giovedì 31 luglio 2014

Riciclaggio, sono estraneo alla vicenda

Riciclaggio, sono estraneo alla vicenda
Mauro Brandani

IN merito all'articolo pubblicato il 17 maggio 2013 dal titolo «Riciclaggio, arrestato giudice del Tar. Il faccendiere: ho entrature nello Ior» e in merito alla smentita del dottor Cipriani pubblicata il 21 maggio 2013, in cui si ripete la circostanza del mio arresto, dichiaro che non sono mai stato arrestato, né indagato e che sono totalmente estraneo alle vicende riportate.

CONOSCERE I BENI CULTURALI, IL PROGRAMMA DI AGOSTO A TERRACINA

CONOSCERE I BENI CULTURALI, IL PROGRAMMA DI AGOSTO A TERRACINA
Un'altra iniziativa da non perdere, alla scoperta delle bellezze della città. La Sede di Terracina dell'Archeoclub d'Italia, nell'ambito dell'iniziativa denominata "Conoscere i Beni Culturali", da oltre 20 anni realizza nel periodo estivo, in particolare nei mesi di luglio e di agosto, un apposito programma di visite culturali per promuovere la conoscenza del patrimonio archeologico, storico-artistico e monumentale della città.
Ripartono quindi da venerdì 1° agosto, i fine settimana culturali con l'Archeoclub di Terracina. Che propone per il mese di agosto un viaggio indietro nel tempo: dalla città antica alla città moderna, passando per la città medievale.
Le visite infatti interesseranno sia percorsi generali che tematici e saranno articolate cronologicamente secondo i periodi storici di appartenenza: l'età antica, l'età medievale e l'età moderna.
Al visitatore, turista o non, la scelta e l'alternativa sui percorsi proposti, secondo il proprio interesse e le proprie esigenze di conoscenza della città storica.
Il primo appuntamento con la storia e con l'arte è per venerdì alle ore 18.30 a piazza Municipio, su Terracina Alta.
La durata della visita è di due ore.

E per le visite è previsto un contributo di 3 euro, esclusi i bambini fino a 10 anni.

Terracina, torna il Festival delle Birre Artigianali

Terracina, torna il Festival delle Birre Artigianali

festa birraTorna, dopo l’enorme successo dello scorso anno, l’originale manifestazione brassicola del litorale pontino con solo birrifici artigianali: unica nel suo genere, nel cuore dell’estate terracinese, al centro della città.
Ad organizzarla l’associazione culturale Anxur-Festival Terracina, che per l’occasione ha invitato a piazza Mazzini birrifici da ogni parte d’Italia, qualcuno verrà anche oltre i confini nazionali, solo per farvi assaporare alcune tra le migliori birre artigianali.
La parte culinaria sarà curata dalla condotta locale di Slow Food, che vi permetterà di gustare gli ottimi prodotti locali garantendone la qualità.
Non mancheranno corsi degustativi, musica, mostre, spettacoli ed intrattenimento.
Per conoscere i birrifici che saranno presenti, i gruppi che suoneranno, gli artisti che si esibiranno, quelli che esporranno e tutto il programma continuate a seguirci.
Ci sono diversi modi di fare le cose. Infinite combinazioni per arrivare ad un risultato. Così è anche per la birra. Le birre non sono tutte uguali. Pochi ingredienti declinano in migliaia di sfumature. Se ne trovano tante quante sono le persone. E come le persona hanno carattere, colore, corpo e … chi le conosce bene lo sa, anche un’anima! Ci sono diversi modi di fare la birra quindi, siamo d’accordo. Ma una buona birra la riconosci. E subito. Ancor prima di assaggiarla. Perché per quanto diverse possano essere, ci sono ingredienti che accomunano tutte le birre di qualità superiore: Amore , Passione, Tradizione e Cultura.
In Birra è il primo evento che da ampio risalto alla realtà della Birra Artigianale presente nel nostro territorio. Una grande occasione per condividere e mettere a confronto i diversi punti di vista su questo mondo variegato e sempre più in “fermento”. E sì, perché sono sempre di più gli appassionati che apprezzano questi prodotti e si cimentano nella produzione artigianale.
In quattro date potrete conoscere le varie tecniche di fermentazione, miscelazione degli ingredienti, abbinamenti culinari e tutto quello che potrà emergere dall’incontro tra produttori artigiani e consumatori appassionati.
Terracina sarà la città che ospiterà gli stand dei vari produttori concentrati nello spazio di Piazza Mazzini che diventerà, per l’occasione, Il contesto ideale dove acquistare e degustare i prodotti che meglio incontreranno i gusti di chi si lascerà coinvolgere da un ambiente conviviale e frizzante.

Nipaf e Capitaneria di nuovo sul Sisto

Nipaf e Capitaneria di nuovo sul Sisto, altri sequestri e denunce


nipaf sistoQuesta mattinata Nipaf e Capitaneria di Porto sono ritornati sul Sisto, tra Terracina e il Circeo, e hanno apposto nuovi sigilli, ancora una volta nell’ambito dell’inchiesta del sostituto procuratore Giuseppe Miliano. Dopo i 4 sequestri di ieri, disposti con decreto urgente dal pm, questa mattina ne sono arrivati degli altri, cinque per l’esattezza, per occupazione abusiva di suolo demaniale per la mancata autorizzazione a terra, anche se i diportisti in questione sono titolari della concessione dello specchio acqueo.
Sempre questa mattina i sigilli hanno riguardato anche altri due ormeggi  sprovvisti della necessaria concessione per operare; addirittura in uno dei due casi l’attività di attracco sarebbe stata completamente abusiva.sisto
Tra ieri e oggi le persone indagate risultano 11, e visto il momento particolarmente ‘caldo’ l’inchiesta potrebbe avere anche ulteriori risvolti.
Intanto la Nautica Sisto, uno degli ormeggi sequestrati oggi perchè, secondo gli inquirenti, avrebbe occupato abusivamente il suolo demaniale non avendo l’autorizzazione a terra, ci tiene a precisare che “il sequestro è motivato dal mancato rilascio, in sede di rinnovo, della concessione relativa  ad una striscia di sponda fluviale sulla quale poggiano i pontili oggetto della concessione, in quanto catastalmente le relative particelle risultano ancora intestate  all’ ex O.N.C.(Opera Nazionale Combattenti), ancorché  tali beni siano stati per legge trasferiti al patrimonio della Regione Lazio.
sisto1La società Nautica Sisto ha proposto ricorso al T.A.R.  del Lazio il quale, con la sentenza n° 513/2014 del 3 luglio 2014, ha ordinato alla Regione Lazio di provvedere sull’ istanza di rilascio di concessione proposta dalla ricorrente entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento.
Canale Sisto
Canale Sisto
Con tale sentenza il TAR ha sottolineato che la Regione Lazio, a prescindere dalla formale intestazione delle particelle catastali, non può rifiutare di esercitare i propri poteri sulle stesse e che “ ben avrebbe potuto accogliere l’ istanza del 10/10/2013” al momento del rinnovo delle concessioni, dato che le procedure per la formale intestazione non incidono sulla validità della concessione ma attengono esclusivamente a profili di regolarità del procedimento di trasferimento dei beni. Attualmente la regione Lazio ha avviato le procedure per ottemperare a quanto disposto dal TAR del Lazio e la nautica Sisto soc. coop., in un momento di diffusa crisi economica, sta subendo, a causa di tali avvenimenti, ingenti ed ingiusti danni, patrimoniali e d’immagine, pur essendosi sempre attenuta a quanto disposto dall’ autorità regionale ed avendo attivato per tempo la procedura volta al rinnovo anche della concessione oggetto dell’ attuale procedimento penale”.
Una cosa è certa: le acque del Sisto sembrano destinate a non calmarsi mai.

Terracina, il comandante tra indagini e rischio rimozione.

