lunedì 7 dicembre 2015

La Nato entra nel giardino di casa Russia.

La Nato entra nel giardino di casa Russia. La rabbia di Mosca per l'apertura dell'Alleanza atlantica al Montenegro

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MONTENEGRO
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L’ira di Mosca per l’apertura della Nato al Montenegro va ben oltre il fastidio per la progressiva espansione dell’Alleanza nei Balcani. Per Mosca, a spostarsi sempre più verso Occidente non è solo un piccolo Paese di 700mila abitanti, ma il suo Stato-giardino, un Paese legato alla Russia da importanti – e spesso poco trasparenti – legami economici. Il Montenegro è anche uno dei luoghi di villeggiatura preferiti dai russi. L’altro era la Turchia, ora in rotta col Cremlino per la storia del jet russo abbattuto al confine turco-siriano. Basta questo a fotografare la sindrome da accerchiamento che più che mai assilla Mosca.
Per Podgorica, l’adesione all’Alleanza Atlantica rappresenta un passo in avanti verso l’integrazione europea. Una prospettiva che non piace affatto agli oligarchi russi, che con i loro investimenti – e i loro traffici - sono stati decisivi per il boom economico del Paese negli ultimi quindici anni. Come scrive Forbes, circa un terzo degli investimenti diretti in Montenegro arriva dalla Russia:
“Gli investimenti russi nell’economia montenegrina sono passati da solo 2 milioni di euro nel 2003 a 188 milioni di euro nel 2007, secondo l’Istituto di Statistica del Montenegro. La crisi finanziaria globale del 2008 ha portato a un costante declino che è durato fino al 2011, quando il business russo ha iniettato nel Paese circa 44 milioni di euro. La maggior parte dei fondi russi va alle materie prime (in particolare all’alluminio), all’industria immobiliare e al turismo”.
La Russia, insomma, è il principale investitore del Montenegro (32% nel 2013), seguita dalla vicina Serbia (15,69%), dall’Ucraina (6,56%) e dalla Cina (4%). Per contro, la rotta delle esportazioni montenegrine è una sola: verso Occidente. Nel 2014 – riporta sempre Forbes – le esportazioni verso la Russia si sono fermate a 4 milioni di dollari; briciole rispetto ai 119,2 milioni di dollari assorbiti dall’Ue.
Mosca vive come un tradimento le aspirazioni europeiste del Montenegro. Tanto più che, negli ultimi tempi, il premier montenegrino Milo Djukanovic ha spesso accusato la Russia di fomentare le proteste contro il suo governo per tener fuori il Paese dalla Nato (una narrazione familiare in Ucraina). Lo stesso Djukanovic oggi non ha fatto nulla per mitigare la propria esultanza: "È il giorno più importante per il Montenegro dopo il referendum del 2006 per l'indipendenza”, ha detto il premier, aggiungendo che l'invito di adesione alla Nato rappresenta il coronamento "dei tanti sforzi e del lungo processo di riforme” avviato dal 2006. Poi lo smacco: "Il Montenegro entra così a far parte del circolo esclusivo dei Paesi che si identificano con i valori più alti della civiltà moderna".
Mosca non può che promettere reazioni. E infatti lo fa, tramite il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov: "La continua espansione della Nato verso est, di certo, non può che portare ad azioni di risposta da parte russa" per motivi di sicurezza. Se la Russia può minacciare Podgorica di “interrompere i progetti di cooperazione con il Montenegro, inclusi quelli in campo militare”, almeno nell’immediato non può fare molto per svincolare i propri investimenti da un Paese che ha cresciuto come il proprio giardino.
Le aziende russe sono state protagoniste delle privatizzazioni dell’ultimo decennio in Montenegro. Il caso più eclatante – e controverso – è quello della Aluminium Plant Podgorica, principale asset del Paese, acquistato nel 2005 dal miliardario russo Oleg Vladimirovič Deripaska, uno dei cento uomini più ricchi del mondo secondo Forbes. Deripaska in Montenegro ha le mani un po’ dappertutto, a cominciare dal resort per super yatch chiamato Porto Montenegro: un progetto da due milioni di metri quadrati il cui completamento è fissato per il 2020. Sull’isola di San Marco (o Stradioti) i russi di Metropol Group stanno costruendo un hotel di lusso e un complesso turistico da oltre 300 milioni di euro. Un investimento concepito soprattutto per i turisti russi, che da soli rappresentano almeno il 25% del turismo montenegrino.
Ora la decisione dell’Alleanza atlantica di aprire al Montenegro minaccia questa ‘special relationship’. In un momento in cui Mosca è sempre più in rotta con Ankara, il Cremlino non può che leggere questa mossa come uno schiaffo Nato, un modo per ridimensionare l’ego russo rinvigorito dal ruolo di primo piano che Mosca sta di fatto giocando in Siria. Il processo per l'ingresso di Podgorica nell’Alleanza non sarà immediato. Durerà tra i 12 e i 18 mesi, con la chiusura dei negoziati a inizio 2017 e poi circa un anno per le ratifiche, segnando il primo allargamento della Nato dal 2009, quando entrarono Albania e Croazia. La decisione sul Montenegro a "non è contro qualcuno, ma è una decisione per rafforzare la sicurezza", ha sottolineato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. La Nato "non si concentra sulla Russia di per sé, direi che non si concentra sulla Russia come su nessun altro paese", ha commentato da parte sua il segretario di Stato Usa, John Kerry, minimizzando. Precisazioni inutili: per Mosca, in questo caso, la Nato non si è solo “espansa verso est”, ma è entrata a gamba tesa nel suo giardino, per di più ignorando gli scandali e la corruzione che finora hanno permesso alla classe politica montenegrina di intendersi così bene con gli oligarchi russi.

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