mercoledì 17 giugno 2015

Antonio Azzollini, richiesta d’arresto per il crac case di cura Divina Provvidenza

Antonio Azzollini, richiesta d’arresto per il crac case di cura Divina Provvidenza

Antonio Azzollini, richiesta d’arresto per il crac case di cura Divina Provvidenza
Giustizia & Impunità

Dieci persone in manette, tra cui due suore, accusate di associazione a delinquere nella bancarotta della casa di cura pugliese, che ha un buco di bilancio che ammonta a 500 milioni di euro. Chiesti domiciliari per il presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, già indagato per la presunta maxitruffa del porto di Molfetta. Lui: "Mi difenderò davanti ai giudici"
Richiesta d’arresto per Antonio Azzollini. C’è anche il senatore Ncd, già indagato per la presunta maxitruffa del porto di Molfetta, tra le dieci persone destinatarie del provvedimento di custodia cautelare della Procura di Trani per il crac della casa di cura “Divina Provvidenza”, con sedi a Bisceglie Foggia e Potenza, oggi in amministrazione straordinaria ai sensi della legge Prodi bis. Coinvolto nell’operazione della Guardia di Finanza denominata Oro pro nobisinsieme al presidente della commissione Bilancio al Senato anche il deputato Raffaele Di Gioia (Psi-Gruppo misto). In carcere sono finiti poi Dario Rizzi, 64 anni, ex direttore generale, Antonio Battiante, 43 anni, ex dg e amministratore di fatto dal 2010, e Rocco Di Terlizzi, anche lui amministratore di fatto ma dal luglio 2009. Ai domiciliari invece sono andati suor Marcella (all’anagrafe Rita Cesa, 74 anni), rappresentante legale pro tempore, suor Consolata (Assunta Puzzello, 72 anni), economa della Congregazione, Angelo Belsito, 68 anni, anche lui amministratore di fatto dal luglio 2009,Antonio Damascelli, 67 anni, consulente fiscale, Adriana Vasiljevic, 29 anni, e Augusto Toscani, 69 anni, collaboratori dell’ente ecclesiastico. A nove dei 10 destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare, la Procura contesta il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più reati. L’indagine, durata tre anni, si è articolata in numerosissime acquisizioni documentali, perquisizioni locali, accertamenti bancari, interrogatori di soggetti informati sui fatti, migliaia di intercettazioni telefoniche (tutte preziose nella ricostruzione dei fatti e delle responsabilità penali).
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BUCO DA 500 MILIONI DI EURO: 350 SONO DEBITI VERSO LO STATO
Le misure cautelari per il crac dell’ente ecclesiastico sono state adottate in relazione a numerosissimi reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta ed altri. L’effetto è stato un buco finanziario di 500 milioni di euro causato da spreco di denaro pubblico, assunzioni clientelari, bilanci falsificati (2011 e 2012), stipendi e consulenze d’oro, utilizzo di risorse tutt’altro che finalizzate alla cura dei malati. Tutto questo avrebbe portato, anno dopo anno, al crac della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, ovvero alla bancarotta fraudolenta dell’omonima Casa di cura per malati psichici con sedi a Bisceglie, Foggia e Potenza. E di quei 500 milioni, oltre 350 sono costituiti da debiti nei confronti dello Stato. L’ente è attualmente in amministrazione straordinaria. I finanzieri hanno sequestrato la somma di 32 milioni di euro circa e un immobile destinato a clinica privata a Guidonia (Roma). Il denaro e l’immobile, secondo l’accusa, sarebbero stati fittiziamente intestati ad altri enti ecclesiastici paralleli gestiti dalle suore della congregazione, nel tentativo di sottrarsi ai creditori e quindi anche allo Stato. Dei 500 milioni di euro a cui ammonta il crac delle Case di cura, oltre 350 milioni di euro sono rappresentati da debiti nei confronti dello Stato.
