riconoscimento anche ai figli nati da un incesto, di cui i centristi avevano chiesto, senza risultato, lo stralcio. La norma, inserita al Senato, è rimasta anche per evitare di far tornare il testo al Senato con il rischio di non farlo definitivamente approvare prima della fine della legislatura. La tesi dei deputati dell'Udc, che hanno visto bocciare a scrutinio segreto un loro emendamento soppressivo, era che non si può dare piena facoltà di riconoscimento del figlio nato da incesto. Bene se a chiedere il riconoscimento è il figlio, ma questa facoltà non può essere data al genitore 'stupratore', sarebbe un riconoscimento indiretto dello stupro, un alleggerimento della posizione di chi ha esercitato violenza. "Si sdogana l'incesto", sostiene Paola Binetti. Ma alla fine è prevalsa la tesi opposta, difesa dalla relatrice Alessandra Mussolini: "Come si può impedire ad una madre stuprata di riconoscere il proprio figlio?".
Commenti positivi - Il testo piace agli ex ministri per le Pari opportunità dei governi Berlusconi e Prodi. Di "grande prova di civiltà" parla Mara Carfagna, mentre per Livia Turco "il Parlamento ha votato una legge di umanità e civiltà"; l'"unico atto per il quale sarà ricordata questa legislatura", dice la radicale Donatella Poretti. "Ora tutti i bambini saranno uguali", sottolinea Benedetto Della Vedova di Fli, mentre Anita Di Giuseppe dell'Idv definisce il testo "Un passo fondamentale per l'Italia". Ecco i punti salienti della legge approvata a Montecitorio
Figli tutti uguali - "La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione sia "all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo". Il figlio "nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto" dalla madre e dal padre "anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento" e il riconoscimento "può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente". La legge riconosce ai figli naturali un vincolo di parentela con tutti i parenti e non solo con i genitori. Il che significa che in caso di morte dei genitori può essere affidato ai nonni e non dato in adozione come accade oggi. Inoltre questa parificazione ha conseguenze anche ai fini ereditari.
Diritti e doveri dei figli - Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore (che ha compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento) ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. In tutti gli articoli del Codice le parole “figli legittimi” e “figli naturali” sono sostituite semplicemente da “figli”.
Deleghe al governo - La revisione di alcune delle norme in materia viene affidata a una delega al governo da attuare entro un anno. Per questo è stata già istituita dal ministro Andrea Riccardi una commissione ad hoc guida dal professor Cesare Massimo Bianca che metterà a punto le norme di attuazione. Uno dei decreti attuativi riguarderà la disciplina delle successioni e delle donazioni, ai fini dell'eredità . I decreti di delega si occuperanno anche di prova della filiazione, presunzione di paternità del marito, azioni di riconoscimento e disconoscimento dei figli, dichiarazione dello stato di adottabilità.
Figli incestuosi - Sono quelli nati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta e in linea collaterale (fino al secondo grado): viene riformulato l'articolo 251 del codice civile, e ampliata la possibilità di riconoscimento dei figli nati da tali relazioni.
Figli contesi, decide tribunale di competenza - In base ad un'altra modifica del Senato, in caso di controversie tra i genitori, dei procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli si occuperà, d'ora in avanti, il Tribunale ordinario.

Renzi a tutto campo: "Pronto a fare i nomi dei ministri. Bersani su Equitalia ha sbagliato"


Renzi a tutto campo: "Pronto a fare i nomi dei ministri. Bersani su Equitalia ha sbagliato"