Terracina, il comandante tra indagini e rischio rimozione. Intanto la pistola rubata ricompare a Casal di Principe


Il comandante Vincenzo Pecchia
Il comandante Vincenzo Pecchia
Quando lo scorso settembre ignoti topi d’appartamento gli rubarono la pistola d’ordinanza, soltanto quella, lasciando stare soldi e oggetti preziosi che erano a portata di mano, qualcuno gli aveva detto che si era trattato sicuramente di un atto intimidatorio e che presto o tardi l’arma sarebbe stata ritrovata.
Così era accaduto circa due mesi dopo, quando il comandante della polizia locale di Terracina Vincenzo Pecchia era stato informato dai carabinieri che la sua pistola, completa di tutti i colpi che quella sera aveva nel caricatore, era stata ritrovata per strada, nella zona di Casal di Principe.
I due episodi, furto e ritrovamento, erano accaduti alla fine di un periodo che aveva visto la polizia locale di Terracina impegnata in indagini molto particolari, come quella relativa alle spiagge comunali, con i tanto ‘chiacchierati’ sequestri di ferragosto, e quella intorno alla piscina comunale, inchieste entrambe delegate dalla magistratura. Indagini alle quali ne sono seguite delle altre, tra le più recenti quella relativa alla costruzione del McDonald’s sulla Pontina.
Ma tornando all’anno scorso, è proprio quel 2013 sul quale l’Organismo indipendente di valutazione ha ‘bocciato’ Vincenzo Pecchia con un secco 20 su 100, quello stesso comandante che l’anno prima aveva ricevuto sempre dall’Oiv un eccellente 100 su 100. Cosa è successo nel frattempo? A domandarselo è lo stesso comandante che, tramite il suo avvocato, ha chiesto l’accesso agli atti per capirci di più.
Intanto, però, non ha intenzione di restare con le mani in mano in attesa che si compia il suo destino da comandante della polizia locale di Terracina (destino, tra l’altro, che sembrerebbe prossimo) e ha inviato una dettagliata nota al sindaco Nicola Procaccini ricordando una serie di cose tutt’altro che minimali, dalla cronica carenza di organico a disposizione alla mancanza di una “preventiva concertazione finalizzata a definire mezzi, personale e budget per il raggiungimento degli obiettivi” alla “carenza di un sistema lineare nell’assegnazione del PEG (Piano Esecutivo di Gestione) con relativo budget”.
*Comune di Terracina*
*Comune di Terracina*
Ma oramai la stagione di Vincenzo Pecchia volgerebbe al termine, se sono vere quelle voci sempre più insistenti di una sua rimozione e spostamento nella Protezione Civile. Ci sarebbe pronto anche già il nome del suo probabile, e papabile, sostituto, una donna proveniente dalla polizia locale di Latina. Una rimozione che sarebbe caldeggiata da qualcuno dei piani alti e contro la quale il comandante sarebbe pronto a sporgere una denuncia anche in sede penale, ampia giurisprudenza alla mano.

mercoledì 30 luglio 2014

VOLEVA NUOVE SUPERFICI PER IL PASCOLO, ARRESTATO L’AUTORE DEGLI INCENDI BOSCHIVI

VOLEVA NUOVE SUPERFICI PER IL PASCOLO, ARRESTATO L’AUTORE DEGLI INCENDI BOSCHIVI
di Rita Cammarone
Arrestato il presunto responsabile degli incendi boschivi divampati l’estate scorsa a Maenza, località Le Rose. Si tratta di Roberto Frattarelli, 32 anni del posto. L'uomo si trova ora agli arresti domiciliari, disposti con ordinanza di misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Latina in ordine al reato di incendio boschivo doloso ed eseguita, questa mattina, questa mattina dal personale forestale del Comando Provinciale di Latina, del NIPAF e del Comando Stazione del Corpo Forestale di Priverno.
L'inchiesta
Il provvedimento del Tribunale è scaturito dall'esito delle indagini dei forestali, coordinate dal PM Valerio De Luca. Gli accertamenti, scattati a seguito degli incendi boschivi sviluppatisi il 3 luglio e il 14 agosto 2013 a Maenza, si sono protratti diversi mesi ben oltre la fine della campagna AIB 2013, ed ha interessato diversi ambiti operativi: ad una prima fase di osservazione che ha riguardato l'area oggetto d'incendio, hanno fatto seguito diverse attività tecniche che hanno permesso di definire un chiaro quadro indiziario.
Gli indizi
Decisivo è stato però il rinvenimento, sul luogo degli incendi, di particolari ordigni costituiti da un fascio di fiammiferi tenuti insieme mediante nastro adesivo. Su tali ordigni, individuati attraverso il Metodo delle Evidenze Fisiche (procedimento che permette di ricostruire l’evoluzione di un incendio attraverso lo studio del suo comportamento e delle tracce lasciate, fino alla determinazione del punto di origine) ed accuratamente repertati, sono state effettuate ricerche di tracce organiche al fine di amplificarne il DNA e che hanno dato esito positivo. La traccia così individuata, confrontata con quella degli indagati tutti appartenenti alla famiglia dell'arrestato, prelevata da personale del Corpo Forestale, con il fondamentale ausilio di mezzi e personale della Polizia Scientifica della Questura di Latina, ha permesso di confermare l'ipotesi secondo la quale l'arrestato ha rilasciato delle tracce biologiche sul nastro adesivo dell'ordigno.
Il movente
Secondo gli inquirenti le motivazioni del gesto andrebbero ricercate nell'obiettivo di ottenere nuove superfici di terreno da destinare all'esercizio del pascolo, anche se in realtà le aree percorse dal fuoco sono interdette per legge dai 5 ai 10 anni a seconda del tipo di vegetazione andata distrutta.
Il precedente arresto in famiglia
Nel 2007 il fratello di Roberto Frattarelli, Gianni, è stato colpito da analoga misura cautelare per lo stesso tipo di reato. L’attività investigativa ha messo in evidenza una "strategia", che denota una pianificazione accurata del nucleo familiare in ordine a questo tipo di attività criminale. A distanza di sette anni, gli inquirenti hanno accertato, lo stesso modus operandi nel provocare gli incendi boschivi in quell'area e medesimo è stato l'esito dell'attività investigativa, dato che anche il precedente arresto di Gianni Frattarelli, avvenne grazie all’analisi del DNA. L’attività investigativa relativa agli incendi dell'estate scorsa, quindi, avrebbe messo in evidenza una "strategia", che secondo gli inquirenti denoterebbe una pianificazione accurata del nucleo familiare in ordine a questo tipo di attività criminale.
I dettagli dell'operazione
Nella tarda mattinata di oggi, presso il Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Sato, si è tenuta una conferenza stampa sui dettagli dell'operazione che ha portato all'arresto di Roberto Frattarelli. Presenti: il vicecomandante regionale, primo dirigente Felice Di Lucente; il comandante provinciale, primo dirigente Giuseppe Persi; il comandante del NIPAF (Nucleo Investigativo della Forestale), commissario capo Vittorio Iansiti; il comandante della Stazione Forestale di Priverno, ispettore superiore Claudio Maceroni; gli agenti che hanno preso parte alle indagini. È stato messo in luce l'operato degli agenti impegnati sul territorio in cui si sono verificati i due incendi in questione e che hanno distrutto la vegetazione su una superficie complessiva di una sessantina di ettari di terreno demaniale. Attraverso la loro costante presenza in loco sono emersi i primi sospetti nei confronti di Frattarelli che, quindi, è stato posto al centro di un'attività investigativa più stringente. Con una Lancia Y, l'uomo era stato visto spesso spostarsi nella zona, in orari ben precisi. Motivo per cui lo stesso è stato sottoposto ad intercettazioni. Quando sulla scena del crimine sono state rinvenute le tracce organiche da cui è stato estratto un profilo di DNA, gli investigatori sapevano già con quello di chi avrebbero potuto confrontarlo. Autorizzati ad effettuare il tampone per il prelievo su Frattarelli, l'esito del confronto è stato positivo. Dunque, l'ordinanza cautelare degli arresti domiciliari eseguita questa mattina.
La collaborazione con il NIAB
Per le investigazioni scientifiche gli agenti del NIPAF di Latina si sono consultati costantemente con il NIAB (Nucleo Investigativo Antincendi Boschivi), ma a repertare sulla scena del crimine sono stati anche gli agenti "specialisti" del comando provinciale e del NIPAF. Nel corso della conferenza stampa di oggi, il commissario capo Iansiti, ha voluto ricordare l'assidua consulenza con il NIAB di Roma e in particolare con il sovrintendente capo Amato Patrone, venuto purtroppo a mancare a marzo scorso. Ed è proprio a lui che è stato dedicato l'esito positivo di queste indagini.
Il catasto delle aree percorse dal fuoco

