domenica 30 agosto 2015

Galantino "Non cercate voti sulla pelle degli altri"

Galantino "Non cercate voti sulla pelle degli altri" e Feltri gli da' del "piazzista da sagrestia"

. Politica


Prima e' intervenuto dalla sua massima autorità morale il Papa con il monito che respingere i migranti deve serre visto come un "atto di guerra". Poi a rinfocolare la polemica con quei politici definiti "piazzisti da bar" (ndr. i "populisti Grillo e Salvini) ci ha pensato Nunzio Galantino, vescovo poco conosciuto fin quando non e' stato chiamato dal Papa a dirigere la Cei, la Conferenza episcopale italiana. La polemica sui migranti e' diventata così' quotidiana in queste giornate di fine agosto, con Galantino che non ha risparmiato critiche neanche al governo. E Renzi un po' se  l'e' presa, anche se meno dell'altro Matteo, trattato certamente peggio alla stregua di un becero e un po' rozzo mercante di voti. Lui, Galantino alza il tiro ed nella sua lectio magistralis, dedicata alla difficile eredita' di De Gasperi (ndr. lo statista, fondatore della Dc che fu tra gli artefici della rinascita italiana dopo la seconda guerra mondiale e salvo' (naturalmente secondo quelli che erano dalla sua parte) l'Italia dai comunisti sconfiggendo il fronte popolare nelle storiche elezioni dell'aprile del 48) lancia il suo messaggio: "Non cercate voti sulla pelle degli altri". Ed ancora: "Senza politica si muore. La politica come ordine supremo della carità, questa e' la grande avventura per chi ne sente la missione". Poi spiega le sue recenti esternazioni: "Nulla può far venir meno pietà e pazienza. Questo mi ha spinto a essere fin troppo chiaro, per qualcuno rude". "I populismi sono un crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati davanti ad un popolo che chiede di capire i passaggi complessi della storia", la sua conclusione. Parole nobili, cristiane e sicuramente apprezzabili da tutti sotto il profilo umano. Con delle pecche pero' secondo alcuni. E chi forse meglio ha registrato gli umori di una certa parte della politica ed anche dell'opione pubblica e' Vittorio Feltri sul Giornale. Una considerazione: "forse monsignor Galantino dovrebbe ripassarsi il Concordato (ideato da Benito Mussolini e rinfrescato da Bettino Craxi) nel quale, grosso modo, e' scritto che i preti hanno facoltà di predicare ciò che vogliono, ma non sono autorizzati a interferire nelle questioni di Stato italiane". Ma dopo una considerazione, la vera domanda: "Come potremmo fare e con quali mezzi ad ospitare gioiosamente centinaia di migliaia di stranieri bisognosi di soccorso, vitto ed alloggio, e magari di argent de poche? Lo sappiamo, il fenomeno della migrazione e' sempre esistito e sempre esisterà, dato che il mondo cambia di cattiveria, ma mai cessa di essere cattivo. Pero' nessuna spiega quale sia il modo di moltiplicare i pesci, cioè i soldi in misura sufficiente a soddisfare le esigenze primarie e secondarie dei richiedenti asilo".  Feltri aggiunge: "E'probabile che sua eccellenza, vivendo in una dimora adeguata al suo rango, ignori che i connazionali attraversano la nota crisi, un momento di enorme difficoltà. Insomma l'Italia e' in bolletta marcia, e non essendo in grado di provvedere ai suoi cittadini più sfortunati, non lo e' neppure di assistere gli extracomunitari che bussano alle sue porte". "Non e' un concetto complicato, lo capisce chiunque e immagino sia alla portata anche del segretario generale della Cei", scrive Feltri che aggiunge: "Se egli pero', a differenza di noi comuni mortali, fosse in possesso di una magica formula finalizzata a trasformarci da poveri cristiani in signori abbienti, lo preghiamo di rendercene partecipi. Nel qual caso pronti ad obbedire". "In mancanza di una risposta, saremmo costretti a ribaltare le sue accuse e a considerare Galantino un piazzista da sagrestia".

sabato 29 agosto 2015

La crisi cinese scatena il panico

La crisi cinese scatena il panico: Borse mondiali in picchiata, il peggior tracollo dal 2008. In poche settimane 'bruciati' 5 mila miliardi di dollari