"Se vinco le primarie le figure chiave del mio governo prometto di dirle prima delle elezioni". Matteo Renzi, ospite di Porta a Porta su Raiuno, a tutto campo sugli argomenti clou della campagana elettorale, in vista del ballottaggio delle primarie del Centrosinistra di domenica prossima. Il sindaco di Firenze - che dopo la registrazione della puntata poi tornerà nella sua città dove lo attende l'emergenza maltempo - si dice convinto di vincere, sottolineando che le sue chance di vittoria arrivano dall'elettorato di Vendola. "Mi voterà chi ha votato Vendola contro gli apparati - ha detto -. Certo non mi voterà invece chi lo ha votato perché é contro Monti. Ma a maggior ragione non voterà Bersani". Il cambiamento e la cosiddetta agenda Monti quindi a fare da spartitraffico. "La partita è difficile da giocare, ma io voglio andare a prendere voti anche di là - aggiunge riferendosi ai voti di Bersani - perché se convinco qualcuno vale doppio". 
Bersani e Equitalia - Attestato di stima per l'avversario, ma con riserva: "Ho grande stima di Bersani e lo rispetto molto ma credo che oggi non sia nelle condizioni di fare il cambiamento. E' stato quattro anni ministro, tre anni segretario: se voleva cambiare le cose poteva farlo. Non credo che sia lui l'uomo del cambiamento. Ma se gli italiani la pensano diversamente e lui vince offro lealtà e collaborazione", ha detto, aggiungendo che su Equitalia ha sbagliato: "Io non avrei fatto Equitalia come loro: una società forte con i deboli e debole con i forti. L'ha fatta il governo Tremonti, ma su un decreto Visco-Bersani". E sull'eventualità di un accordo tra lui e il segretario Pd, dice: "Non credo ai ticket reciproci. Chi vince, vince. E chi perde dà una mano. Chi vince si fa la sua squadra".
Burocrati e burocrazia - Sull'esperienza del governo Monti, dice: "Il governo Monti ha ridato prestigio all'Italia, siamo di nuovo orgogliosi di essere italiani, hanno aiutato le aziende. Ma contesto che un governo fatto da burocrati sia stato capace di affrontare il tema della burocrazia".
Patrimoniale - Renzi ribadisce inoltre la sua contrarietà a un'eventuale tassa patrimoniale. "L'unica patrimoniale che serve è far pagare le tasse a chi non le paga", spiega. "Non dico che si deve firmare un contratto con gli italiani, perché qui da Porta a Porta porterebbe una sfiga pazzesca - afferma Renzi - ma chi governerà dovrebbe impegnarsi ad usare tutti i denari recuperati dall'evasione fiscale per ridurre la pressione fiscale".
Legge elettorale - "Ammetto un pregiudizio, ma a uno come Calderoli che ha definito la sua legge elettorale una porcata, direi come nel gioco dell'oca 'stai fermo per tre turni', vai a pesca, fai altro tu che hai fatto una legge porcata", spiega il sindaco di Firenze commentando l'accordo annunciato oggi come "vicino" sulla bozza realizzata da Calderoli. 
Ilva: decreto d'urgenza - "Se fossi premier mi assumerei la responsabilità di un provvedimento di legge d'urgenza", ribadisce Matteo Renzi parlando dell'Ilva a Porta a Porta. "Per risanare l'area ci vuole un miliardo e mezzo di euro. A quel privato si è concesso troppo in nome dell'amicizia con politici di vario genere, soprattutto di Forza Italia. La famiglia Riva non è stata costretta a risanare l'area". Lancia spezzata a favore di Bersani: "Non mi permetterei di accomunare una persona seria come Bersani a questa vicenda - aggiunge Renzi - a me me l'hanno fatto e ci ho sofferto troppo".