I forestali sperano che l'arresto di Frattarelli serva da monito a coloro che, soprattutto in estate, non mostrano alcun scrupolo nell'incendiare la macchia e i boschi con conseguenze gravissime per l'ambiente. Ambiente che nel tempo può ricomporsi se lasciato per così dire in pace. A questo serve il catasto delle aree percorse dal fuoco che tutti i Comuni dovrebbero avere per poter escludere assegnazioni di queste aree anche al solo uso del pascolo. In mancanza i Comuni potrebbero avvalersi alla mappatura che la Forestale si è fatta attraverso i rilievi dall'alto e formalizzare gli atti attraverso apposite deliberazioni.

DROGARSI PER LAVORARE: LA “NEO-SCHIAVITÙ” DEI BRACCIANTI SIKH

DROGARSI PER LAVORARE: LA “NEO-SCHIAVITÙ” DEI BRACCIANTI SIKH ALLE PORTE DI ROMA
Premessa. Un esercito silenzioso di uomini piegati nei campi a lavorare a volte tutti i giorni senza pause. Raccolta manuale di ortaggi, semina e piantumazione per 12 ore al giorno filate sotto il sole, chiamano padrone il datore di lavoro, subiscono vessazioni e violenze di ogni tipo. Quattro euro l’ora nel migliore dei casi, con pagamenti che ritardano mesi, e a volte mai erogati, violenze e percosse, incidenti sul lavoro mai denunciati e “allontanamenti” facili per chi tenta di reagire. Persone che per sopravvivere ai ritmi massacranti e aumentare la produzione dei “padroni” italiani sono letteralmente costretti a doparsi con sostanze stupefacenti e antidolorifici che inibiscono la sensazione di fatica e stanchezza. Una forma di doping vissuto con vergogna e praticato di nascosto perché contrario alla loro religione e cultura, oltre a essere severamente contrastato dalla propria comunità. Eppure per alcuni lavoratori sikh si tratta dell’unico modo per sopravvivere ai ritmi di lavoro imposti, insostenibili senza quelle sostanze.
È la drammatica condizione che vivono molti uomini della comunità sikh dell’Agro Pontino, alle porte della Capitale. Ai margini delle strade che circondano il Parco Nazionale del Circeo, luogo di incontro di ecosistemi, biodiversità, storia, leggende e di villeggiatura della “Roma bene”, della politica e dell’imprenditoria, migliaia di “nuovi schiavi” vedono scorrere la loro vita praticando un lavoro faticoso, disumano, inimmaginabile per una società che si definisce civile e un Paese democratico. In un’area dove la presenza delle mafie è radicata anche nel mondo agricolo e imprenditoriale, che vede spesso dominare il lucroso business delle ecomafie, favorito da intimidazioni a istituzioni, imprenditori, forze dell’ordine e a magistrati, si consolida con metodi antichi e violenti la nuova schiavitù: esseri umani umiliati, sfruttati, non pagati e costretti a doparsi per accrescere i profitti del padrone.
Una comunità che per cultura, religione e indole risulta accogliente, pacifica e dedita al lavoro, che subisce in silenzio lo sfruttamento cui è sottoposta, che auspica l’intervento delle istituzioni per fermare un sistema che implicitamente, e a volte esplicitamente, impone sostanze dopanti ai suoi nuovi schiavi, con danni alla salute, alla dignità personale, all’identità e integrità dell’intera comunità.
Una nuova forma di riduzione in schiavitù intercettata da In Migrazione intervistando i braccianti indiani nella zona agricola in provincia di Latina: l’assunzione di sostanze dopanti per non sentire la fatica e il dolore, per sopportare meglio la malattia, per osservare i ritmi imposti dal padrone e riuscire a sopravvivere.
Quella dell’agro pontino è la seconda comunità sikh d’Italia per dimensioni e rilievo. La richiesta di forza-lavoro non qualificata e facilmente reperibile da impiegare come braccianti nella coltivazione delle campagne ha incentivato la migrazione e convinto molti sikh a stabilizzarsi nelle provincia di Latina. Secondo le stime della CGIL la comunità arriva a contare ufficialmente circa 12.000 persone, sebbene sia immaginabile un numero complessivo intorno alle 30.000 presenze. In Migrazione si è occupata in passato delle condizioni di lavoro dei braccianti agricoli di origine punjabi nell’agro pontino con il dossier “Punjab, fotografia delle quotidiane difficoltà di una comunità migrante invisibile”. Un’indagine che già ne aveva messo in luce le condizioni degradanti, portando a conoscenza episodi di violenza e sfruttamento attraverso le testimonianze dirette dei braccianti indiani. Un lavoro, quello della raccolta delle testimonianze, mai terminato.
Nasce così questa seconda istantanea sulla realtà socio-lavorativa e sulle strategie di sfruttamento che uomini senza scrupoli praticano con sconvolgente cinismo. L’auspicio è che, insieme agli interventi repressivi delle forze dell’ordine, si possa sviluppare una riflessione qualificata da parte di tutti i soggetti interessati, a partire dalla comunità sikh pontina, per promuovere politiche volte a sconfiggere lo sfruttamento, il caporalato, il sistema di tratta che caratterizza questa migrazione e i troppi speculatori che sulla vita dei braccianti indiani hanno fondato il loro lucroso business.
Dopati per sopravvivere. Svegliarsi quando ancora il sole non è sorto e andare a piedi o in bicicletta nei campi. Restare piegati fino a sera per raccogliere ortaggi, caricare cassette, preparare il terreno per la piantumazione, senza pause, senza alcuna precauzione per le sostanze chimiche usate in agricoltura, spesso nell’illegalità, comunque sfruttati e ridotti a volte al silenzio. Un lavoro usurante fatto anche sette giorni su sette sotto il sole cocente come sotto la pioggia. Una routine dello sfruttamento continua che genera frustrazione, prepotenze e un lucroso business in mano a spregiudicati sfruttatori e a volte anche a neoschiavisti e mafiosi. La sera la schiena, il collo e le mani che fanno male, gli occhi arrossati dal sudore, dalla terra e in alcuni periodi dell’anno anche da pesticidi usati senza le dovute precauzioni e cautele; eppure non ci si può fermare. Nonostante il tempo che passa, per molti lavoratori indiani si resta costretti dalle contingenze sociali e da una legislazione che non agevola l’emersione né la denuncia, a condurre ancora la medesima vita di sfruttamento e prepotenze subite, consapevoli del fatto che non si può perdere il lavoro né il misero salario comunque indispensabile per sopravvivere, pagare l’affitto e inviare le rimesse necessarie alla famiglia ancora in Punjab. Intanto il padrone chiede di lavorare sempre più ore, con sempre maggiore intensità. La soluzione che alcuni hanno trovato per sopportare le fatiche quotidiane consiste nell’assunzione di alcune sostanze dopanti e antidolorifiche necessarie per non sentire il dolore e andare avanti. Non si tratta di droghe per il gusto dello “sballo”, per divertirsi o provare un’esperienza inebriante: si tratta di lavoratori costretti a doparsi per reggere un carico di lavoro che non può diminuire e che è totalmente immerso in un sistema di vessazioni continue e a volte spietate.
Emerge chiaramente dai racconti una nuova frontiera dello sfruttamento: dopare i propri “schiavi” per aumentare la produzione e il profitto.