. Economia

La crisi cinese ha scatenato una vera e propria ondata di panico nelle Borse mondiali provocando il peggior tracollo dal 2008, cioè dall'inizio della crisi. In questo nerissimo lunedì i timori per il rallentamento dell'economia cinese hanno fatto sprofondare i listini di tutto il mondo: ha cominciato Shangai che ha perso l'8,5%, poi è toccato alle borse europee, tutte giù fino ai livelli del 2011 (Milano -6%) e infine a Wall Street, a picco in apertura, il che ha contribuito a deprimere ancora di più i listini del vecchio continente. Secondo un'analisi delle agenzie finanziarie e dei maggiori quotidiani economici mondiali le Borse europee hanno 'bruciato' oltre 400 miliardi di euro di capitalizzazioni. Sempre secondo le stesse fonti da quando la Cina ha iniziato a svalutare lo yuan le borse mondiali hanno perso 5 mila miliardi di dollari di capitalizzazione azionaria. Milano è arrivata a perdere oltre sette punti percentuali e metà del listino di Piazza Affari è stata sospesa, poi il Ftse Mib ha chiuso a -5,96%, a 20.450 punti. Per trovare una simile débacle bisogna tornare all'agosto del 2011, la calda estate dello spread impazzito. Forti ribassi anche sugli altri listini: Londra ha ceduto il 5,1%, ai minimi da oltre due anni, Francoforte ha perso il 4,3% e Parigil 5%. Atene in profondo rosso (-10%). Tutto è nato in Cina e la Borsa cinese ha archiviato oggi la peggior seduta dal febbraio 2007, con l'indice di Shangai che ha chiuso a -8,49% (dopo aver superato il -9% durante la seduta) e ha di fatto eroso tutti i guadagni della grande cavalcata di inizio annoi il 5%. Giù anche il petrolio, sceso sotto i 45 dollari al barile. In crescita il bene rifugio per eccellenza, l'oro. In un quadro di panico a livello mondiale ha retto l'euro che si è apprezzato sul dollaro. E lo spread Btp-Bund non si è impennato come pure si temeva attestandosi a quota 135.

Matrimoni combinati tra poveri e migranti per entrare in Italia

Matrimoni combinati tra poveri e migranti per entrare in Italia, Antiterrorismo indaga. Un affare di novemila euro

Indagini per scongiurare che, dietro qualche migliaio di euro, un italiano possa dare le chiavi di casa nostra a un terrorista, pronunciando il fatidico 'sì'

Egitto, scene da un matrimonio copto (foto web)
Egitto, scene da un matrimonio copto (foto web)
Redazione Tiscali
La fuga dall'Africa coperta dal velo di un abito bianco, dietro cui si nascondono italiani reclutati nelle mense sociali. Se l'Europa sbarra la strada al Sud del mondo, ora sono i poveri nostrani a tendere una mano ai migranti, per qualche migliaio di euro. E' il tour dei matrimoni combinati, pianificati con viaggi nei Paesi di origine, che attraverso le organizzazioni criminali è diventato il lasciapassare più rapido per la cittadinanza italiana.
Ma sull'altare delle nozze di comodo ora cala l'ombra delle infiltrazioni terroristiche, dopo i sospetti per un aumento delle offerte in denaro da parte di alcuni stranieri subito dopo gli attentati in Tunisia ed Egitto. Vicenda, emersa da un'inchiesta dell'ANSA, sulla quale indaga la divisione antiterrorismo della Questura di Roma. L'Africa o il Medioriente chiedono la mano dei disgraziati, Roma risponde. Nella Capitale, i luoghi delle reclute dei promessi sposi pronti ad unirsi ai migranti sono la stazione Termini, le case occupate e le mense sociali per poveri e senzatetto.
Una volta trovato un lui o una lei, a cui vengono in genere offerti non più di tre o quattromila euro, vengono organizzati i viaggi. Direzione Il Cairo, in Egitto. "Ne abbiamo organizzati recentemente almeno una decina", spiega A., un quarantenne italiano coinvolto nel traffico, che oltre a girare si occupa della parte burocratica sbrigando le pratiche e procurando i documenti da portare all'ufficio anagrafe. "Dal Cairo, attraverso l'ambasciata italiana - aggiunge - arrivano la richiesta di matrimonio e una volta ottenuti i documenti necessari si parte per l'Egitto". Pratiche conformi alle regole, ma solo la facciata pulita di un business che nasconde l'inganno dietro l'altare.
Alla futura sposa italiana viene fornito un biglietto aereo per l'Egitto, dove vengono celebrate le nozze, spesso prima con rito religioso copto o cattolico, poi avviene la registrazione del matrimonio nel Paese di origine e in Italia. "E' chiaro che attraverso le nostre conoscenze riusciamo ad avere delle facilitazioni in Egitto - racconta A. - ma nell'arco di un paio di settimane l'uomo o la donna italiana appena sposata viene liquidata del suo compenso e può tornare a casa". Dopo la registrazione dell'atto anche in Italia, a distanza di qualche mese arriva la richiesta del permesso di soggiorno per motivi familiari e, con una prospettiva temporale molto più lunga, la richiesta di cittadinanza. Anche se per la maggior parte degli sposi extracomunitari l'Italia rappresenta solo una via di accesso ad altri Paesi europei.
L'intero affare è di novemila euro. Ma recentemente, due giorni dopo l'attentato al Cairo dello scorso 11 luglio, sono arrivate due richieste urgenti con offerte di pagamento raddoppiate, in particolare quelle di un siriano, che ha concluso la trattativa mentre era in attesa nel deserto. Per questo, sul business illegale stanno cercando di far luce anche l'Antiterrorismo italiana. Indagini per scongiurare che, dietro qualche migliaio di euro, un italiano possa dare le chiavi di casa nostra a un terrorista, pronunciando il fatidico 'sì'.