“ALCUNE SUORE HANNO RINNEGATO I CANONI FONDATIVI DELLA LORO MISSIONE”
“Stando a quanto si legge negli atti ufficiali della Congregazione – ha rilevato la Procura di Trani – il servizio pastorale delle Ancelle della Divina Provvidenza, consisterebbe nel prendersi cura delle persone colpite nelle facoltà intellettive e fisiche, privilegiando le aree di particolare necessità e di abbandono ‘per farsi voce di chi non ha voce'”. Le indagini hanno chiarito invece, secondo la procura, “che i nobili principi ispiratori della venerabile missione avviata dal Padre Fondatore ormai non sono altro che un lontano ricordo”. I fatti, del resto, a sentire chi indaga raccontano una storia diametralmente opposta. “Negli ultimi decenni si è invero assistito ad un lento ed incessante processo di secolarizzazione della Congregazione – è stato sottolineato – divenuta facile e ghiottapreda di poteri forti e di trame politiche; nel corso di questo processo involutivo le stesse Ancelle (o per lo meno, alcune di esse) sembrano aver completamente rinnegato i canoni fondativi della loro missione, rendendosi complici, quando non addirittura protagoniste di primo piano, dei gravi misfatti compiuti all’interno dell’ente”.
AZZOLLINI: “MI DIFENDERO’ IN TRIBUNALE”
Dopo la notizia che il sottosegretario del Nuovo centrodestraGiuseppe Castiglione risulta tra gli indagati per turbativa d’astanell’inchiesta per l’appalto del Cara di Mineo, il governo Renziincassa un nuovo colpo. Il presidente del Consiglio dice che la maggioranza è blindata, ma nelle scorse ore in Senato l’esecutivo è andato sotto perché tre senatori Ncd si sarebbero “confusi” e non avrebbero votato. Per alcuni un messaggio per far sentire il proprio peso, per altri un semplice disguido. Di certo con la richiesta di arresto per Azzollini la situazione si complica ancora. “Mi difenderò davanti ai giudici e nelle aule parlamentari per la parte che compete ad esse”, ha commentato Antonio Azzollini. Per lui, e per il Nuovo centrodestra, è solo l’ultimo di una lunga serie di problemi giudiziari. In Ncd fino a marzo scorso erano 19 su 54 (35 per cento) iparlamentari ad avere avuto problemi con la giustizia: da Piero Aiello a Roberto Formigoni. La Procura di Trani inoltre, a fine maggio scorso ha chiuso le indagini sulla presunta maxitruffa da 150 milioni di euro per la costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta. L’ex sindaco ed esponente di Ncd a Palazzo Madamaè tra i 48 indagati e gli vengono contestati tra gli altri i reati di associazione per delinquere, falso, abuso d’ufficio, truffa, frode in pubbliche forniture, rifiuto di atti d’ufficio, violazioni ambientali e paesaggistiche, minaccia a pubblico ufficiale, concussione per induzione. Per questo procedimento il Senato a dicembre scorso aveva negato l’autorizzazione a utilizzare le intercettazioni di Azzollini.

