martedì 23 ottobre 2012

Corruzione, Italia ai primi posti insieme a Ghana e Macedonia


Corruzione, Italia
ai primi posti insieme
a Ghana e Macedonia

Il rapporto: sanità e appalti
i settori più colpiti

Sessantanovesimo posto, a pari “demerito” con Ghana e Macedonia. E’ la posizione occupata dall’Italia - con “un aggravamento progressivo” negli ultimi anni - nella classifica della corruzione percepita stilata da “Transparency International
Soldi (foto newpress)
Soldi (foto newpress)
Roma, 22 ottobre 2012 - Sessantanovesimo posto, a pari “demerito” con Ghana e Macedonia. E’ la posizione occupata dall’Italia - con “un aggravamento progressivo” negli ultimi anni - nella classifica della corruzione percepita stilata da “Transparency International”. E’ uno dei dati contenuti nel Rapporto sulla corruzione realizzato dalla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo presieduta dal consigliere Roberto Garofoli. Il “Corruption Perception Index” (CPI) del nostro Paese “si è attestato a 3.9 contro il 6.9 della media Ocse, su una scala da 1 a 10, dove 10 individua l’assenza di corruzione”.
SEGNALAZIONI IN CALO - Esaminiamo i diversi ambiti dove possono concretizzarsi fenomeni corruttivi. Intanto sono in netto calo i casi di corruzione e concussione consumati e denunciati alla magistratura, così come è diminuito il numero dei soggetti condannati. Stando al documento, dai 311 casi di corruzione e concussione consumati nel 2009 si è passati ai 223 casi del 2010 (dunque, - 88 casi). E se 341 persone erano state condannate nel 2007, l’anno dopo si sono avute solo 295 condanne (-46). Si è sensibilmente ridotto, poi, anche il numero delle persone denunciate: 1821 nel 2009 e 1226 nel 2010(- 595). Nel documento si rileva, poi, come il numero delle persone coinvolte e dei reati denunciati per corruzione e concussione, in crescita dal 1992, abbia raggiunto il picco dei 2.000 delitti e delle oltre 3.000 persone denunciate nel 1995. Cifra poi ridottasi a circa un terzo per i reati e della meta’ per le persone nel 2006. Limitando il discorso alla sola corruzione, alle oltre 1.700 condanne registrate nel 1996 si e’ passati ad appena 239 condanne del 2006 (quasi un settimo, quindi, di dieci anni prima).
LA SANITA' - E’ la sanità il settore “maggiormente esposto al rischio di corruzione per ragioni di ordine finanziario”. Uno dei motivi, stando alla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo istituita dal governo, è “l’ingente spesa pubblica, accresciuta negli ultimi due decenni, con l’aumento significativo della spesa regionale rispetto a quella dello Stato e degli enti locali”. “Grandi quantità di denaro - si legge ancora nel documento - sono gestite con l’assunzione di decisioni amministrative, che si rinnovano frequentemente, percio’ esposte ai tentativi di condizionamento illecito, che possono assumere varie forme: spese inutili, contratti conclusi senza gara, gare svolte in modo illegale, assunzioni e inquadramenti illegittimi, falsità e irregolarità nella prescrizione di farmaci e simili, inadempimenti e irregolarità nell’esecuzione dei lavori e nella fornitura di beni”. Tra i rimedi suggeriti dalla Commissione “un maggior rigore nella individuazione dei requisiti per la nomina dei direttori generali, con adeguata motivazione ed elaborazione di un albo o di un elenco, tenuto dal ministero della sanita’ o da altra autorità nazionale, che restringerebbe la scelta delle autorita’ regionali tra i soggetti i cui requisiti siano stai preventivamente accertati”. Nella direzione tracciata - si legge nel documento - “si è posto anche il Governo con il recente dl Balduzzi” con le nomine dei dg delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale fatte privilegiando sopratutto il merito.
APPALTI - Gli appalti pubblici, per la loro dimensione economica, hanno una “capacità attrattiva” molto forte rispetto alle pratiche corruttive. Bastano pochi numeri, citati nel Rapporto sulla Corruzione, per rendere l’idea.  “Nel 2011 - si legge - il mercato degli appalti pubblici ha comportato una spesa di 106 miliardi di euro (iva esclusa), pari a circa l’8,1% del Pil: il 31% per lavori, il 41% per servizi, il 28% per forniture: 1.236.000 gli appalti fino a 40.000 euro per un importo di circa 5,3 miliardi; 128.000 le procedure perfezionate tra 40.000 e 150.000 euro per un importo pari a circa 8,3 miliardi di euro e 60.000 le procedure completate per la fascia di importo superiore a 150.000 euro, per un impegno di spesa pari a 92 miliardi di euro”. Tra i problemi strutturali evidenziati dalla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo, c’e’ la “polverizzazione delle stazioni appaltanti: piu’ di 30.000, spesso di minime dimensioni, con piu’ 60.000 centri di costo”. E, quindi, “una scarsa capacita’ tecnica delle stazioni appaltanti, spesso inadeguate per un