Casamonica, quel funerale umilia lo Stato e la Chiesa

Casamonica, quel funerale umilia lo Stato e la Chiesa

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Di sicuro, il clan dei Casamonica non era anonimo. L’Espresso – in una memorabile inchiesta che anticipava “Mafia Capitale” – gli aveva dedicato la copertina e un documentato articolo, annoverando un Casamonica fra i “Re di Roma” insieme a Carminati, Fasciani e Senese. E non è un caso che proprio la scritta “Re di Roma” campeggi sulla gigantografia che idolatra il capoclan Vittorio Casamonica, affissa fuori della chiesa del suo funerale. Un funerale che al clan per niente anonimo è servito per mostrare una volta di più la sua potenza arrogante.
Una carrozza barocca trainata da sei cavalli impennacchiati, un corteo di 200 auto, suv a profusione per le corone, un tappeto di petali di rosa sparsi da un elicottero, una fanfara per le musiche de il Padrino, 600 persone in gramaglie, un quartiere bloccato per ore, una rolls royce per portare la salma al Verano. Una sfida senza limiti di chi si crede onnipotente.
Se per qualificare quello dei Casamonica come un clan di stampo mafioso non bastassero tutte le attività criminali di cui parlano le cronache (spaccio, estorsione, usura, prostituzione, riciclaggio internazionale, controllo del territorio), basterebbe e avanzerebbe proprio un funerale come questo, che più mafioso di così non si potrebbe immaginare. Dunque, il funerale non è stato solo uno show grottesco, uno scialo di sfarzo kitsch. È stato una di quelle prove di forza che le organizzazioni mafiose esibiscono per affermare il mito della loro impunità. Come avveniva in carcere prima delle stragi del ’92. Perché soltanto dopo (il che significa che stiamo parlando di misure intrise del sangue di Falcone e Borsellino) lo Stato introdusse nel nostro ordinamento il 41-bis, dando segnali di vita.
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Al mafioso incarcerato viene applicato per la prima volta un regime di giusto rigore. Per anni, di fatto, egli aveva mantenuto lo status di boss operativo a tutti gli effetti, nonostante fosse in carcere. Viveva all’Ucciardone di Palermo, senza iperboli, ad aragoste e champagne. Che non era ovviamente una questione gastronomica, ma di affermazione persino nel carcere della supremazia della mafia sullo Stato. Una vergogna inaccettabile, la ragion d’essere del 41-bis: restituire al mafioso in carcere lo status di detenuto, che prima non aveva.
Anche il funerale di Vittorio Casamonica è stato organizzato per affermare la supremazia della mafia sullo Stato, umiliandolo. Ma a essere umiliata è stata anche la Chiesa. Non solo perché sulle gigantografie il “Re di Roma” era vestito da Papa, con tanto di croce al collo sull’abito bianco, così da rafforzare il vaticinio (anch’esso scritto fuori della chiesa) “ora regnerai anche in paradiso”; soprattutto perché ancora una volta si è consentito alla mafia di coltivare una sacralità atea, mediante i riti vuoti di un cattolicesimo tutto santini, devozioni ipocrite, confraternite e processioni, nascondendo sotto una crosta di falsa devozione la sua realtà blasfema, intrisa di violenza, prepotenza e sfruttamento.
E poi perché papa Francesco non voleva certo che le sua parole fossero disperse nel vento, quando ha bollato la mafia come un male che “va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no!… Coloro che nella vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Con la scomunica, Bergoglio ha voluto ricordare che il potere devastante, antiumano e antievangelico della mafia opprime l’uomo e ne sfigura la dignità. La scomunica è anche un severo monito alla Chiesa perché rinunzi alle passività e disattenzioni verso i boss che troppo spesso si son dovute registrare. Questo monito è cancellato, e la Chiesa ne esce umiliata, se il prete che ha officiato la messa funebre del boss sostiene che lui non si è accorto di nulla e comunque quel che accade fuori della sua parrocchia non può interessarlo.
Vero è che pochi minuti prima della celebrazione aveva saputo che il defunto era “il principe” (titolo che tra i Casamonica sembra intercambiabile con quello di re…), ma nel corso della messa non c’è stato “nessun gesto fuori posto” e la sua è stata “un’omelia neutra”. Ecco, proprio questa neutralità umilia la Chiesa, perché oltre alla scomunica cancella la direttiva di Francesco affinché sia reciso ogni rapporto ambiguo con i boss. Che se poi nella stessa parrocchia si nega il servizio funebre al povero Welby per una evidente “discomunione” rispetto alla dottrina cattolica, potrebbe il Vicariato spiegare – di grazia – come si possa non vedere almeno altrettanta “discomunione” in un funerale fatto apposta per ostentare una “muscolatura” tipicamente mafiosa?

Frode fiscale, negli Usa 27 anni in cella. In Italia impunità per legge

Frode fiscale, negli Usa 27 anni in cella. In Italia impunità per legge

Frode fiscale, negli Usa 27 anni in cella. In Italia impunità per legge
Giustizia & Impunità
In Florida, James Lee Cobb III è stato condannato per aver sottratto allo Stato 3 milioni di dollari, tra 2011 e 2013. L'uomo ha rubato settemila diversi numeri di previdenza sociale sociale, date di nascita e nomi rubati dai database digitali di ospedali
In Florida, Stati Uniti, certo James Lee Cobb III è stato condannato a 27 anni di prigione per frode fiscale. Si è fatto rimborsare 3 milioni di dollari cui non aveva diritto utilizzando documenti falsi. La frode fiscale italiana analoga a quella commessa da James Lee consiste nella emissione e utilizzazione di fatture false mediante società finte, appositamente create – in genere all’estero – per frodare l’Iva.
Il sistema è semplice. Delinquente, titolare di una Srl, Frodatrice, crea una società estera priva di risorse e di personale, un semplice recapito presso un commercialista che gli mette a disposizione un’impiegata; chiamiamola Fantasma. Compra merce a nome di Fantasma cui saranno intestate le fatture. Fantasma paga con il denaro di Delinquente. Però non paga l’Iva. Subito dopo rivende (con Iva) la merce a Frodatrice per un prezzo inferiore: la differenza è pari all’Iva non pagata. Frodatrice vende la merce in Italia a prezzo concorrenziale (può contare sul risparmio Iva di Fantasma) e si porta in detrazione l’Iva che finge di pagare a Fantasma; finge perché Fantasma e Frodatrice fanno capo sempre a Delinquente. Alla fine dell’anno di imposta Fantasma sparisce. Invano il Fisco straniero chiederà il pagamento dell’Iva: non c’è nessuno, soci e amministratori erano vecchietti ricoverati all’Ospizio. Frodatrice chiede al Fisco italiano il rimborso dell’Iva a credito o comunque si porta in detrazione quella che ha fatto finta di pagare a Fantasma. Tutto questo viene ripetuto N volte con società diverse aventi sede – questo è molto importante – in differenti città. E così si evadonomilioni di euro (altro che 3 milioni di dollari di James Lee).
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Cosa succede sul piano tributario? Il processo dura da 12 a 15 anni e, quando finisce, farsi dare soldi dalle varie Fantasma è impossibile: gusci vuoti. Farseli dare dalle Frodatrice anche; quando il Fisco arriva (a 3/4 anni di distanza dai fatti) sono fallite o in liquidazione. Delinquente è nullatenente. I soldi se li è spesi; barche, macchine e case sono intestate a società terze.
Resta la prigione, che non sarebbe poco. Ma la frode fiscale è punita con un massimo di 6 anni; se ripetuta, applicando l’art. 81 cp, si può arrivare a 18. Pura teoria, in tutta la mia vita di pm mai è stata inflitta una pena superiore a 4/5 anni; nel 90% dei casi, con un anno e 8 mesi e sospensione condizionale tutto andava a posto. Ma, si potrebbe giustamente dire, è colpa dei giudici: svegliatevi. Vero. Però sarebbe comunque tutto inutile perché la legge è studiata apposta per non far andare in prigione nessuno.
Prima di tutto c’è la prescrizione; 7 anni e mezzo dal momento in cui i reati sono stati commessi. Siccome li si scopre con accertamenti e verifiche di Fisco e GdF, la procura si attiva quando le arriva la notizia di reato: sono passati minimo 3 anni. Un sistema come quello descritto richiede rogatorie estere e indagini contabili (pensate alle migliaia di fatture e documenti bancari da esaminare) molto complesse. Meno di 2 anni per mandare a giudizio Delinquente non è possibile. Restano 2 anni e mezzo per primo grado, appello e Cassazione. Ma in genere in Tribunale è già prescritto tutto.
Poi c’è il giochino della competenza territoriale. Supponiamo che la frode venga scoperta a Torino, nel corso di una verifica a Frodatrice 1. Da qui, con indagini bancarie, perquisizioni e sequestri e un po’ di fortuna, si scoprono Fantasma 2, 3 e 4 e le corrispondenti Frodatrice; nonché i vari Delinquenti che compongono la banda, ognuno in una differente città. Bisogna spezzettare il fascicolo e mandare gli atti alle procure competenti per ogni domicilio fiscale di ogni Frodatrice: così dice la legge. Così il sistema complessivo non lo conosce più nessuno; ogni pm si deve fare le sue rogatorie (magari già fatte da un altro) e ripetere indagini. Oppure aspettare che il primo pm abbia finito e gli mandi copia di tutto quello che è stato fatto; poi l’indagine sarà integrata con quello che manca nel caso specifico. In questi casi la prescrizione matura nel corso delle indagini.
Ah, manca un pezzetto. Se si arriva a sentenza definitiva, 3 anninon si sconteranno: gli anziani di Cesano Boscone hanno molto bisogno di aiuto. Al massimo si andrà in prigione per i mesi eccedenti i 3 anni. Ma di sentenze così severe non ce n’è.
Tutto questo favorirà un tipo particolare di “crescita”. Gli imprenditori onesti in Florida o in altri posti del genere. E i Delinquenti in Italia. A pensarci bene è avvenuto da un pezzo.

