martedì 26 giugno 2012

Caselli "L'assalto alla giustizia continua"


Caselli: "L'assalto alla giustizia continua, anche con Monti al governo non cambia nulla"

di Antonella Loi
"L'assalto alla giustizia cominciato una ventina di anni fa non è finito e in ogni caso i suoi effetti rovinosi e devastanti possono resistere a lungo, almeno fino a quando la voglia di impunità della classe politica continuerà ad essere presente". Come dire che se l’epoca di Silvio Berlusconi sembra essere tramontata, l’esercizio attivo della contrapposizione tra politica e magistratura tutt’altro. E neanche l’avvento di Monti ha segnato un’inversione di tendenza. Giancarlo Caselli, procuratore capo di Torino, autore del pamphlet (a tratti) autobiografico, Assalto alla giustizia (Melampo), spiega che il “berlusconismo” da un lato e la corruzione di parte della classe politica dall'altro, gli interessi incrociati e trasversali, fino alla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia – di cui però il magistrato, capo della procura di Palermo negli anni successivi alle stragi del ’92, non vuol parlare "per rispetto verso le inchieste in corso" - continuano a produrre humus: l’attacco mirato a ridurre l’indipendenza della magistratura, subordinandola possibilmente al potere politico, resta narrazione attuale.
Caselli, la cronaca di queste settimane sembra riportarci indietro nel tempo.
"E’ evidente. Finché il governo si limita a proporre specifici temi, quali il problema carceri, modifiche al processo civile, una nuova geografica giudiziaria con la redistribuzione degli uffici nel territorio, tutto va bene. Ma non appena il discorso comincia ad allargarsi a corruzione, concussione, falso in bilancio, responsabilità civile del magistrato, intercettazioni ecco che scoppia nuovamente la bagarre".
L’istinto di autoconservazione della “casta” riemerge puntuale. Lei nel libro parla di “tossine sparse nella società italiana”.
"Prendiamo la questione della responsabilità civile dei magistrati: è un problema delicatissimo che invece di essere affrontato serenamente in un dibattito approfondito viene affrontato agitando lo strumento come una clava e quindi come minaccia all'indipendenza e ulteriore assalto alla giustizia".
La responsabilità dei magistrati, alla fine, è rimasta indiretta.
"Il problema sta tutto lì: si è cercato di introdurre la responsabilità diretta per gli errori giudiziari che non c'è in nessun'altro Paese europeo. E qualcuno ha detto che su questo punto non avrebbe votato la fiducia. Di nuovo bagarre: tutte le volte che i temi sono sensibili e toccano interessi per i quali vale il principio della giustizia ‘à la carte’ o riguardano l’indipendenza della magistratura, l’epilogo è questo".
Giustizia "à la carte”, che lei considera “un’idea tutta italiana diffusa in maniera capillare”, dalla quale non è immune la “fragile opposizione parlamentare”. Di questo senso di giustizia è corresponsabile il Pd?
"Nel mio libro ci sono pagine doverosamente dedicate anche al centrosinistra, che stava all’opposizione quando governava Berlusconi. Da parte loro di fronte all’assalto alla giustizia spesso nessuna convinta opposizione dialettica, fino al paradosso della rassegnazione, quando non addirittura di una certa voglia di omologazione e appiattimento sulle tesi, sugli slogan dell'avversario".
Per esempio?
"Le leggi vergogna cancellate solo dall’intervento della Corte costituzionale, leggi ad personam mai cambiate, il responsabile Giustizia del Pd che pubblica il suo programma sul Foglio di Ferrara, l’insofferenza nei confronti dei movimenti di base che sollevano sacrosanti problemi legati alla giustizia, la stagione della bicamerale, fino al paradosso di non parlare letteralmente dei guai giudiziari del leader della maggioranza".
Torna in auge anche il tema intercettazioni che in qualche modo ha coinvolto anche il presidente della Repubblica. 
"Dico solo una cosa: le intercettazioni sono come le radiografie che tutelano la salute e servono per vedere dentro, vedere meglio, scoprire ciò che altrimenti resterebbe ignoto a scapito della salute. Allo stesso modo le intercettazioni consentono di vedere in profondità sotto l'apparenza, la verità dei fatti, circostanze e responsabilità che altrimenti non verrebbero individuate. Le intercettazioni giudiziarie tutelano insomma la sicurezza e la salute sociale. Ridurle significherebbe ridurre la sicurezza dei cittadini. Perché qua, intendiamoci, si parla di assassini, stupratori, ladri estortori, trafficanti di droga, sfruttatori di prostitute, concussori, bancarottieri, usurai. Perché sacrificare la sicurezza collettiva sull’altare dei segreti pubblici o privati di qualcuno?".
Nessun abuso quindi secondo lei?
"Io credo che non ce ne siano: e se anche ce ne fossero, non è che si butta via il bambino con l'acqua sporca. Si pulisce l'acqua se necessario".
I No Tav la accusano di voler delegittimare il movimento con le sue inchieste.
"Accusa falsa e infondata. Come sempre si perseguono unicamente fatti specifici e persone singole, non movimenti. Il fatto grave riguarda le scritte sui muri di Torino e di altre città con insulti e minacce di morte. Il libro è uscito alla fine dello scorso anno ma è 'profetico': la giustizia ‘a la carte’ si sta estendendo anche attraverso a quelle scritte che già allora erano comparse e che poi si sono moltiplicate in maniera vigliacca e incivile".
Le danno del mafioso.
"Quando mi occupavo di terrorismo con Dalla Chiesa mi davano del fascista, poi, una volta giunto a Palermo per contrastare la mafia, diventai comunista. Adesso, stando a quelle scritte infami, sono diventato addirittura mafioso. Una cosa che se non fosse per la violenza insita in queste parole, farebbe ridere per la totale ignoranza. E questo è accaduto perché la procura da me guidata applica la legge anche in Val di Susa, dove per mesi le forze dell'ordine sono state oggetto di assalti illegali: tirare massi e bombe carta non è manifestare. Ecco, è la legalità che diventa un paio di pantofole che si usano quando fa comodo".
L'antidoto per difendersi dall’"assalto" esiste?
"Nel libro riporto modeste proposte, cose elementari a costo zero. La prescrizione: noi siamo l'unico Paese al mondo dove la prescrizione non si interrompe mai. Ovunque si interrompe quando viene esercitata l'azione penale o quando interviene la condanna di primo grado. Da noi mai. Ecco perché i processi non finiscono più, perché evidentemente conviene non farli finire. Ancora: le notifiche al difensore di fiducia sono un labirinto, sarebbe semplice modificarle rendendole più razionali, più logiche, solo per fare qualche esempio. Di giustizia si parla tanto ma poi non si fa nulla e, anzi, se ne vuole di meno per tutelare i propri interessi. Anche questo è un assalto alla giustizia".
22 giugno 2012

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