giovedì 13 settembre 2012

Terracina - Camorra, negozi al setaccio


Le indagini della polizia: caccia alle «basi» della criminalità dopo l’uccisione del boss Marino
Camorra, negozi al setaccio
Dossier sulle attività commerciali gestite o riconducibili a imprenditori campani
LA  r i spos t a  de l l e   autor i t à
all’agguato su viale Circe si
muove in più direzioni. C’è
l’indagine per
individuare i sicari della spietata esecuzione
del boss Gaetano Marino, ma
non solo. Ci sono anche accertamenti, più mirati e approfond i t i   d i   q u e l l i
eseguiti finora,
finalizzati a capire quanto e
come la camorra è penetrata
nel tessuto econ o m i c o   d e l l a
città. All’indo -
mani dell’ucci -
sione di «Moncherino», la polizia ha chiesto
al Comune una
lista completa e
d e t t a g l i a t a   d i
tutte le licenze commerciali intestate a persone campane. Bar,
negozi d’abbigliamento, pizzerie, ristoranti, agenzie immobiliari, strutture ricettive. Un dossier a 360 gradi come in città
non è mai stato fatto, salvo
alcuni casi specifici e isolati.
Questa volta invece lo screening è totale. L’obiettivo è fin
troppo chiaro: disegnare una
mappa di chi sono coloro (parentele, frequentazioni, intestatari di patrimoni) che dalla
Campania vengono a investire
all’ombra del Tempio di Giove.
Non si tratta di accertamenti
amministrativi, di routine, ma
qualcosa di molto più serio.
Informazioni che, una volta acquisite dalla polizia, saranno
passate alle autorità investigative, come l’Antimafia ad esempio, che in maniera specifica si
occupano del crimine organizzato. È chiaro che un simile
dossier potrebbe suonare come
una caccia alle streghe, soprattutto agli occhi di quelle famiglie campane, e ce ne sono, che
hanno deciso di trasferirsi a
Terracina proprio per sfuggire
alla camorra che nelle terre
d’origine impedisce di avviare
liberamente un’attività commerciale. Detto questo però
non si può negare l’altro aspetto, quello più preoccupante e
forse più vasto, della presenza
campana in città che porta dritto agli interessi economici della
camorra. Che attraverso l’aper -
tura di esercizi commerciali ricicla e ripulisce i capitali sporchi provenienti da attività illecite come l’usura, il racket, lo
spaccio di droga. Ma non solo.
Gli investimenti finanziari, magari pure attraverso l’apertura
del negozio più anonimo e inutile, hanno una diretta ricaduta
sociale, a ben vedere altrettanto
pericolosa. Che puzza quanto i
soldi dei clan. Perché aprire
un’attività commerciale significa non solo far muovere il
denaro ma anche crearsi dei
legami che col tempo possono
diventare - anzi diventano -
c o   m p   l i c   i t   à ,
c   o n   n i v e n   z e   ,
l e g a m i   c h e
vanno al di là,
molto al di là,
del «buongiorno e buonasera». A tutti i
l i v e l l i ,   d a
quelli più bassi a quelli più
alti, dalla società civile alle
istituzioni. Politiche e non.
Sono le metastasi del cancro
della camorra che proprio attraverso la rete commerciale si
diffondono più velocemente e
profondamente. Per capire
quanto a fondo sia penetrata la
malavita organizzata nel territorio, quindi, forze dell’ordine
e uffici comunali hanno avviato
uno screening dettagliato che
abbraccia tutto il comparto
commerciale «made in Campania».
Pierfederico Pernarella

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