domenica 27 dicembre 2015

Le buche del malaffare devastano le strade ma anche la nostra fiducia nello Stato

Le buche del malaffare devastano le strade ma anche la nostra fiducia nello Stato

di Marco Lodoli
E alla fine si è capito il motivo per cui le strade di Roma sono così sforacchiate dalle buche, perché quelle piccole e grandi voragini nell’asfalto non vengono sistemate, perché ogni motociclista rischia di fracassare ogni giorno il suo mezzo di trasporto e anche la sua colonna vertebrale. Le buche non sono fisiologiche, non sono inevitabili come talvolta i più fatalisti dei romani hanno pensato: purtroppo, ecco la triste scoperta, sono anch’esse figlie del malaffare, delle tangenti, delle furbate mascalzone di chi era pagato per aggiustare e invece preferiva incassare senza fare il suo lavoro per bene.

Nelle buche sono finite le mazzette, non il bitume. Gli inquirenti hanno scoperto la truffa: gli imprenditori vincevano gli appalti corrompendo funzionari del Comune di Roma e poi, sempre grazie all’aiuto peloso di quei funzionari, eseguivano i lavori cercando di risparmiare al massimo su tempi e materiali. La solita schifezza italiana, il solito giro di soldi zozzi per garantirsi l’incarico e poi lucrare sulla qualità del lavoro, fatto in fretta e alla carlona. Da un lato il cinismo affarista di chi paga, dall’altro l’avidità e la miseria morale di chi è pagato, e in mezzo le buche del nostro scontento. Ormai questi scandali quasi non ci scandalizzano più, ormai un velo di rassegnazione sembra sceso sulle coscienze dei semplici cittadini. L’indignazione prima è vibrante, ma dopo il millesimo caso di amministrazione malandrina si smorza in uno sbuffo amaro, nella constatazione inerme che ormai le cose vanno sempre così, che chi può ruba, che il mondo è di chi se lo piglia con mani rapaci e sporche.

E invece bisogna ribadire con forza che chi è chiamato ad amministrare deve avere la probità degli antichi romani, che chi intasca anche solo un soldo versato dalla comunità è un ladro schifoso. Le buche di Roma sono il simbolo di un’onestà che ormai è disintegrata, di una compattezza morale che si crepa ogni giorno e si sbriciola come l’asfalto sotto la prima pioggia. La buca fetente non inghiotte solo il motociclista, ma tutte le nostre belle aspettative, le speranze di essere amministrati da persone civili, pulite, dedite al bene della città. Nella profondità lurida della buca scompare ogni principio morale.

Naturalmente la cassetta non è fatta solo di mele marce, per fortuna esistono ancora tantissimi funzionari pubblici che lavorano in modo inappuntabile, respingendo ogni bustarella. Però le mele marce sono troppe, e bisogna liberarsene senza esitazioni. Le pene per chi si fa corrompere devono essere pesanti, devono scoraggiare ogni tentazione. Chi lavora al servizio della res publica deve sentire tutta la responsabilità e l’orgoglio del suo impegno: e questo vale per i ministri come per l’oscuro funzionario che nella sua stanzetta si occupa dell’asfalto che cede in una via della periferia. Le buche della corruzione devastano le strade e – cosa ancora più grave – massacrano la nostra fiducia nello Stato.  

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