Ictus, migliorare l'assistenza,la prevenzione e l'informazione

Ictus, migliorare l'assistenza,la prevenzione e l'informazione

di Brigida Stagno
Si chiama EIS (European Implementation Score) ed è un progetto, in parte del CNR, nato per valutare la differenza di incidenza, mortalità e disabilità dell'ictus in 10 paesi europei, tra cui l'Italia.I risultati dello studio, pubblicati ad agosto sulla rivista scientifica “Stroke”, l'organo ufficiale dell'American Heart Association, colloca il nostro paese al sesto posto, con una situazione migliore nel Nord e nel Centro. Nella penisola la malattia, prima causa di disabilità e seconda causa di morte e demenza nel mondo, colpisce 200.000 persone l'anno, mentre circa 1 milione di pazienti ne portano le conseguenze.Il 40 per cento dei pazienti colpiti muore o resta disabile in modo più o meno grave (emiparesi, disturbi del linguaggio, della deglutizione e dell'attenzione).

Il punto debole riguarda soprattutto l'assistenza, non adeguata per il 40% dei pazienti europei, probabilmente perchè gli interventi potenzialmente disponibili non sono del tutto sfruttati. Un dato è certo: la situazione è decisamente migliore nei Paesi in cui le Stroke Unit (unità dedicate al paziente con ictus) funzionano bene. In Italia ne servirebbero però almeno 300, contro le 150 esistenti, di cui solo l'11% al Sud.Se l'ictus è curato tempestivamente in queste strutture specializzate, le probabilità di sopravvivenza e di guarigione sono più alte: le Unità dedicate permettono la riduzione della mortalità e della grave disabilità rispetto ai reparti tradizionali.

Nello studio EIS il Belpaese raggiunge comunque punteggi medio-alti in 5 degli 11 indicatori analizzati (tra cui politiche nazionali, strategie educative, attività degli opinion leader, interventi complessi, organizzazioni di pazienti), contro gli 8 della Svezia e i 10 di Inghilterra e Scozia.

Gli ostacoli? Secondo Antonio Di Carlo, dell'Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr), sarebbero le poche risorse, la troppa burocrazia, la mancanza di una buona conoscenza della malattia e la resistenza ai cambiamenti, oltre alle carenze strutturali. Nel meridione la ricerca del CNR punta l'indice sull'insufficienza di normative, di campagne informative, di protocolli capaci di guidare il passaggio tra fase acuta, medicina generale e servizi riabilitativi.

Il risultato è che circa un milione di italiani porta le conseguenze di un ictus: dopo la dimissione dall'ospedale, solo due persone su dieci con serie conseguenze riesce a fare fisioterapia e logopedia per favorire la ripresa delle capacità motorie e del linguaggio. Anche la terapia occupazionale, finalizzata a aiutare il paziente nelle attività di ogni giorno, è carente, cosi come la psicoterapia, utile per curare la depressione che affligge dopo l'ictus fino al 30% dei malati.

La prevenzione, quindi l'informazione, è altrettanto fondamentale, soprattutto per rendere la malattia evitabile in 2 casi su 3: parte dall'individuazione e dalla cura dei fattori di rischio, dal riconoscimento dei campanelli di allarme e dalle terapie tempestive. Tra i fattori di rischio non modificabili ci sono l'età (più frequente dopo i 50 anni), il sesso (soprattutto quello maschile), l'ereditarietà, mentre tra quelli evitabili e curabili l'ipertensione, le malattie cardiache (fibrillazione atriale, valvulopatie, ischemia), l'obesità, il diabete, la presenza di placche aterosclerotiche dei grossi vasi, l'alimentazione sbagliata (con eccesso di grassi saturi, alcol e sale), l'alterazione dei grassi nel sangue, l'uso di contraccettivi orali (soprattutto quelli ad alto contenuto di estrogeni), il fumo e l'abuso di alcool e droghe.

Serve anche una migliore conoscenza delle manifestazioni dell'ictus ancora scarse, vale a dire la capacità di riconoscere i sintomi d'allarme, per non sottovalutarli e andare in ospedale o chiamare subito il 118. L'ictus può esordire anche in pieno benessere: debolezza o insensibilità improvvise di un braccio o di una gamba, sensazione e rilievo di avere la bocca storta, difficoltà a parlare o comprendere quello che viene detto, alterazioni della vista, difficoltà nella coordinazione dei movimenti e nell'equilibrio, mal di testa violento. E' importante però riconoscere e curare tempestivamente anche un T.I.A. (Attacco Ischemico Transitorio), che può precedere di qualche ora o giorno un ictus definitivo.

Rita Dalla Chiesa: "Perché difendo il capitano Ultimo.

Rita Dalla Chiesa: "Perché difendo il capitano Ultimo. Ostacolato ed esautorato per invidia"

Parla la popolare conduttrice tv, figlia del generale ucciso dalla mafia, in difesa del carabiniere che ha arrestatato Totò Riina: "Lui è un simbolo. E i simboli non si toccano"

