Morto David Bowie: mondo si ferma per il Duca Bianco
Lutto nel mondo della musica per la scomparsa di una delle icone del pop rock contemporaneo
di Paolo Biamonte
L'uomo che cadde sulla Terra e che molte volte aveva cambiato il corso del rock se n'è andato due giorni dopo il suo 69mo compleanno e l'uscita del suo ultimo album, “Blackstar”, un lavoro di una profondità sconosciuta al rock contemporaneo, consegnando alla storia la sua ultima incarnazione: quella del video di “Lazarus”, dove è l'amico di Gesù che avvolto da bende risorge dalla morte con le movenze meccaniche di un balletto espressionista.
David Robert Jones, il nome con cui era registrato all'anagrafe di Londra, è stato uno dei più grandi performer di sempre, senza discussione una delle personalità più influenti della cultura popolare degli ultimi 50 anni, un simbolo di una creatività costantemente spinta oltre le convenzioni.
All'epoca dell'uscita, la fine degli anni '60, i suoi primi album, destinati poi a essere considerati dei capolavori, non ebbero l'accoglienza desiderata: “Space Oddity”, “The Man Who Sold The World” e “Hunky Dory”, che si muovevano tra atmosfere acustiche, visioni Progressive, durezze rock, riferimenti espliciti ad Andy Warhol e ai Velvet Underground, aprivano la strada a un modo nuovo di concepire il rock.
La vera esplosione a livello popolare coincide con la nascita della prima storica incarnazione di Bowie, Ziggy Stardust, un alieno con gli stivali rossi dalla zeppe altissime, i capelli arancioni, e un'esibita, e per l'epoca rivoluzionaria, ambiguità sessuale.
Spinto dalla sua ammirazione per Lou Reed e Iggy Pop, mettendo a frutto la sua esperienza con Lindsay Kemp, non solo creò uno dei suoi più celebri alter ego ma uno degli album più influenti e di maggior successo della sua carriera, “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders From Mars”, dove ci sono canzoni come “Starman”, “Suffragette City”, “Rock'n'Roll Suicide”
Il successo fu clamoroso, segnò l'esplosione del Glam Rock, gli aprì le porte dell'America e mise Bowie definitivamente al centro della scena.
Ziggy diventò talmente popolare che già nel 1973 il suo creatore decise di lasciarlo scomparire con il leggendario concerto all'Hammersmith di Londra.
Già il successivo “Aladdin Sane”, che contiene classici come “The Jean Genie”, “Changes”, comincia a manifestare il desiderio di cambiare orizzonti musicali. Con “Pin Ups”, un album di cover e il successivo “Diamond Dog”, un concept album ispirato a “1984” di George Orwell e “Ragazzi Selvaggi” di William Burroughs e costruito attorno alla figura di Halloween Jack, si chiude il periodo di formazione e l'esperienza più direttamente legata al suono Glam.
Nel 1976, mentre l'uso smodato di cocaina va di pari passo con lo studio dell'occultismo, ispirato dal personaggio interpretato nel film “L'uomo che cadde sulla terra” di Nicolas Roeg, Bowie fa nascere un altro celeberrimo alter ego, il Duca Bianco, la figura che è al centro di “Station to Station”, l'album che fa da punto di passaggio tra il funky pop di “Young Americans” e le atmosfere della trilogia berlinese.
“Low”, “Heroes”, (l'unico dei tre registrato effettivamente a Berlino) e “Lodger” sono tre titoli profondonamente influenzati dalla nascente scena elettronica tedesca (Kraftwerk, Tangerine Dream) e realizzati con la collaborazione di Brian Eno, dischi di enorme importanza per l'influenza avuta sulla musica degli anni a venire e la dimostrazione di un coraggio creativo fuori dal comune.
Il clamoroso successo finì per mettere in crisi l'ex Ziggy Stardust che prima produsse tre album non altezza delle sue opere precedenti e poi si concesse la pausa, commercialmente disastrosa, hard rock quasi punk dei Tin Machine.
C'è voluto qualche anno prima che uscissero nel '93 “Black Tie White Noise” e il sofferto “The Buddha of Suburbia”.
In realtà neanche la reunion con Brian Eno per “1.Outside” ha rivitalizzato la sua carriera discografica che, anche per motivi di salute, si è fatta sempre meno fitta di impegni.
Nel 2013, dopo 10 anni di silenzio, era uscito “The Next Day”, due giorni fa l'ultimo capolavoro, “Black Star”, prodotto dall'amico di sempre Tony Visconti e suonato da alcuni dei migliori musicisti della nuova scena jazz americana.
Una sorta di testamento musicale che segna l'uscita di scena di un personaggio che ha saputo cambiare a fondo la musica e il modo di essere artista.
La passione per il musical (a Broadway sta andando in scena il suo “Lazarus”), le esperienze da attore che comprendono “Furyo” come “Zoolander”, la lunga stagione dell'ambiguità e della trasgressione e la maturità con il solidissimo matrimonio con Iman e la geniale intuizione finanziaria (che gli fruttò una cifra altissima) di quotarsi in Borsa con i Bowie Bond, l'addio ai concerti (aveva avuto un infarto), l'ultima fase della vita passata in volontario ritiro segnata anche dall'accoglienza trionfale della mostra allestita l'anno scorso al Victoria & Albert Museum di Londra e dedicata ai memorabilia della sua carriera di personaggio decisivo anche per l'evoluzione della moda, visto che con lui, che è passato alla storia come un'icona di stile, hanno collaborato alcuni degli stilisti più celebri della storia, in certi casi, diversi anni prima che diventassero star.
Sono solo alcuni dei passaggi della vita di uno di quei personaggi che appartengono alla categoria degli “one of a kind”: ce n'è uno solo.
La sua è la lezione preziosa di un'artista sempre pronto a cambiare le regole del gioco, a spingere all'estremo il desiderio di novità e di un'individualità creativa, lungo un percorso che ha generato mondi musicali sempre nuovi e che si è chiuso con uno dei capitoli più belli di una vicenda umana e artistica che già da tempo è leggenda.
- Space Oddity (1969) - “Ground Control to Major Tom ...”. Sono le parole che aprono la title track e il vero inizio della leggenda. Bowie è al secondo album, ancora in cerca di una precisa indentità. Ci si muove tra le atmosfere acustiche del Folk, Bob Dylan, spigolosità sonore, prime intuizioni Progressive (alle tastiere c'è Rick Wakeman). Con il tempo si capirà che si trattava dei primi fondamentali indizi di quanto accadrà dopo.
- The Man Who Sold The World (1970) – David Bowie comincia ad andare verso Ziggy Stardust, si immerge in testi influenzati dalla malattia mentale del fratellastro che da ragazzino era stato il suo mentore musicale e calati in un contesto di fantascienza distopica. Un album di culto.
- Hunky Dory (1971) – Il primo vero classico, un ponte sospeso tra le durezze distopiche di “The Man Who Sold The World”, il Glam di Ziggy Stardust, l'America di Bob Dylan, Andy Warhol, Lou Reed e i Velvet Underground mentre si fa strada l'esigenza di andare oltre la semplice performance musicale.
- Young Americans (1975) – L'album che chiude definitivamente la fase Ziggy e annuncia la svolta funky-black degli anni a venire. Il singolo della title track finì primo negli Usa. Tra gli ospiti passati in studio durante le registrazioni ci fu John Lennon. Fecero una jam e scrissero insieme “Fame”. Per ringraziare Bowie incise una cover di “Across the Universe” che Lennon definì migliore dell'originale.
- Heroes (1977) – Il più celebre capitolo della Trilogia Berlinese, completata da “Low” e “Lodger”. In realtà dei tre è l'unico interamente registrato a Berlino ed è il frutto splendente della collaborazione con Brian Eno. “Heroes”, storia di due innamorati divisi dal Muro, è una delle canzoni più belle della storia del rock, la Trilogia, tutt'altro che di facile ascolto, ha avuto un'influenza capitale sul modo stesso di concepire le registrazioni e gli arrangiamenti di un album.
-Scary Monster (1980) – Spinto da “Ashes To Ashes”, l'album restituì a Bowie il successo negato alla Trilogia Berlinese. Si torna alla forma rock, seppur con le incursioni soniche della chitarra di Robert Fripp (ma nel disco suona anche Roy Bittan, il pianista della E Street Band), una dichiarazione di intenti nei confronti degli anni del Punk e degli 80's.
-Let's Dance (1983) – Con la complicità di Neil Rodgers degli Chic (oggi il nume tutelare dei Daft Punk) Bowie svolta verso un'elegantissima soul dance, piazza una serie di singoli da alta classifica e ottiene un clamoroso successo da super star pop che disorienterà i suoi fan e lo manderà in crisi fino a rifugiarsi nelle durezze post punk dei Thin Machine. Questo disco ha dato un'enorme visibilità a Stevie Ray Vaughn, leggenda della chitarra blues che suonerà solo nelle date iniziali del Serious Moonlight Tour, uno dei giri di concerti di maggior successo della sua carriera.
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