LATINA LA PROVINCIA PIÙ INSICURA. PESSIMA COLLOCAZIONE NEL RAPPORTO SULLA QUALITÀ DELLA VITA DEL SOLE 24 ORE



LATINA LA PROVINCIA PIÙ INSICURA. PESSIMA COLLOCAZIONE NEL RAPPORTO SULLA QUALITÀ DELLA VITA DEL SOLE 24 ORE
TUTTI I MOVENTI: RAPINE, TRUFFE, ESTORSIONI, ECCO PERCHÉ SIAMO ULTIMI
di Graziella Di Mambro
Per tutti gli ultimi dieci anni abbiamo «lottato» per diventare ultimi e alla fine ci siamo riusciti. La peggiore provincia per ordine pubblico e sicurezza: lo si era capito, in fondo. Ogni maledetta notte un attentato, spari contro le vetrine, roghi dolosi, macchine a fuoco, proiettili sparsi; e cocaina sequestrata a pacchi, coltellate tra spacciatori, prostitute massacrate di botte nella guerra tra protettori... Tutto questo per fermarsi ai reati «ordinari», ai quali possiamo vantare di poter aggiungere omicidi sempre nella guerra per il controllo della droga, sequestri di beni ai clan per oltre 150 milioni di euro nell’ultimo anno, arresti per associazione a delinquere di stampo mafioso...
E via così per mesi e mesi. Alla fine è arrivata la verità-batosta. Ultimi tra le 107 province del Paese e forse quando Latina sarà unita a Frosinone potrà spalmare il suo livello di insicurezza con i vicini di casa (quarantacinquesimi, cioè a metà della classifica pubblicata ieri dal Sole 24 Ore). Ma finché non succederà bisogna continuare a fare i conti in casa propria e capire se e dove sono stati commessi degli errori. Il dato sui reati cosiddetti minori è in qualche modo legato alla riduzione evidente delle forze dell’ordine presenti sul territorio, o perlomeno al loro mancato potenziamento (l’ultimo aumento di poliziotti in tutto il Paese ne ha portato uno solo in più in provincia di Latina); gli altri più gravi e di tipo mafioso possono considerarsi il risultato di anni e anni di bieco negazionismo in stile «la mafia qui non esiste». Emblematica resterà per sempre la delibera del Comune di San Felice Circeo con cui si «intimava» a chiunque di accostare il nome «Circeo» con quello di mafia. Sono purtroppo seguite numerose operazioni antimafia «dalle parti del Circeo». E l’ultimo omicidio di camorra nell’ambito della faida di Scampia è avvenuto sul lungomare Circe a Terracina a luglio scorso. Per stare alle cifre nude e crude ci sono oltre 164 scippi, rapine, borseggi all’anno ogni centomila abitanti, 442 furti in casa ogni centomila abitanti, più di 183 furti d’auto, più di 14 estorsioni (quelle denunciate ovviamente), più di 295 truffe. Si tratta di numeri riferiti al 2011 che prendono in considerazione le azioni compiute dalla microcriminalità. Ma la percezione della sicurezza può dirsi legata ad una serie di altre azioni della criminalità organizzata la cui presenza è ormai avvertita dalla popolazione residente come parte integrante dell’assetto socioeconomico e non più solo come «infiltrazione» episodica. Il dossier di quest’anno condanna anche le amministrazioni locali più «giovani» ad assumersi parte della responsabilità sul peggioramento complessivo della qualità della vita. Perché se è vero che questa provincia e alle prese con una gravissima crisi economica come moltissime altre aree del Paese è altresì innegabile che, al contrario di altre città e comprensori, non è riuscita a individuare percorsi alternativi. Soprattutto non si è riusciti ad utilizzare i fondi europei pur disponibili per potenziare reti, infrastrutture, servizi che nella valutazione fanno la differenza in positivo.
A TINTE FOSCHE
di Giulio Vasaturo (criminologo dell’Università di Roma “La Sapienza”)
È impietoso il quadro con cui l’autorevole inchiesta sulla qualità della vita del Sole 24 Ore descrive lo stato della sicurezza e della legalità in provincia di Latina. Il dettagliato reportage pubblicato ieri dal quotidiano economico, colloca il territorio pontino all’ultimo posto nella graduatoria nazionale che registra i dati sulla criminalità, restituendoci il profilo di una realtà a tinte fosche, con un peggioramento significativo di tutti gli indicatori relativi ai reati predatori.
L’ammontare degli scippi, dei borseggi e delle rapine avvenute nelle nostre città, unitamente ai furti d’auto ed in appartamento, alle estorsioni ed alle frodi, spinge la provincia di Latina in fondo ad una classifica da cui sarà ben difficile risalire in tempi rapidi, senza l’adozione di misure credibili ed efficaci volte a tutelare degnamente i cittadini, i loro beni, le loro famiglie, le loro imprese. Il problema non è solo di ordine pubblico. È anzitutto un problema culturale, sociale e politico che va affrontato, come raramente si è fatto dalle nostre parti, con interventi mirati, senza ulteriori sprechi di risorse pubbliche, coinvolgendo direttamente le persone, le comunità, le reti di vicinato e le associazioni di categoria, secondo un piano strategico di lungo periodo che non può essere in alcun modo improvvisato dalle amministrazioni locali. Nei numeri degradanti di queste statistiche va colto, infatti, il riflesso di una crisi economica e progettuale che, a Latina più che altrove, si riversa concretamente nella dimensione di vita dei singoli e della collettività, lasciando poco spazio a suggestioni emotive, pratiche estemporanee, risposte evasive. Alle forze dell’ordine, impegnate in prima linea con scarsissimi mezzi sul fronte prioritario del contrasto alle organizzazioni criminali, non si può chiedere di ovviare anche alle lacune di chi, istituzionalmente, dovrebbe supportare i tradizionali dispositivi di controllo con soluzioni integrate, sistemi diffusi di videosorveglianza, un sostegno fattivo ai soggetti più esposti al reato di usura. L’esperienza maturata in ambito internazionale fornisce, del resto, chiare indicazioni sulla rotta da intraprendere. Innovazione tecnologica e sinergia fra figure pubbliche e private consentono già di pensare ad un nuovo modello di governance della sicurezza nella provincia di Latina, in grado di garantire un solido apparato di protezione dei cittadini, attraverso il monitoraggio continuativo degli ambienti urbani, la responsabilizzazione dei comportamenti individuali, la condivisione delle informazioni rilevanti per la prevenzione degli atti criminosi. Ed a tutto ciò va accostato l’improcrastinabile riordino, anche in ambito locale, degli organici della giustizia. Perché non si può nemmeno ipotizzare la riaffermazione della legalità, senza presupporre la piena funzionalità di una macchina giudiziaria che deve essere messa in condizione di assecondare prontamente l’istanza punitiva o risarcitoria che proviene dalle vittime di reato. Ma anche su questo le difficoltà da superare sono enormi. La provincia pontina è fanalino di coda pure per quanto concerne la velocità dei tempi processuali. Peggio di noi, in questo caso, solo Foggia. Ed è inutile dire che i recenti provvedimenti in materia di «geografia giudiziaria», con la soppressione delle sezioni distaccate di Terracina e Gaeta, non sollecitano alcun ottimismo. Ma è proprio da qui che occorre ripartire, se si vuole commentare, di qui ad un anno, una fotografia diversa del nostro territorio. In fondo è vero quel che ha scritto Italo Calvino: «le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure».