sabato 13 ottobre 2012

Caso Armstrong: quando la fatica era sudore...


Caso Armstrong: quando la fatica era sudore...

Per ripartire dopo l'inchiesta dell'Usada serve cancellare il passato. Senza paura che possa tornare a far male, senza guardare in faccia nessuno e considerando solo il futuro. Armstrong perderà i suoi 7 Tour de France, all'Uci il compito di decidere se riassegnarli (ma a chi?) o meno..

Le mille pagine del dossier presentato dall'Usada volto a smascherare il sistema-doping messo in piedi da Lance Armstrong negli anni del suo dominio al Tour de France ha innescato una reazione a catena senza precedenti. Senza stare troppo a chiederci perché sia uscito tutto ora e non dieci anni fa, adesso è il tempo di seguire gli sviluppi di una vicenda che sconvolgerà il mondo del ciclismo. Per sempre. Più di quanto questo mondo, affascinante e spettacolare come pochi altri, sia già stato sconvolto in precedenza.
Gli Stati Uniti si spaccano a metà, fra chi resta nonostante tutto dalla parte del texano e chi invece si sente preso in giro. Il Mito di Lance è crollato: e questo purtroppo è un dato di fatto. Ora sta alle persone decidere che accezione dare alla figura dell'uomo che si è eretto a simbolo della lotta al cancro, ma che - sportivamente parlando - ha ormai perso ogni tipo di credibilità. L'inchiesta dell'Usada ha fatto uscire allo scoperto i suoi ex compagni di squadra, ha portato all'outing di Bertagnolli e alla querela di Pellizotti. E poi le critiche di Di Rocco nei confronti del pm della Procura di Padova, che ha trasmesso all'Usada (e non al Coni) la documentazione riguardo l'interrogatorio di Bertagnolli, fino al licenziamento da parte della RadioShack-Nissan Trek di Johan Bruyneel, lo storico manager di Armstrong che del texano si considera "più di un fratello". Il nome del dirigente fiammingo, persona centrale del sistema-doping di quegli anni, compare nel dossier dell'Usada addirittura 129 volte: rischia la radiazione a vita.
Armstrong è solo il nome più importante di un sistema, quello del doping, che per quasi 20 anni ha "drogato" il ciclismo: non è infatti facile circoscrivere gli anni degli imbrogli, ma indicativamente potremmo pensare che il periodo in questione possa andare dalla fine degli anni '80-primi anni '90 al 2005-2006. Sono compresi tutti gli anni di attività del texano, che si vedrà togliere dall'Uci i 7 successi al Tour de France. L'Unione Ciclistica Internazionale si è concessa 21 giorni di tempo per arrivare a una conclusione definitiva, che sarà certamente dolorosa quanto inevitabile. McQuaid rilascia una dichiarazione senza però dire niente ("Analizzeremo la situazione e prenderemo una decisione, o più decisioni. Commetterei un errore se anticipassi o indovinassi quello che i nostri avvocati di consiglieranno di fare"), e Prudhomme, direttore di una Grande Boucle sempre più macchiata dalla sporcizia del doping, lancia una provocazione: "Noi siamo per non riassegnare le sue vittorie. Non possiamo restare indifferenti davanti al rapporto dell'Usada. Il quadro è agghiacciante. Un'epoca è in discussione".
In mezzo a tutto questo "marcio" c'è lui, il ciclismo, che ha assoluto bisogno di ripartire, cancellare quello che c'è stato, tagliare con il passato e guardare al futuro. Nella speranza che i protagonisti del movimento, i corridori, tornino a dimostrarci che i sacrifici e il lavoro siano l'unico mezzo per arrivare in alto. Perché è questo che alla gente piace del ciclismo: la fatica, il sudore. Che negli ultimi anni, dopo sforzi disumani, quasi non si vedeva più.

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