Rita Dalla Chiesa: 'Perché difendo il capitano Ultimo. Ostacolato ed esautorato per invidia'
di Cinzia Marongiu   (@cinzia55555)
“Le battaglie mi hanno sempre appassionato. Non solo. Più sono scomode, più mi appassionano”: ride Rita Dalla Chiesa ma non è mai stata più seria. Da quando, tra il torpore agostano, è trapelata la notizia-bomba dell’esautoramento del capitano Ultimo dal comando operativo del Noe (il Nucleo carabinieri per la tutela dell’ambiente), l’account Facebook della figlia del generale Dalla Chiesa è diventato un terminale di appelli, denunce, idee, proposte in nome di un solo obiettivo: far tornare al suo posto l’uomo che ha arrestato Totò Riina, nonché il carabiniere più amato (e osteggiato) d’Italia. Appunto, battaglia scomoda. Ma non di certo battaglia persa. “Ultimo è un simbolo. È il carabiniere che sta dalla parte dei deboli, di chi soffre”.
In effetti lo sono, o dovrebbero esserlo, tutti i carabinieri. 
“Certo, è vero. Ma Ultimo è l’uomo che ha arrestato il capo di Cosa Nostra e che lo ha messo sotto il quadro di mio padre. Non lo dimenticherò mai. Per me toccare Ultimo è come toccare mio padre. Ecco perché quando ho letto la notizia della sua destituzione con una lettera firmata dal comandante Tullio Del Sette sono rimasta scioccata. Non potevo crederci. E per associazione di idee mi è venuto in mente mio padre”.
Perché?
“Amo l’Arma dei carabinieri, sono cresciuta nelle caserme. Anzi, le dirò di più, mi sento a casa nelle caserme e so anche di essere molto amata e stimata dall’Arma. Mio padre mi è venuto in mente perché gli uomini scomodi non sono mai amati dai poteri. Sono uomini che non guardano in faccia nessuno e che non si piegano. Ultimo è uno di questi. È un carabiniere anomalo che da 22 anni vive con un cappuccio in testa e rischia la vita ogni secondo perché gliel’hanno giurata. Naturale che nei suoi confronti ci siano invidie e gelosie. Le stesse che ha subìto mio padre. Quando lui era vivo, mi ricordo che c’erano un comandante dei carabinieri e un suo vice che lo detestavano. Mi ricordo anche, che a mio padre, l’uomo che combatteva le Brigate Rosse, fu sciolto il gruppo antiterrorismo. Invece di agevolarlo, invece di dargli più uomini, glieli tolsero. Come si chiama questo modo di procedere? Nella migliore delle ipotesi, invidia”.
Conosce personalmente Sergio De Caprio, nome in codice Ultimo?
“Sì, lo conosco e l’ho anche incontrato di recente. L’ho trovato combattivo ed entusiasta e ancora una volta mi sono stupita per l’enorme affetto che lo lega ai suoi uomini, che stanno con lui 24 ore su 24. Che vivono con lui, che si farebbero uccidere per lui. Come dimenticare quando qualche anno fa gli revocarono la scorta? Come dimenticare quando fu messo sotto accusa per non aver perquisito il covo di Riina, venendo poi completamente assolto, ma dopo un bel po’ di tempo? Certo, Ultimo è un ribelle, uno che non ama troppo le regole, uno che pensa ai risultati più che al rispetto della burocrazia, uno che di sicuro infastidisce. Ma io lo ammiro e mi auguro che quella lettera venga smentita, che il generale Del Sette con una dichiarazione ufficiale possa smentire ciò che a noi è sembrato di capire e possa ridare a Ultimo il comando operativo del Noe e soprattutto restituirgli tutte le importanti indagini di cui si stava occupando, dalle intercettazioni al riciclaggio internazionale. Ultimo è un carabiniere da strada, non da ufficio. Togliergli le indagini sul campo è come togliergli la vita. E, poi, francamente credo che sia uno dei nostri migliori investigatori. Perché privarsene? Tutto il resto appartiene al quaquaraquame che non fa bene né all’Italia né all’Arma”.
Lei ha anche firmato un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella insieme con i suoi fratelli Nando e Simona e con Raoul Bova, alter ego sullo schermo di Ultimo, e con il regista delle fiction su di lui, Michele Soavi. Avete avuto qualche risposta?
“Per ora niente, anche se vorrei precisare che io e i miei fratelli quella lettera non l’abbiamo materialmente firmata. Ma di sicuro ne condividiamo i contenuti e io avevo dato la mia disponibilità a sottoscrivere qualsiasi appello. E, a proposito del presidente della Repubblica, ora mi viene in mente che durante l’ultima votazione in Parlamento più volte è venuto fuori il nome “De Caprio”. Come non chiedersi quanto questa popolarità possa disturbare?”.
Una popolarità che accomuna Ultimo a suo padre , che anche dopo morto non è sempre ricordato come meriterebbe. Proprio nei giorni scorsi lei stessa è stata protagonista di un’altra battaglia che riguardava il penoso stato in cui era ridotta la lapide dedicata al generale Dalla Chiesa in via Carini a Palermo, laddove è stato ucciso. Questa volta andata a buon fine grazie all’intervento del sindaco Leoluca Orlando. Ma qual è la morale?
“La morale la vorrei sapere pure io. Sotto la lapide di mio padre c’era spazzatura e incuria. Quando l’ho vista mi è venuta la curiosità di andare sotto casa di Falcone e Borsellino. E lì ho trovato fiori e biglietti, amore e affetto. Ma come? Senza voler fare odiosi paragoni (anche perché io Falone e Borsellino li piango sempre e comunque), mi sono chiesta: perché mio padre no? Forse perché era un carabiniere? Forse perché era di Parma e non siciliano? Allora sono andata a comprare una bandiera italiana e con un pennarello ci ho scritto sopra “papà”. Quella dedica non era per il generale Dalla Chiesa, era per mio padre. “Darò fastidio a qualcuno?”, mi sono chiesta. Pazienza. D’altra parte mio padre si è fatto ammazzare per noi, per i siciliani, perché tutti si sentissero protetti nella legalità. La risposta del sindaco è stata immediata e fantastica. Mi resta una domanda: perché ho dovuto pensarci io?”.
E ora?
Ride ancora Rita. E scherza, ma non troppo: “Finchè non avrò un altro programma tv che mi tenga occupata nelle mie giornate così come accadeva con Forum, mi occuperò di altre battaglie. La prima? Quella per il pieno recupero della bellezza di Palermo, secondo me di gran lunga la più bella città d’Europa”. Il sindaco e i palermitani sono avvisati.