“Io lavoro 12-15 ore a raccogliere zucchine o cocomeri o con trattore per piantare altre piantine. Tutti i giorni anche la domenica. Io non credo giusto così. Troppa fatica e pochi soldi. Perché italiani no lavorano così? Dopo un po’ io e anche altri indiani troppo male a schiena, male mani, collo, anche agli occhi perché hai terra, sudore, chimici. Sempre tosse, mattina dolore troppo a schiena. Tu capisci? Ma io devo lavorare e allora prego Signore e vado ancora tutti i giorni a lavorare in campagna da padrone. Lui bravo ma paga poco e lavoro troppo. Lui no tratta male me ma dice sempre lavora ancora e domani ancora. Sempre vuole lui che io lavora. Anche domenica. Ma io uomo di carne no di ferro. Allora dopo sei/sette anni di vita così, che fare? No lavoro più? Io e amici prendiamo piccola sostanza per non sentire dolore. Prendiamo una o due volte quando pausa da lavoro. Poi andiamo a lavorare nei campi senza dolore. Io prendo per non sentire fatica e lavorare e poi prendere soldi fine mese. Altrimenti per me impossibile lavorare così tanto in campagna. Tu capisci? Troppo lavoro, troppo dolore a mani”. B. Singh
“Noi sfruttati e non possiamo dire a padrone ora basta, perché lui manda via. Allora alcuni indiani pagano per piccola sostanza per non sentire dolore a braccia, a gambe e schiena. Padrone dice lavora ancora, lavora, lavora, forza, forza, e dopo 14 ore di lavoro nei campi come possibile lavorare ancora? In campagna per raccolta zucchine indiani lavorano piegati tutto il giorno in ginocchio. No possibile e sostanza aiuta loro per vivere e lavorare meglio. No tutti così. Solo pochi indiani prendono quella sostanza per non sentire dolore. Ma a loro serve per arrivare a fine mese e prendere soldi per famiglia. Tu capisci?”. K. Singh
“Io e amici qualche volta prendiamo sostanze per lavorare. Io so che non è giusto. Ma senza sostanza io mattina no lavoro o faccio troppa fatica. Se io no lavoro, padrone no paga me e io come faccio vivere mia famiglia? Come pago affitto casa? Io voglio cambiare lavoro ma crisi e o lavori così in campagna o no lavori. Io voglio andare via da qui. No piace tutto questo. Capisci tu?”. M. Singh
“Padrone sfrutta troppo e noi come andiamo avanti? Qui siamo soli, senza soldi, con padrone che dice sempre vieni a lavoro, vieni a lavoro, anche domenica e così fatica, solitudine, no parla lingua italiana bene. È facile prendere specie di droga. Che non è droga vera come prendono italiani. È piccola sostanza che serve per non sentire dolore. È sostanza forte ma serve perché aiuta a lavorare bene come vuole padrone nostro. Spendere soldi così per no sentire fatica e lontananza da India e da famiglia”. N. Singh
“Io vergogno troppo perché mia religione dice no questo. No buono per sikh. È vietato da nostra bibbia. Ma padrone dice sempre lavora e io senza sostanze no posso lavorare da 6 di mattino alle 18 con una pausa solo a lavoro. Io so che no giusto ma io ho bisogno di soldi. Senza soldi io no vivo in Italia. Tu riusciresti? Padrone dice lavora e io prendo poco per lavorare meglio e non sentire dolore e fatica perché io devo lavorare. Tu mai lavorato in campagna per 15 ore al giorno?”. L. Singh
Il mercato del doping contro la fatica dei braccianti Sikh. Le sostanze dopanti, probabilmente più d’una, sembrano siano vendute al dettaglio anche da alcuni indiani, peraltro molti di loro recentemente arrestati da diverse operazioni delle forze dell’ordine. Dalle storie che In Migrazione ha raccolto emerge, come era prevedibile, come il “traffico” sia saldamente in mano a italiani senza scrupoli e spregiudicati variamente organizzati con collegamenti, probabilmente, anche con l’estero. Questo mercato si fonda su una “domanda” che non nasce dalla comunità sikh, ma dai ritmi di sfruttamento e di lavoro.
“Droga io credo che no viene da India. Come fa indiano a portare tutta quella droga da India con aereo e passare controlli di carabinieri, dogana. A Roma c è anche cane poliziotto, difficile passare. No, io no credo che droga viene da India. Io credo che droga viene da campi italiani, forse a Latina o Nord Italia, non so. In campagna c è tanta terra nascosta, sotto serre, in aziende lontane. Forse lì. Ma io non so. Indiano non può produrre in serra o terra del proprietario. Quella è di padrone italiano”. N. Singh
“Italiano vende a indiano oppure sai che fanno, italiano dà a indiano che vende e poi dà soldi a italiano padrone. Io sentito da altri indiani tanti anni fa”. H. Singh
“Io abito a Brescia ma lavorato qui dieci anni e so che droga gira troppo. Soprattutto italiani giovani danno a lavoratori indiani e poi prendono tanti soldi. A Brescia io mai visto questa droga ma qui sì. Può darsi che anche indiano porta da India ma troppo difficile perché qui tanta droga e poi in India c’è controllo e ancora più in Italia a volte anche con cani in frontiera. Come possibile che cane no sente odore di droga? Io credo che droga cresce in Italia e poi data a qualche indiano scemo per dare a altri indiani. Molti prendono per lavorare mattina e pomeriggio perché troppa fatica in agricoltura. No buono così”. K. Singh
“Alcuni indiani, soprattutto giovani in campagna, prendono quella sostanza e poi vendono anche perché così loro non sentono fatica, poi fanno anche un po’ di soldi e poi sera o pomeriggio stanno ancora bene per uscire e loro no stanchi. Capisci? Io non so da dove vengono sostanze. Alcuni anche da India, altri comprano da italiani. Io non so”. S. Singh
“Conosco sì persone che prendono sostanza. Prendono da italiani che vendono loro e loro o danno a amici e prendono quando lavorano come thè. Capisci? Mettono in acqua calda e poi prendono. Si può anche mangiare ma fa più male. Male a stomaco, a gola. Sono soprattutto giovani. Vecchi come me no prendono sostanza perché io so che Dio no vuole e che no è buono”. H. Singh
“Io so sì di questa brutta storia, di sostanza, come dite in italiano, droga. Viene italiano che porta tanta droga a gruppo di indiani che prendono per lavoro e poi anche a casa. No buono così. Italiano prende soldi e indiano sta male. Già indiano no viene pagato da padrone, poi dare anche soldi a italiano per droga e poi per religione sikh droga no possibile”. A. Singh
Una ferita nella comunità. L’assunzione di sostanze di qualunque tipo (dalle sigarette a qualunque sostanza stupefacente o dopante) è severamente proibita dalla religione sikh e dunque condannata senza remore. Questo è il principale motivo per cui è davvero difficile riuscire a farsi raccontare con chiarezza l’uso e le modalità di approvvigionamento di questa sostanza. Se per alcuni braccianti doparsi è una necessità di sopravvivenza, questa pratica rischia di lasciare profonde cicatrici in una comunità che nel rispetto delle tradizioni e della propria filosofia di vita fonda le sue radici e la sua stessa identità. Una vergogna che rischia di isolare chi cade in una sorta di dipendenza. L’utilizzo del doping da parte di alcuni lavoratori sikh rischia di alterare abitudini e dinamiche di una comunità fiera e coesa, inserita in un tessuto sociale che non offre servizi per l’inclusione ma che invece spesso manifesta sentimenti intolleranti. Essere emarginati dalla comunità significa per molti sikh restare soli in balia di uno sfruttamento brutale e di una vita dura, senza dignità. Sostanze dopanti che nel tempo portano alla dipendenza, con pesanti effetti sulla salute delle persone. Se in chi ne fa uso prevale la vergogna di disattendere i dogmi religiosi, chi accetta di parlarne si divide tra la secca condanna e un sentimento di giustificazione per i connazionali che cercano comunque di rendere onore a un altro principio alla base della religione sikh: lavorare seriamente e con onestà.