efficace controllo sull’intera gestione della gara”. Le stazioni appaltanti sono “deboli”, cioè “molto spesso incapaci di provvedere ad una adeguata attivita’ di progettazione”. Da qui “lo spazio ad un eccessivo ricorso a varianti, in concreto non necessarie, talvolta basate su accordi illeciti, con conseguente lievitazione dei costi e allungamento dei tempi di realizzazione dell’appalto”. La Commissione propone, tra l’altro, “la costituzione di centrali uniche di committenza per ambito territoriale”, “la creazione di una black list delle stazioni appaltanti”, “la centralizzazione delle procedure di affidamento” degli appalti con relativa “standardizzazione dei bandi di gara”. Tra le altre proposte, una compilazione di una lista di “imprese modello” e, per i lavori, “l’azionariato esclusivamente pubblico delle Soa (societa’ organismi di attestazione) o soggetti privati altamente qualificati”.
I RIMEDI - Per rompere “la cortina di silenzio” che caratterizza gli accordi corruttivi bisognerebbe introdurre, sull’esempio di quanto accade in altri Paesi, “un sistema premiale che incentivi la segnalazione dell’illecito”. Il sistema - spiegano gli autori - andrebbe “basato sulla corresponsione di una somma di denaro parametrata in termini percentuali a quella oggetto di recupero a seguito della sentenza di condanna della Corte dei conti per danno all’erario o danno all’immagine”. Il Rapporto sollecita anche l’”elaborazione di procedure per facilitare la segnalazione di atti sospetti di corruzione, incoraggiando l’uso di protettivi canali di denuncia facilmente accessibili” e l’adozione di “meccanismi di protezione efficaci, ad esempio con l’individuazione di un organismo specifico che abbia la responsabilita’ ed il potere di ricevere ed esaminare le denunce di ritorsione e/o di indagini improprie”.  Sul fronte della formazione, la cultura della legalita’ andrebbe promossa “nei confronti del personale pubblico (soprattutto tra chi opera nei settori piu’ esposti al rischio), nella fase della selezione ma anche dell’aggiornamento e della specializzazione, anche mirata sui singoli settori dell’azione amministrativa (appalti, edilizia, utilizzazione dei fondi pubblici)”.  Tra le imprese, andrebbero valorizzati “gli strumenti di autoregolamentazione di cui le associazioni imprenditoriali hanno dimostrato di sapersi dotare nel contrastare il fenomeno mafioso”. E a chi non denuncia episodi concussivi o a chi paga la tangente, andrebbero invece estese “le misure espulsive e sospensive che Confindustria ha gia’ meritoriamente adottato nei confronti di chi non denuncia di aver subito un’estorsione o altro delitto che, direttamente o indirettamente, abbiano limitato l’attivita’ economica a vantaggio di imprese o persone riconducibili ad organizzazioni criminali”.
LE DIFFICOLTA' DELLE IMPRESE - Le imprese costrette a fronteggiare una pubblica amministrazione corrotta e che devono pagare tangenti crescono in media il 25% di meno di imprese che non devono fare i conti con tale problema. Ad essere più fortemente colpite dal fenomeno sono le piccole e medie imprese e le imprese piu’ giovani: le piccole, in particolare, hanno un tasso di crescita delle vendite di piu’ del 40% inferiore rispetto a quelle grandi. Quanto ai costi economici della corruzione, la Corte dei Conti li ha stimati in diversi miliardi di euro. Mentre l’aumento dei costi strisciante e il rialzo straordinario che colpisce i costi delle grandi opere e’ calcolato intorno al 40%. “La corruzione - secondo il Rapporto - frena il progresso tecnologico delle imprese, incentivate ad investire nel mercato della tangente anziche’ in quello dell’innovazione e della ricerca”: un valore nell’indice di percezione della corruzione di Transparency international al livello di uno dei Paesi meno corrotti avrebbe garantito all’Italia “un tasso di crescita economica di oltre il triplo a breve termine e di circa il doppio a lungo termine”. Ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione, come redatta da Transparency International, provoca la perdita del 16% degli investimenti dall’estero. Costi economici indiretti, “di meno agevole quantificazione”, sono legati a “ritardi nella definizione delle pratiche amministrative”; “cattivo funzionamento degli apparati pubblici”; “inadeguatezza se non inutilità delle opere pubbliche, dei servizi pubblici e delle forniture pubbliche realizzati”; “non oculata allocazione delle gia’ scarse risorse pubbliche”; “perdita di competitivita’ e freno alla crescita del Paese”. Costi di tipo sistemico, non misurabili in termini economici, riguardano invece valori fondamentali per la tenuta dell’assetto democratico quali eguaglianza, trasparenza dei meccanismi decisionali, fiducia nelle istituzioni, funzionamento delle istituzioni pubbliche.

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