Expo, interdittiva antimafia alla società che ha allestito cluster e padiglione zero

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Mafie
La prefettura di Milano commissaria la Set Up Live di Torino. Da 30 anni si occupa di eventi. Sua la gestione dei concerti degli U2 della prossima settimana. Nel mirino i rapporti tra uno dei soci di minoranza, Lorenzo La Rosa, e alcuni personaggi della 'ndrangheta, emerso dagli atti dell'inchiesta San Michele. Dopo il via libera dell'Anac, già individuati gli amministratori che gestiranno la società fino al termine dell'esposizione universale
L’azienda che allestisce e fa manutenzione nei cluster Expo è nellablack list della Prefettura di Milano. Si chiama Set Up Live, azienda torinese che si occupa dell’organizzazione di eventi e della produzione di allestimenti. Ha ricevuto l’interdittiva antimafia il 6 agosto. Toglierle l’appalto? Impossibile: sarebbe compromessa la prosecuzione dell’esposizione universale. Così interviene l’Anac, l’Autorità anticorruzione, e scatta il commissariamento. L’azienda è in odor di mafia, ma l’Expo non può arrestarsi.
Set Up Live è importante a Torino. Organizza la gestione dei biglietti per i concerti degli U2 del 4 e 5 settembre nel capoluogo piemontese. Tutti i big sono suoi. Opera nel settore dell’intrattenimento da oltre 30 anni e vanta un parco clienti di prima linea: dal Comune di Torino alla Regione Piemonte, dal Comitato Italia 150 alla Juventus e, oltre quelli per la popolarissima band irlandese, organizza i concerti per artisti del calibro di Jovanotti, Ligabue, One Direction e Subsonica, per citarne alcuni.
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Solo un anno fa l’azienda si era aggiudicata il “rating di legalità”, ottenuto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel giugno 2014. L’amministratore delegato si chiama Giulio Muttoni: un uomo dalle mille vite. Ex dirigente dell’Arci, è stato il patron di Big Club, la più importante discoteca di Torino. Poi nel 2011 emigra a Milano per fondare la Set Up srl con un gruppo di fedelissimi. Ha buoni rapporti anche a Roma, con il neoassessore comunale (e senatore) Stefano Esposito, del Pd, oltre che nella politica torinese, con l’ex assessore allo Sport Elda Tessore.
Per Expo in un raggruppamento temporaneo di imprese con laTecnelit, la Set Up Live si è aggiudicata due importanti appalti, per un totale di circa 7,5 milioni di euro. Il primo per la fornitura e la realizzazione degli allestimenti interni di tutti i cluster del sito espositivo. Con una riduzione rispetto alla base d’asta del 32% le due aziende hanno vinto la gara con un’offerta di 3.289.000 euro. Il secondo per la realizzazione degli allestimenti del Padiglione Zero, il punto di partenza di chi mette piede all’interno dell’Expo. Sono bastati 4.266.000 euro e una riduzione del 23% sulla base di gara.
A far scattare il campanello d’allarme nella Prefettura di Milano sono stati nel luglio 2015 i risultati dell’indagine denominata “San Michele” sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti per la Tav. Si tratta di un filone di “Minotauro”, l’indagine madre che ha che ha scoperchiato gli interessi e la ramificazione della ‘ndrangheta in Piemonte.
Tra i 31 indagati di “San Michele” non compare nessun dirigente della Set Up Live, ma la società viene tirata in ballo in diverse occasioni. Soprattutto per il suo socio di minoranza (10%) Lorenzo La Rosa. Classe 1971, torinese. Oltre a possedere il 10% di Set Up, La Rosa è proprietario di un’altra azienda: la Crew E20, agenzia per la formazione di personale fieristico e per eventi, che con Set Up condivide la sede in via Filadelfia, a un passo dallo Stadio Olimpico. E’ lo stesso edificio occupato anche dalla Parcolimpico srl, la società mista pubblico-privato che ha in mano la gestione dei siti post Olimpiadi invernali.
Lorenzo La Rosa, fin dal ‘94 compare nei giornali insieme aLuigino Greco, classe 1968, torinese anche lui ma di origini calabresi. All’epoca erano risse da bar, in tempi più recenti è un caso di estorsione. Torino, marzo 2011. La Rosa è avvicinato da due ceffi che dicono di appartenere alla ‘ndrangheta: Adolfo Crea e Giacomo Lo Surdo. Intimano a La Rosa di regalare loro tutti i biglietti di cui hanno bisogno, perché li avrebbero rivenduti per fare cassa a sostegno dei familiari di chi è in carcere. L’aggancio tra La Rosa e i due è Luigino Greco, amico di vecchia data dell’imprenditore torinese. “Il prossimo che fanno loro (Set Up Live, ndr) è Jovanotti…ma ti ha già pensato, è tutto a posto”, dice Luigino Greco al suo boss di riferimento, Giacomo Lo Surdo. “Se non avesse dato loro biglietti omaggio relativi alle manifestazioni organizzate avrebbero sfondato la porta dell’ufficio”, scrivono i pm. Greco non si aspettava che trattassero così l’amico: pensava che il suo nome bastasse per proteggerlo. Lo Surdo però è un pezzo grosso: al processo Minotauro si prende 8 anni e un mese di reclusione, anche se ne sconta solo uno e mezzo perché era in carcere già con le stesse accuse per un’altra operazione. E’ uno degli uomini più in vista all’interno del clan Greco.
Quanto l’azienda torinese sia in rapporti con la ‘ndrangheta in Piemonte lo si capisce meglio dall’amministratore delegato di Set Up Live, Giulio Muttoni. E’ lui ad incontrare gli emissari del clan Greco negli uffici della società. “Caro. Confermati cassa accrediti. Un abbraccio e un bacio”, si legge in un sms di Muttoni, al quale Luigino Greco ricambia con lo stesso affetto: “Ti sono riconoscente…grazie di cuore. Il tuo amico”.
Le interdittive emesse dalla Prefettura di Milano dal 2011 a oggi sono 89, relative a 61 imprese su un totale di 625 società controllate. La Set Up Live se l’è vista recapitare lo scorso 6 agosto, subito dopo che l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) aveva dato il via libera al provvedimento ministeriale. La Prefettura nel frattempo ha già individuato gli amministratori che andranno a gestire la società da qui alla fine dell’esposizione universale.
Il capogruppo di Sel al consiglio comunale di Torino, Michele Curto, commenta così la misura presa dalla Prefettura di Milano: “Il provvedimento getta un’ombra inquietante su una società importante nel nostro territorio, che è stata fatta crescere sistematicamente e grazie soprattutto alla concessione di commesse pubbliche e che da anni agisce per conto dell’amministrazione comunale sui vecchi siti delle Olimpiadi invernali”. Curto, che già si era occupato della Set Up Live nel 2013 in merito alla loro quota di partecipazione nella Parcolimpico, società mista pubblico-privato nata per gestire i siti post-olimpici, afferma che “il nostro auspicio è che si chiariscano le cose al più presto”. A Torino così come a Milano.