“Alcuni prendono perché fanno troppa fatica nei campi, io credo no sikh ortodossi. Se noi no sfruttati allora niente droga, perché cultura e religione sikh dice no droga, no fumo, no alcool, no carne. Capisci? Per sikh no giusto droga o fumo. Ma se devi lavorare e sei vecchio, o hai malattia, o se sei stanco e hai male a ossa, a schiena, dolore tanto, come fai? Allora sostanza aiuta. No tutti prendono solo alcuni ma c’è sicuro”. R. Singh
“Io no piace di parlare di droga, perché io bravo ragazzo. Capito? No come alcuni, soprattutto italiani, che bevono, fumano, dicono parolacce. Mia religione dice che no buono così. Però, tu ascolta me bene. Capisci me. Io in Italia da 10 anni. Qui solo lavoro in agricoltura con padrone tutto il giorno. Tu capisci tu sai che significa?”. M. Singh
“Io no droga, mai. Religione sikh dice no droga, no fumo, alcool, no pesce, no uova e no carne. Io vero sikh e vero sikh no prende droga. Indiano che prende droga è poveraccio e poi padrone fa lavorare troppo”. K. Singh
“No visto perché io no fumo e no drogo e sono lontano da droga. Io voglio essere libero. Ma capisco anche poverelli indiani sfruttati in campagna. Il problema è quello. Padrone sfrutta troppo e loro come vanno avanti? Qui loro soli, senza soldi, con padrone che dice sempre vieni a lavoro, vieni a lavoro, anche domenica e così fatica, solitudine, no parla lingua italiana. È facile prendere droga. Spendere soldi per droga per no sentire fatica e lontananza da India e da famiglia. Però solo pochissimi prendono droga contro fatica eh... no tutti indiani... solo pochissimi”. B. Singh
“Io no fumo e no prendo sostanze. Io no voglio. Ma io so che c è troppa droga in giro tra indiani che dà loro italiani per fare tanti soldi. Indiano prende per lavoro, ma poi usa anche a casa dopo, perché dopo un po’ lui vuole sempre sostanza. Brutta cosa”. H. Singh
“Alcuni indiani prendono sostanza. Per lavorare meglio e poi quando stanno a casa. Io conosco amico che poi è stato male. Ora lui tornato in India. Sempre lui aveva vomito perché troppo prendeva droga. A me no piace droga. Troppo gira la testa. Poi come guidi tu macchina? Prima gira la testa, poi fa male troppo lo stomaco. Io conosco che così è male droga”. S. Singh
“Io conosco amico che ha preso droga. Lui troppo male per stomaco e poi gira testa. Perché droga fa male. Primo Dio no vuole, poi fa male perché lui vomita sempre, poi gira testa, male stomaco. Lui prende perché lavora tanto in agricoltura e poi prende anche sera perché troppo stanco. A volte anche con amici. No giusto così. Poi pericoloso troppo perché prende carabinieri e porta via. No buono così. A me no piace”. F. Singh
Un grido d’aiuto. La comunità sikh dell’Agro Pontino è molto preoccupata per questi segnali della nuova frontiera dello sfruttamento connesso al doparsi per sopravvivere nei campi. Un’iniezione di sostanze stupefacenti mai vissuta nella comunità, con un contesto di sfruttamento che incentiva la diffusione di doping, per alcuni braccianti vissuta come un farmaco salva-vita. Una comunità che si misura con un problema nuovo e grande, con pochi strumenti per intervenire, se non quello di chiedere aiuto alle istituzioni. Non quindi una difesa a priori dei membri della comunità, quanto la richiesta esplicita di fermare un traffico pericoloso, prendendo anche i sikh eventualmente coinvolti. Per questo la comunità indiana plaude alle azioni delle forze dell’ordine per arginare il fenomeno, come avvenuto alla fine di gennaio, quando sono stati arrestati alcuni connazionali e sequestrati 10 chili di capsule d’oppio.
“Giovani prendono perché no conosco e poi si sentono più forti. Soprattutto prendono per lavoro nei campi. Io dico che giusto che carabinieri prendono loro e portano via. Giusto perché droga no buona. Devono prendere italiano e indiano che compra droga e portare via in carcere a Roma. Così bene. Noi no vogliamo droga. Droga pericolosa e carabinieri devono prendere con manette e portare via”. B. Singh
“Io contento che carabinieri preso indiani con droga. Droga no buona ma indiani no portano droga ma danno loro italiani che mettono piantina in terra e poi danno a alcuni indiani. Alcuni indiani prendono per bere e no sentire fatica nei campi. Io mai preso droga. Però conosco amici che prendono mattina e poi pomeriggio per lavorare tanto e poi però stanno troppo male. Male pancia e anche male testa. Troppo pericoloso anche perché poi indiani vanno in bicicletta e quando presa troppa droga è pericoloso per macchina perché fanno incidente. Io abito a Brescia ma lavorato qui dieci anni e so che droga gira. Soprattutto italiani giovani danno a lavoratori indiani e poi prendono tanti soldi. A Brescia io mai visto questa droga ma qui sì. Può darsi che anche indiano porta da India ma troppo difficile perché qui tanta droga e poi in India c’è controllo e ancora più in Italia a volte anche con cani. Come possibile che cane no sente odore di droga? Io credo che droga cresce in Italia e poi data a qualche indiano scemo per dare a altri indiani. Molti prendono per lavorare mattina e pomeriggio e anche sera quando camion arriva tardi da Germania. No buono così”. J. Singh
“Carabinieri portato via indiani e è giusto però anche italiano altrimenti italiani trova altri poveri indiani e tutto uguale prima. Vero problema è che padrone no paga bene indiano, indiano allora povero, senza soldi da mandare in India e poi troppo fatica per lavorare in agricoltura a raccogliere cocomeri, poi zucchine, poi pomodoro e poi prende droga per non stancare. Tu capisci?”. P. Singh
Reagire una priorità. È evidente come in provincia di Latina sia prioritaria un’azione decisa di controllo del territorio e di repressione dei reati connessi allo sfruttamento dei braccianti. L’aumento dei controlli sulle condizioni di lavoro garantirebbe la salvaguardia dei lavoratori sikh da un lato e degli imprenditori agricoli virtuosi schiacciati dalla concorrenza sleale fondata sul neo-schiavismo dall’altro. Interventi che andrebbero a minare seriamente il nuovo mercato di sostanze dopanti partendo dal “vertice della piramide”.
Ma le azioni repressive non possono bastare se non unite a misure di positiva inclusione sociale dei sikh che vivono il territorio. Una comunità ancora totalmente isolata, senza servizi se non quelli garantiti dal volontariato e dai sindacati. Apprendimento della lingua italiana, conoscenza e fruizione dei servizi sanitari, anagrafici e sociali rappresentano ancora, troppo spesso, un miraggio. Un isolamento che contribuisce fortemente al dilagare dello sfruttamento che vede i sikh spesso impossibilitati a reagire, a pretendere il rispetto dei propri diritti e della propria dignità.