Lega, Salvini e le frasi choc: “Va dove lo porta il sondaggio”.

Lega, Salvini e le frasi choc: “Va dove lo porta il sondaggio”. I segreti dell’unico partito che vince: tv, facebook e salamella

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Elezioni 2015
Il Carroccio è l'unica forza politica che incrementa il proprio bacino elettorale. Qual è la ricetta? Temi urlati e scorretti, la continua distinzione tra amici e nemici, il mix tra messaggi semplici sui social network e parole d'ordine nelle feste di paese. L'analisi della comunicazione del leader nell'ebook "#ilMilitante"
È Salvini il degno erede di Berlusconi? A giudicare dall’avanzata della Lega Nord nel centro Italiaverrebbe da dire di sì. Le Regionali del 31 maggio hanno consegnato al Paese una geografia politica profondamente mutata, con un Carroccio che ha letteralmente cannibalizzato i voti di Forza Italia, riducendo al lumicino quella che un tempo era una spietata macchina da consensi. Non solo il partito guidato da Matteo Salvini è riuscito ad imporsi come prima forza del centrodestra in territori che non erano mai stati generosi con il simbolo dello spadone, ma è anche l’unico che, dati alla mano, sia uscito rafforzato dalla tornata elettorale. La Lega, grazie soprattutto all’avanzata nelle regioni rosse, si è messa in tasca un robusto saldo positivo (+402mila voti rispetto alle politiche del 2013, +256mila rispetto alle europee dello scorso anno). Un dato che assume ancora più corpo se si pensa al contesto di generaledisaffezione al voto in cui è maturato. Così la Lega incassa e gli altri lasciano sul terreno tonnellate di consensi.
Temi urlati e scorretti, capaci di solleticare l’immaginario dell’elettorato più frustrato da una contemporaneità che lascia sempre meno spazio alla ragione
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Ma dove nasce questo risultato? Il merito è ascrivibile in larga misura al frontman, Matteo Salvini, alla sua comunicazione diretta e senza mezzi toni. Un successo che arriva dalle felpe.Dalle parole scandite nelle piazze. Dagli scontri accesi con gli oppositori. Dai temi stessi scelti come terreno di battaglia con gli avversari. Temi urlati e scorretti, capaci di solleticare l’immaginario dell’elettorato più frustrato da una contemporaneità che lascia sempre meno spazio alla ragione e chiede soluzioni a portata di mano. Così contro i campi Rom si evocano le ruspe, contro i clandestini l’affondamento delle navi e via di questo passo. Un messaggio radicalizzato e spinto al limite che interpreta lo spirito del momento. La ricetta è semplice e replicabile: il leader si infila nella polemica giusta al momento giusto, la cavalca e riesce a trarne il massimo vantaggio. “A Salvini  piace insomma trasformarsi ed esibire i muscoli - si legge nell’ebook Matteo Salvini #ilMilitante scritto dal giornalista delilfattoquotidiano.it Alessandro Madron insieme a Alessandro Franzi (Ansa) – Da comunista ad amico dell’estrema destra. Da indipendentista a nazionalista. E come ogni leader ha bisogno di un palcoscenico”. Secondo i due “esperti di Carroccio” “c’è chi dice, parafrasando il celebre titolo di un libro di Susanna Tamaro, che lui va non dove lo porta il cuore ma il sondaggio del momento. O, da un altro punto di vista, lui va dove lo porta il suo fiuto politico che ricorda molto quello di Bossi. Chiunque osservi le sue acrobazie all’insegna del politicamente scorretto gli dà atto di saper fare bene una cosa soprattutto: vendere se stesso e la sua merce politica dove occorre, quando conviene e nella quantità che chiede il suo pubblico. Tutte le idee collezionate in oltre vent’anni di attività politica si traducono in un uso massiccio di parole d’ordine schierate con nettezza. Che mobilitano e danno scandalo allo stesso tempo. O di qua o di là, appunto. Non si potrebbe dunque spiegare l’ascesa politica del giovane leader della Lega se non si mette la sua storia di militante sul palcoscenico – reale e virtuale – che calca quotidianamente davanti agli occhi degli italiani”.
