Roma, 24 marzo 2016 - E' finalmente arrivata la sentenza del Tribuinale penale internazionale per
Radovan Karadzic: l'ex leader politico dei serbi di Bosnia, è stato
condannato a 40 anni.
E' stato riconosciuto colpevole di 10 capi d'accusa per crimini contro
l'umanità, crimini di guerra e per il genocidio di Srebrenica (una delle
pagine più buie dell'Europa dalla Seconda Guerra Mondiale). E' stato
giudicato è stato giudicato colpevole anche per la campagna di
bombardamenti e assedio della città di Sarajevo. Il tribunale dell'Aja
lo ha assolto da uno dei due capi d'accusa per genocidio. Il principale
legale di Karadzic ha annunciato ricorso contro la sentenza.
L'ASCESA E L'IDEOLOGIA - Radovan Karadzic è
originario del Montenegro
dove nacque il 19 giugno 1945, nel paesino di Petnjica sul monte
Durmitor. A 15 anni Karadzic si trasferì con la famiglia a Sarajevo,
dove più tardi si laureò in medicina specializzandosi poi in
psichiatria. È sposato con Ljiljana Zelen, psichiatra come lui, dalla
quale ha avuto due figli Sasa e Sonja. A
ll'inizio degli anni '90,
alla vigilia delle prime elezioni pluripartitiche, Karadzic, poeta da
strapazzo con il vizio del gioco d'azzardo e una indagine per truffa
alle spalle, fa la sua apparizione dal nulla nella vita politica
bosniaca. Con grande sorpresa dei non pochi amici e colleghi musulmani e
croati, che lo ricordano come persona gentile, viene nominato leader
del neo costituito Partito democratico serbo (Sds) per decisione,
afferma, del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, e si erge
improvvisamente, lui montenegrino, a paladino del nazionalismo serbo più
radicale e a sostenitore di Milosevic nel suo disegno di dar vita ad
una 'Grande Serbia'.
VOLTO SIMBOLO DELLA GUERRA - Il 12 maggio 1992 è
eletto presidente dell'autoproclamata repubblica serba di Bosnia
e nei due anni successivi si pavoneggia spesso con indosso la mimetica e
diventa uno dei volti simbolo dei più cruenti capitoli della guerra,
dall'eccidio di oltre 8.000 musulmani di Srebrenica nell'estate del
1995, ai ripetuti cannoneggiamenti di Sarajevo, a campi di
concentramento nella zona di Prijedor, e tanti altri casi di massacri,
stupri, torture, saccheggi e pulizia etnica in tutta la Bosnia. Prima
della fine della guerra, il 25 luglio 1995, il Tpi lo incrimina assieme
al suo braccio militare,
Ratko Mladic, per genocidio,
crimini di guerra e crimini contro l'umanità per fatti commessi tra
l'aprile del 1992 e il luglio del 1995. Ignora il mandato d'arresto e
rimane con la famiglia nella sua casa di Pale, la sua capitale,
nonostante la taglia di 5 milioni di dollari messa dagli Usa. Anche
quando, dopo la firma dell'accordo di pace di Dayton, arrivano in Bosnia
i 60.000 soldati della Nato che nei primi anni hanno il compito di
arrestarlo solo "se lo incontrano per caso".
LA
LATITANZA E L'ARRESTO - Il 27 giugno 1996, comincia all'Aja il processo
in contumacia e il Tribunale emette un secondo mandato di cattura.
Sotto le pressioni di Belgrado e dell'Occidente perché esca di scena,
Karadzic abbandona ogni incarico e si dà alla latitanza. Al processo
affermerà di avere ottenuto una promessa di immunità da parte degli Usa.
Prima dell'arresto,
sfugge più volte alla cattura da parte della Nato.
Il caso più clamoroso risale all'estate del 1997 quando sarebbe stato
aiutato a fuggire da un ufficiale francese, il maggiore Hervè Gourmelon.
Viene
arrestato dopo 12 anni di latitanza, il 21
luglio 2008, a Belgrado, dove viveva da diversi anni muovendosi
liberamente e impartendo lezioni di medicina alternativa in giro per il
Paese presentandosi come "Dragan David Dabic, psichiatra di Belgrado".
Quella falsa identità e l'aspetto di santone lo rendeva difficilmente
riconoscibile, nascosto sotto una folta barba e capelli bianchi e
lunghi: un cambiamento d'immagine semplice ed efficace, studiata a
tavolino con l'aiuto dei servizi serbi.