Eppure la provincia di Latina potrebbe candidarsi a essere un laboratorio virtuoso di inclusione sociale, trasformando i suoi bellissimi territori da aree di sfruttamento ad aree di diritti e dignità sociale. Ragionare su un’azione coordinata dei tanti attori in campo permetterebbe una strategia complessiva ed efficace. Contrasto dell’illegalità e dello sfruttamento sul lavoro, servizi territoriali per l’inclusione sociale, agricoltura competitiva che si basi sulla qualità dei prodotti unita al rispetto dei diritti umani, lotta alle eco-mafie e alle varie frodi alimentari: questi gli elementi ineludibili da coordinare per cambiare le condizioni di vita dei braccianti sikh dell’Agro Pontino, per sanare una ferita sociale e culturale incompatibile con un Paese come l’Italia.

Azienda Speciale Terracina

                COMUNICATO STAMPA


            Sono stato chiamato da alcuni dipendenti dell’Azienda Speciale Terracina, i quali mi hanno informato che contrariamente a quanto avviene solitamente ogni mese, in cui percepiscono lo stipendio intorno al giorno 10, questo mese, pur essendo oggi 22 Maggio, ancora non percepiscono lo stipendio e da informazioni in loro possesso, neanche sono state ancora predisposte le buste paga.

            Preso atto di quanto sopra, in qualità di Consigliere Comunale, mi sono immediatamente attivato per capire la causa di tale ritardo.

            Da fonte dell’Assessorato alle finanze del Comune di Terracina ho appreso che l’Azienda Speciale non ha ancora fatto neanche richiesta delle somme necessarie per pagare lo stipendio.

            Per cui, visto che le buste paga dell’Azienda Speciale le predispone lo Studio della Dott.ssa Carla Amici, Direttore dell’Azienda Speciale, e visto che la stessa è candidata a Sindaco di Roccagorga, mi è venuto il sospetto che tale ritardo, vista la disponibilità finanziaria confermatami dall’Assessorato alle Finanze del Comune, è dovuto agli impegni elettorali della Direttrice dell’Azienda Speciale.

            Io sostengo che la politica  è credibile quando la stessa si mette a disposizione della collettività, così come il buon senso vuole. Invece, ancora una volta ci troviamo di fronte a scelte politiche assolutamente non condivisibili, poiché il quadro che ci appare di fronte sembra che per sostenere la sua campagna elettorale il Direttore dell’Azienda Speciale abbia anteposto il suo interesse politico, al dovuto pagamento degli stipendi di decine e decine di lavoratori. (non possiamo precisarne il numero in quanto la Dott.ssa Amici non risponde alla mia richiesta di accesso agli atti in cui chiedo quanti sono realmente i dipendenti dell’Azienda Speciale).

            Quindi abbiamo 80-90-100 Famiglie senza stipendio perché chi deve pagarli è distratta dalla sua personale campagna elettorale, dalla sua personale affermazione elettorale, e quei lavoratori e le loro famiglie, che hanno assunto degli impegni finanziari con le banche, con altri soggetti o di altra natura  cosa rispondono ai loro creditori? Aspettate perché la nostra direttrice è in campagna elettorale? E questo può bastare a giustificarli con detti soggetti? Ed invece sempre quelle famiglie che in un periodo di crisi economica nera , come quella che stiamo attraversando, devono semplicemente campare con quello stipendio, come fanno?

            Io Domenica scorsa in un Comizio tenuto a Roccagorga, ho fatto spesso riferimento ai valori ed alle priorità che devono caratterizzare un amministratore di centro sinistra, indicando con alcuni esempi concreti come la Dott.ssa Carla Amici non interpreti questi valori e queste priorità, soprattutto nei confronti dei lavoratori.

            Se qualcuno aveva bisogno di una ulteriore prova per convincersi, questa che ho appena narrato è la conferma che la mia opinione non è sbagliata. 

                                                           Vittorio Marzullo

CONTRIBUTI DELLA REGIONE LAZIO AI MALATI DI ALZHEIMER E LORO FAMILIARI

CONTRIBUTI DELLA REGIONE LAZIO AI MALATI DI ALZHEIMER E LORO FAMILIARI
Fonte: golfotv
L'assessore ai Servizi Sociali del Comune di Fondi, Arcangelo Peppe, rende noto che la Regione Lazio ha approvato le Linee Guida per la concessione e utilizzazione dei contributi per la realizzazione di interventi di carattere socio-assistenziale in favore dei malati di Alzheimer e dei loro familiari. L'Ambito Territoriale di Latina ha presentato uno specifico progetto, approvato dalla Regione Lazio, che prevede tra l'altro la realizzazione dell'azione "Supporto alla Domiciliarità" che ha come obiettivo la permanenza dei soggetti nel proprio contesto familiare e il sostegno nei compiti di assistenza e cura al caregiver, ovvero a chi, senza alcun compenso, assiste un proprio congiunto non in grado autonomamente di svolgere gli atti necessari alla vita quotidiana.
Gli interventi previsti nell'azione sono: assistenza domiciliare diretta - che si realizza attraverso l'invio di un assistente familiare al domicilio dell'utente - e indiretta - con l'erogazione di un contributo economico finalizzato che concorre al pagamento delle spese necessarie per l'assunzione di un assistente familiare. Il monte ore di servizio o il contributo economico che verrà assegnato saranno stabiliti nel Piano di Assistenza Individualizzato, tenuto conto delle condizioni sanitarie e socio-economiche del richiedente.
Per accedere alle prestazioni previste nell'avviso pubblico gli interessati devono presentare domanda presso la Ripartizione Servizi Sociali compilando l'apposito modello, scaricabile dal sito istituzionale www.comunedifondi.it nella sezione "Avvisi pubblici" alla voce "Comune di Latina - Assistenza domiciliare diretta e indiretta", corredato dalla seguente documentazione: fotocopia del documento di riconoscimento dell'interessato; certificazione attestante la diagnosi di demenza tipo Alzheimer rilasciato dall'UVA - Unità di Valutazione Alzheimer o dai Centri di cui alla L.R. n. 6/2012, oppure piano terapeutico o verbale d'invalidità civile indicante che il soggetto è affetto da demenza tipo Alzheimer; ISEE.
Verrà in seguito predisposta una graduatoria provinciale degli aventi diritto sulla base del punteggio assegnato dalla scheda di valutazione che tiene conto di una serie di criteri e le domande pervenute verranno suddivise sulla base di fasce di reddito ISEE familiare.

Le domande devono essere presentate entro e non oltre il 5 settembre 2014. Per ulteriori informazioni è possibile contattare la Ripartizione Servizi sociali, sita al primo piano della Casa comunale.