Nel libro Madron e Franzi, oltre alla ricostruzione biografica del leader che ha resuscitato la Lega, cerca di analizzare  in maniera critica, concreta e compiuta – e liberandosi dal pregiudizio – i modi e i contenuti della comunicazione salviniana, vera chiave di lettura del suo successo elettorale. Un leader apparentemente senza qualità, senza esperienza e senza meriti particolari, che è riuscito a resuscitare la Lega, partito dato per morto dai più, che oggi, dopo aver cambiato pelle, incarna le ambizioni della destra italiana meglio di qualunque altra forza politica. Le parole d’ordine del Salvini-pensiero girano tutte intorno alla “distinzionetra amici e nemici. Nessuna via di mezzo”. Insomma, con lui o contro di lui. Parole che “non si comprenderebbero abbastanza senza i toni scelti per propagandarle”. È infatti “con frasi dure, sconvenienti e scioccanti che il leader della Lega rende visibile questa netta divisione fra amici e nemici. L’Unione Europea? È ‘il quarto Reich, i nuovi nazisti’. O è anche, in altre occasioni, ‘l’Unione sovietica europea’, la dittatura tecnocratica”.
In questo solco si innestano anche i toni usati per parlare di altri temi, come l’immigrazione di massa e le politiche d’accoglienza. È qui che “Salvini dà il meglio o il peggio di sé”. Nell’analisi de #ilMilitante si ricorda: “Quando nel canale di Sicilia, il 19 aprile del 2015, un barcone si è rovesciato in mare provocandopiù di 700 vittime, ha attaccato il governo non appena erano iniziati i soccorsi: ‘Altri morti sulle coscienze dei falsi buonisti, di Renzi e Alfano’, premier e ministro dell’Interno. “Bisogna fare un blocco navale internazionale subito, per bloccare le partenze”. ‘Un raccapricciante cinismo’, l’ha definito il leader di Sel,Nichi Vendola. Il partito del premier Renzi ha dato a Salvini dello ‘sciacallo’. A lui non sembra importare. Anzi, più lo attaccano, più si rafforza. E allora alla provocazione aggiunge provocazione: Salvini veicola i toni forti in ogni modo e con ogni mezzo. È proverbiale la sua massiccia presenza mediatica, ma non si limita a questo. Ci sono anche i comizi, le feste della Lega, gli appuntamenti tradizionali durante i quali incontra la base e rinverdisce quel rapporto fatto di pane e salamelle. Il quadro però non sarebbe completo senza considerare l’aspetto più caratteristico della sua comunicazione: l’uso compulsivo ma tecnicamente efficace dei social network, Facebook su tutti. “È da li che ha lanciato frasi scandalose come quella di non far attraccare i barconi dei migranti a Lampedusa o quelle contro gli avversari politici da prendere “a calci nel culo”. Dichiarazioni fatte con slang giovanile e l’aria scanzonata da bravo ragazzo che, propagate dal pubblico, diventano scazzottata tra fazioni rivali, fino a raccogliere gli sfoghi più viscerali”.
“Su Facebook un terzo degli italiani si collegano ogni giorno: spesso persone che non sanno di avere Internet ma usano i social network, magari dal telefonino: l’Italia è quella del 20% di analfabeti funzionali che formano l’opinione ascoltando messaggi semplici”
E a questo proposito ne #ilMilitante è stato raccolto il punto di vista di Stefano Epifani, docente di social media management all’università La Sapienza di Roma, che spiega che “il nostro è un Paese di periferie e di piccoli comuni. Su Facebook ci sono 20 milioni di persone, un terzo della popolazione italiana che si collega quotidianamente. Spesso si tratta di persone che non sanno di avere Internet ma usano i social network, magari dal telefonino: l’Italia è questa, è quella del 20% di analfabeti funzionali che formano la propria opinione guardando un video e ascoltando messaggi semplici. E queste sono le persone che Salvini intercetta meglio: se il suo target fosse un altro, farebbe discorsi diversi”.
Insomma, Salvini arriva sempre diretto e limpido: “La sua strategia comunicativa trova successo nell’offrire messaggi brevi e comprensibili a tutti. Colpisce dove deve colpire. È quello che gli serve, anche se poi questo genere di messaggi raramente finisce in profondità ma resta sulla superficie dello slogan”. Ed è forse proprio questa superficialità del messaggio la cifra più marcata dell’agire salviniano. Una modalità comunicativa che, in un’epoca di crisi economica e ideologica, riesce a fare breccia nell’immaginario di una platea sempre più vasta. E dopo il voto del 31 maggio la teoria è stata confermata dalla prova delle urne.