mercoledì 7 ottobre 2015

Tumore della vescica, attenzione ai campanelli d'allarme

Tumore della vescica, attenzione ai campanelli d'allarme

di Brigida Stagno
Sangue nelle urine, che assumono un colore rosso o ruggine, presenza di coaguli, svuotamento alterato della vescica, difficoltà ad urinare anche in presenza di stimolo, nelle forme più avanzate dolore alla zona pelvica o al fianco: in presenza di questi sintomi d'allarme, frequenti però anche in altre patologie dell'apparato urinario, è lecito sospettare un tumore maligno della vescica, il 3% di tutti i tumori e in urologia il secondo dopo quello della prostata. Perché la diagnosi precoce è sempre fondamentale per aumentare le probabilità di guarigione. Quasi l'80 per cento dei malati è vivo ad oggi a cinque anni dalla scoperta della malattia.

Tra le cause di questa neoplasia, più frequente negli uomini e di cui in Italia si diagnosticano ogni anno oltre 20 mila nuovi casi (più di 16 mila nel sesso maschile e circa 4 mila in quello femminile, generalmente dopo i 65 anni d'età), ci sono il fumo di sigaretta, la dieta ricca di grassi saturi, la genetica. E ancora, l'esposizione cronica ad alcune sostanze, quali le amine aromatiche e nitrosamine (frequente nei lavoratori dell'industria tessile, dei coloranti, della gomma e del cuoio), radioterapie sulla zona pelvica, farmaci, come la ciclofosfamide e la ifosfamide, ma anche l'infezione da Bilharzia e Schistosoma haematobium, parassiti diffusi in alcuni paesi del Medio Oriente.

E' il carcinoma uroteliale a cellule transizionali il tipo più frequente di tumore della vescica(circa il 85% dei casi), mentre meno comuni sono l'adenocarcinoma e il carcinoma squamoso primitivo.

Il carcinoma uroteliale si sviluppa in genere sulle pareti laterali, con piccole escrescenze (aspetto papillare nel 75% dei casi), più raramente con una forma piatta o nodulare.
 A differenza del papilloma, tumore invece poco aggressivo, la forma maligna si sviluppa con un maggiore numero di strati cellulari, mentre comune alle due neoplasie è la tendenza a recidivare. La neoplasia resta comunque superficiale nell'85% dei casi, mentre è infiltrante nel 15%. Può diffondere localmente e a distanza per via linfatica, e successivamente il circolo sanguigno, verso i polmoni, il fegato e le ossa, ma ricadute, aggressività e le metastasi non sono sempre prevedibili. Il tumore è classificato in 4 stadi (basati sul sistema TNM), dove il parametro "T" descrive la dimensione e le caratteristiche, "N" riguarda il coinvolgimento dei linfonodi e "M" indica la presenza o meno di metastasi a distanza. La sopravvivenza a cinque anni supera, in Italia, il 70% dei casi.

Per la diagnosi corretta servono alcune metodiche, dall'ecografia dell'apparato urinario a vescica piena, alla ricerca di cellule tumorali nelle urine (citologia urinaria) al
l'urografia, alla risonanza magnetica e soprattutto la cistoscopia, che permette di vedere l'interno della vescica e prelevare campioni di tessuto per l'esame istologico. 
Importante è anche la TAC, la PET e la scintigrafia ossea per valutare se il tumore si è esteso oltre la vescica.

Capitolo terapia: la resezione endoscopica transuretale, detta anche TURB, è indicata per neoplasie di piccole dimensioni non infiltranti e rappresenta spesso il trattamento risolutivo, mentre la cistectomia (cioè l'asportazione dell'organo) parziale o totale, va presa in considerazione negli stadi più avanzati e nelle forme più aggressive. Chirurgia, chemioterapia e radioterapia sono spesso combinati, ma nel carcinoma in situ, cioè molto localizzato e superficiale, per prevenire la comparsa di recidive o la progressione di malattia si impiega il trattamento intravescicale attraverso un catetere con chemioterapici (ad esempio la mitomicina) o immunoterapici, con il bacillo di Calmette-Guerin (BCG, lo stesso che si usava per la vaccinazione contro la tubercolosi). Di recente alcuni studi hanno dimostrato la maggiore efficacia della combinazione di una chemioterapia locale con l'ipertermia dell'organo ( l'aumento della temperatura della vescica fino a 40-44°C) rispetto alla sola chemioterapia.

La prevenzione? E' importante modificare le abitudini di vita, cioè smettere di fumare, se si fuma, mangiare in modo sano ed equilibrato (dieta mediterranea), intervenire sui lavoratori a rischio. La ricerca si sta comunque concentrando anche sulla possibile individuazione dei biomarcatori tumorali nelle urine, come avviene nel tumore della prostata con il PSA del sangue. Grazie a un recente studio inglese dell'Università di Birmingham ne sono stati individuati due, trovati più alti nelle persone colpite dal tumore alla vescica. Secondo gli autori, per fare la diagnosi i due marcatori non possono essere utilizzati però da soli, ma hanno un valore prognostico e possono essere utilizzati nella decisione di iniziare una cura più o meno aggressiva.

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