GOODYEAR, TAKE ME HOME. REPORTAGE FOTOGRAFICO NELLA EX FABBRICA DI PNEUMATICI

GOODYEAR, TAKE ME HOME. REPORTAGE FOTOGRAFICO NELLA EX FABBRICA DI PNEUMATICI
Ore 9.30 di un assolato lunedì di maggio. Fa caldo, molto. La strada che unisce Nettuno a Cisterna di Latina attraversa campi, vigneti, capannoni e villette con giardini ordinati. Sembra di essere in Veneto. Invece siamo nella provincia pontina, al confine con quella romana. Un tempo terra paludosa e inabitabile, fu bonificata dal Duce che la affidò ai coloni poveri provenienti dalle regioni del Veneto, Friuli ed Emilia Romagna. L'ordine qui è di casa, contro l'anarchico caos edilizio della vicina capitale. Le balle di fieno dei campi accompagnano un gruppo di ciclisti amatori, mentre un'anziana donna, con un grembiule grigio, si apposta di fronte casa, sul ciglio della strada, pronta a vendere le verdure della stagione.
Tra uliveti e vigneti, spuntano nuovi e colorati capannoni industriali, che affiancano i tanti vecchi e abbandonati, un tempo casa di migliaia di lavoratori. Mi fermo al civico 288 di questa lunga e sorprendentemente asfaltata strada. Un cancello verde è chiuso con un grande lucchetto. Da qui, tanti anni fa, passavano gli operai della Goodyear, fabbrica di pneumatici che sfamò migliaia di famiglie da Latina a Roma. Oggi, invece, quel che rimane è solo macerie ed inquinamento. In futuro l'area sarà espropriata e diventerà di proprietà del Comune di Cisterna, con l'obiettivo di realizzare un piano di insediamento di nuove attività produttive. Così si legge nella delibera numero 84. Ma sembra l'ennesimo tentativo in 14 anni di menzogne.
Aperta nel 1965, grazie ai fondi della Cassa del Mezzogiorno, nel breve giro di pochissimi anni diventa un simbolo dell'industrializzazione dell'intero territorio, arrivando a toccare picchi di produzione di 20.000 pneumatici al giorno. La produzione va di pari passo con la felicità dei dipendenti. Fino agli anni Novanta, quando la crisi comincia a farsi sentire. Si organizzano sit in tra gli operai di fronte a proposte di licenziamenti e cassa integrazione. Interviene la stampa, in particolare la trasmissione televisiva Circus di Michele Santoro, durante la quale l'allora ministro dell'Industria e futuro premier dei giorni nostri, Enrico Letta, prende la decisione di congelare i 6 miliardi di sgravi concessi alla multinazionale per gli investimenti e le assunzioni con contratto di formazione lavoro. Impegnandosi in prima persona contro la chiusura dello stabilimento. In accordo con i sindacati. Parole al vento. La fabbrica chiude nel 2000. E lascia dietro di sé una scia di morte. Nel giro di pochi anni, muoiono 250 operai di tumore e altri 50 vengono operati. La causa è da ricercare nelle circa 150 sostanze tossiche utilizzate nel ciclo produttivo senza nessun accorgimento di protezione adeguata da parte degli operai. È una strage. Confermata dalla sentenza del Tribunale di Latina nel 2008, che condanna a 21 anni di reclusione ex dirigenti e direttori, riconoscendo il nesso di causalità tra le sostanze della fabbrica e i tumori sviluppati ai polmoni, alla laringe e allo stomaco. Ma in Italia, si sa, la giustizia non regna sovrana. E così, cinque anni dopo, la Corte d'Appello di Roma assolve tutti, tranne uno, perché il fatto non sussiste. In attesa della sentenza della Cassazione.
Dietro quel cancellone verde rimane un'aerea dismessa ma inquinata. «Non ancora bonificata», mi dice Agostino Campagna, ex operaio e sindacalista della Goodyear, senza il quale le morti sarebbero passate sotto silenzio.
È lui infatti che comincia a raccogliere le cartelle cliniche dei suoi ex colleghi nel 2000. È lui il protagonista di “Happy Goodyear”, documentario sulle morti della fabbrica, vincitore al Roma Indipendent Film Festival 2014. Ed è lui che mi accompagna in questo reportage.

Del corpo centrale della fabbrica non rimane che uno scheletro. All'interno non c'è più niente. Solo calcinacci e ferri spioventi. Tutto è crollato. Tutto è distrutto. Di umano rimangono solo un paio di materassi abbandonati, dimora di qualche sbandato, e un manuale di "problem analysis", di chissà quale reparto o ufficio. L'esterno è una landa desolata. Il piazzale retrostante è solcato da vasche ricolme di acqua piovana, un tempo sede di presse e macchinari. «Quando hanno chiuso la fabbrica si parlava di riconversione della stessa - racconta Agostino -. Tanti progetti e tante promesse. Invece hanno portato via tutto. E quello che non serviva l'hanno lasciato qui. O gettato nelle vasche». Il progetto di bonifica, finanziato con milioni di euro dall'Unione Europea, non si è mai realizzato. Ancora si scorge il "nero fumo", una delle sostanze tossiche assassine. Ancora è lì, che ricopre il terreno e qualche pezzo di eternit. E chissà, analizzando il terreno, se ci sono residui di solventi, vernici, carbon black, ammine aromatiche, derivati del benzene, pigmenti, collanti, silice, talco. Di tutte quelle sostanze tossiche assassine, lavorate dagli operai a mani nude o con guanti di amianto, mentre i dirigenti e medici, dal canto loro, tacevano consapevolmente. Nessuna conoscenza di ciò che si maneggiava. Nessuna protezione. «È incredibile che non ci sia alcuna istituzione che si occupi di questa faccenda - afferma con preoccupazione Campagna -. Accanto alla questione della bonifica c'è quella ancor più grave delle morti. Non è possibile che i miei ex colleghi debbano fare visite di controllo ed esami del sangue di loro spontanea iniziativa. Ci dovrebbe essere invece un'azione di censimento da parte dell’ASL di tutti coloro che hanno lavorato nella fabbrica almeno per un periodo superiore ai 5 anni». La nostra camminata tra i resti della Goodyear continua. Nella guardiola ci sono ancora i pass di entrata per i visitatori esterni; il parcheggio, inaspettatamente pulito, è ancora solcato dalle linee bianche che delimitavano i posti auto; il cartello "Uscita" ti avverte di quello che era il tragitto di una volta. E, a ritroso nel tempo, cerco di immaginare i visi e i volti di chi attraversava quel cancellone verde, fiero di un posto fisso e di un discreto stipendio. In un'atmosfera idilliaca e materna, sulle note della canzone Goodyear, Take me home, tema musicale degli spot tv aziendali, incisa su di un 45 giri dal gruppo Joe Trio e che ogni dipendente aveva in casa: "Take me home, Goodyear take me home / Never matters how far I go / You always take me home". Appunto.

FALSI CONTRATTI DI LAVORO E PORTE APERTE AI CLANDESTINI

FALSI CONTRATTI DI LAVORO E PORTE APERTE AI CLANDESTINI: SPUNTA UN “SISTEMA LATINA”
di Clemente Pistilli
Imprenditori, faccendieri, colletti bianchi. Tutti uniti nel fare affari illeciti con i clandestini. Indiani in particolare. Alla luce delle indagini portate avanti negli ultimi anni dalla Squadra Mobile di Latina sembra che in terra pontina sia stata data vita a un vero e proprio sistema, per lucrare su quanti cercano di scappare dalla fame nei loro Paesi e trovare qualche chance in Italia. Un business. Ricco. Possibile grazie alla legge sull’ingresso dei braccianti extracomunitari nella Penisola, che con qualche falso e piccole complicità, può essere facilmente aggirata.
La norma
Ogni anno è possibile far entrare in Italia un certo numero di extracomunitari, in base alle richieste di manodopera che presentano le aziende. Gli imprenditori fanno richiesta di braccianti, depositano le domande negli appositi uffici istituiti presso le Prefetture, e con un lavoro garantito gli stranieri possono salire sul primo aereo disponibile. I lavoratori possono varcare la frontiera solo con il contratto di lavoro già in tasca, impegnandosi a restare in Italia soltanto per il periodo previsto da quei contratti stagionali.
Fatta la legge e trovato l’inganno
Presentando false richieste di assunzione di extracomunitari, diventa abbastanza facile far entrare nella Penisola stranieri che, anziché andare a lavorare nei campi ed essere regolarmente retribuiti, per poi tornare nei loro Paesi una volta cessato l’impiego, mettono piede sul suolo italiano e fanno poi perdere le loro tracce.
Il sistema Latina
In provincia di Latina sembra che siano state create vere e proprie organizzazioni per lucrare sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Non più iniziative illecite di singoli imprenditori o di qualche faccendiere, ma strutture raffinate, che vedono impegnati professionisti e riescono a corrompere forze dell’ordine e istituzioni. Il sistema è sempre lo stesso: qualche straniero prende contatto all’estero con i connazionali, chiede loro denaro per farli arrivare in Italia, gli imprenditori agricoli presentano false richieste di manodopera alla Prefettura, con qualche complicità arriva l’ok senza problemi, e il denaro ottenuto dai clandestini finisce nelle tasche di tutti i protagonisti del business.
Un filo rosso

Tre le principali inchieste su tale fronte che presentano diverse analogie e inquadrano un sistema abbastanza articolato. Tutte portate avanti dalla Mobile. La prima culminò con sei arresti nel 2010, tra Latina e Terracina. In quel caso il prezzo che dovevano pagare gli extracomunitari per arrivare in Occidente era tra i 700 e i 5.000 euro. Nei guai finirono anche un poliziotto e un dipendente dello Sportello unico per l’immigrazione della Prefettura di Latina, il Sui. E chiuse le indagini pende ora una richiesta di 15 rinvii a giudizio, con imputato anche un commercialista. La seconda inchiesta è stata quella coordinata dall’Antimafia e che lo scorso anno, tra gli altri, vide finire in manette l’avvocato Alessandro Verrico, ritenuto al vertice di un’associazione per delinquere specializzata nel business dei clandestini. Alla fine gli imputati sono stati 19 e a decidere se disporre un processo, il prossimo 20 giugno, sarà il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma. Ora le sei ordinanze di custodia cautelare chieste e ottenute dal sostituto procuratore Daria Monsurrò, che hanno portato in carcere pure l’avvocato Enzo Cantagalli.