PARASSITI INTESTINALI: SINTOMI E CURE

PARASSITI INTESTINALI: SINTOMI E CURE
di G. C.
È un grande errore pensare che i parassiti nell'intestino non possano essere un problema anche nostro. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ci sono almeno 3 miliardi di persone che ne soffrono e in tanti non lo sanno. Diagnosticare in tempo la presenza dei parassiti può aiutare a non ritrovarsi in situazioni davvero difficili: i parassiti, infatti, impediscono che il cibo che mangiamo venga assorbito correttamente dal corpo, impediscono un corretto smaltimento delle tossine rilasciate nel flusso sanguigno e possono portare a una occlusione intestinale.
Come accorgersi della presenza dei parassiti? Ecco alcuni sintomi da tenere sotto controllo:
- Voglia eccessiva di cibo o, al contrario, perdita di appetito
- Perdita di peso
- Mal di stomaco
- Stipsi, diarrea, o altri sintomi della sindrome dell’intestino irritabile
- Fluttuazioni di zucchero nel sangue
- Disturbi della pelle, come prurito acuto intorno al retto e ad altre parti del corpo, eruzioni cutanee
- Ansia e depressione
- Disturbi del sonno
- Dolori muscolari o alle articolazioni
- Fatica e stanchezza
- Carenza di ferro o anemia
- Disturbi del sistema immunitario con un numero eccessivo di infezioni batteriche, fungine o virali
- Diminuzione del desiderio sessuale
- Sangue nelle feci
- Nausea o vomito
Come prevenire e come curare la presenza dei parassiti?
- Mantenere sempre una buona igiene personale
- Seguire una dieta sana
- Fate bollire l’acqua se non si è sicuri della sua potabilità
- Lavare bene gli alimenti
- Affidarsi a trattamenti naturali a basi di erbe, come aglio, anice, prezzemolo, timo e foglie di olivo
- Fare una cura con i probiotici: Lactobacillus acidophilus, Lactobacilus plantarum, Saccharomyces boulardii, e bifidobatteri aiutano a mantenere l’apparato digerente sano
- Anche lo zinco aiuta lo sviluppo del sistema immunitario.
I nostri consigli, ovviamente, non sostituiscono il parere medico.