TRACCE 2014. PERCORSI MUSICALI ALLA SCOPERTA DEL CENTRO STORICO A TERRACINA

TRACCE 2014. PERCORSI MUSICALI ALLA SCOPERTA DEL CENTRO STORICO A TERRACINA

Parte il 29 luglio, dopo una serie di anteprime, il viaggio ufficiale di Tracce, la rassegna musicale pensata per il centro storico alto della città di Terracina dall'associazione culturale Bucolica Produzioni. Alla sua terza edizione, offre un inedito rapporto tra patrimonio storico-artistico e evento musicale. Diviso in 8 performance, valorizzerà con artisti della migliore scena nazionale e internazionale nel campo della musica classica, sperimentale, cantautorale e compositiva, altrettanti luoghi di prestigio, creando scenari al contempo suggestivi e naturali.
Si comincia martedì 29 luglio ai piedi della Chiesa del Purgatorio, dove si esibirà la violoncellista Julia Kent, la cui canzone "Gardermoen" è stata inserita nel film del Premio Oscar Paolo Sorrentino dal titolo "This Must Be the Place".
Il 3 agosto spazio al jazz con la sassofonista Milena Angelé, che suonerà nella piazzetta Santa Domitilla, mentre l'11 agosto si andrà alla scoperta dell'Acropoli di San Francesco, dove si esibiranno gli Ed Ward, con il loro folk di stampo anglosassone in mezzo tra Paolo Nutini e Calexico.
Il 17 agosto Tracce si sposta in piazza Campo dei Fiori, dove si esibirà la band Galoni che gira l'Italia in tour e ha già ottenuto ottime critiche da Repubblice XL e Il Fatto Quotidiano, affiancato a Brunori Sas e Dente.
Il 6 settembre spazio all'elettronica e alla musica da film nella splendida cornice della terrazza comunale di piazza del Municipio. In arrivo il compositore Teho Teardo, autore di numerose colonne sonore per le quali è stato anche candidato al David di Donatello.
Sempre alla terrazza comunale venerdì 12 settembre suonerà il giovane talento argentino Sebastian Piano, polistrumentista affermato nella scena europea.

Si torna poi, sul finire di settembre, nuovamente alla Chiesa del Purgatorio, dove si esibirà John Lemke, in un luogo che con i suoi affreschi tardo barocchi, sarà il posto ideale per abbandonarsi alla magia.

Due operai morti in un impianto di compostaggio

Due operai morti in un impianto di compostaggio a Latina: uccisi dal perclorato

Due operai sono morti in un impianto di compostaggio ad Aprilia in provincia di Latina. I cadaveri sono stati recuperati in una vasca dell'impianto dai vigili del fuoco. I due operai della Kyklos avrebbero respirato, a quanto si apprende, esalazioni letali probabilmnente di perclorato. Ma al contrario di quanto sostenuto in un primo momento, le esalazioni non sarebbero arrivate dall'impianto, ma dall'autocisterna che i due guidavano. Questo sarebbe emerso dai primi accertamenti svolti sul luogo dell'incidente. L'impianto sarebbe quindi sicuro e per questo per ora l'area di pericolo è stata circoscritta all'autocisterna sulla quale lavoravano i due operai e non all'area dell'impianto. L'allarme era stato lanciato verso le 9.45. L'azienda di compostaggio si trova in delle Ferriere 15, ad Aprilia, Latina. 
Uccisi dalle esalazioni di perclorato - I due autotrasportatori avevano 44 e 42 anni ed erano italiani. Nell'impianto della Kyklos viene trattata la frazione organica dei rifiuti provenienti da gran parte delle discariche del Lazio. Le vittime erano dipendenti di una ditta esterna. Avevano appena consegnato un carico nell'impianto e avrebbero accusato il malore mentre sversavano la sostanza dall'autocisterna. In seguito all'incidente l'intera area dell'impianto - e in parte anche quella esterna - è stata interdetta.

GUASTI ALLE ATTREZZATURE DELLO SPETTACOLO MULTIMEDIALE AL TEMPIO DI GIOVE, PAGA IL COMUNE DI TERRACINA

GUASTI ALLE ATTREZZATURE DELLO SPETTACOLO MULTIMEDIALE AL TEMPIO DI GIOVE, PAGA IL COMUNE DI TERRACINA
di Andrea Di Lello
Il Tempio di Giove lo gestisce il privato, ma i danni alle attrezzature li paga il Comune. Lo si scopre leggendo la determinazione del Dipartimento Pianificazione Urbanistica e Gestione del Territorio (Settore Lavori Pubblici e Manutenzione Beni Pubblici), con data dello scorso 18 luglio. Il provvedimento impegna la somma di 24.314,60 euro per riparare le attrezzature, che sono sì comunali, ma che vengono usate dalla ditta Munus, concessionario della celebre area archeologica, per realizzare i suoi spettacoli a pagamento e procurarsi il suo guadagno.
Alla ditta solo manutenzione straordinaria
Nella determinazione, ovviamente, si spiegano per filo e per segno le ragioni dell'impiego di soldi pubblici a favore dell'interesse di un privato. Si apprende così che il contratto che lega la Munus al Comune prevede, tra le competenze attribuite alla ditta, anche quella relativa alla manutenzione straordinaria degli impianti e delle apparecchiature tecnologiche. Attenzione: si parla di manutenzione straordinaria. È invece accaduto che, per dirla con la determinazione, “nel corso della gestione dell'appalto da parte della Munus s.r.l. si sono verificati vari eventi temporaleschi di grande intensità, i quali hanno determinato danni alle linee elettriche e multimediali presenti in Tempio di Giove”. E allora? Allora, sempre seguendo la determinazione, “i danni causati dagli eventi meteorologici possono configurarsi come eventi imprevisti ed imprevedibili i cui danni esulano dall'alea contrattuale di manutenzione straordinaria della Munus s.r.l.”. Perciò, paga il Comune.
I lavori da eseguire
Non che la ditta se ne sia disinteressata, anzi: il gestore, come recita la nostra determinazione, “si è resa disponibile ad effettuare tali lavorazioni e, all'uopo, ha presentato apposito preventivo del 16 giugno 2014 di 19.930 euro oltre IVA”. Con quella somma, si provvederà alla riparazione delle attrezzature, all'acquisto delle attrezzature sostitutive, alle modifiche dell'impianto multimediale, ai dispositivi di protezione, all'acquisto schede e componentistica, alla programmazione schede di controllo, scenari dmx e, infine, alla installazione e collaudo dell'impianto.
Preventivo congruo

Il Dipartimento Pianificazione Urbanistica e Gestione del Territorio ha trovato il “preventivo congruo” e ha ritenuto che i lavori fossero da affidare “con urgenza” alla Munus, “anche in considerazione della stagione turistica ormai inoltrata e della necessità di ripristinare lo spettacolo multimediale”. Aprano, dunque, in fretta le biglietterie: gli incassi alla ditta, le spese dei guasti al Comune.