venerdì 13 novembre 2015

Una "dama nera", l’oscuro faccendiere e lavori in cambio di voti

 Una "dama nera", l’oscuro faccendiere e lavori in cambio di voti

Blitz della Finanza per appalti truccati all'Anas: 10 arresti. Anche l'ex sottosegretario Meduri Il procuratore: «Emerge deprimente quotidianità». A Sanremo, arresti per assenteismo in Comune: c'era chi andava in canoa durante l'orario di lavoro.


Il blitz è scattato all’alba: 300 finanzieri del Gico del Nucleo tributario della Finanza, 10 dirigenti finiti ai domiciliari, 31 indagati, 90 perquisizioni in 11 Regioni e 23 città. E centinaia di migliaia di euro in tangenti. Sono i numeri dell’operazione Dama Nera sui presunti appalti truccati dell’Anas: la più grande stazione appaltante pubblica nel nostro Paese. Colpiti dalle ordinanze 5 dirigenti e funzionari della Direzione Generale di Roma, 3 imprenditori di società vincitrici di appalti per importanti opere pubbliche un avvocato e il politico Luigi Meduri, ex sottosegretario alle Infrastrutture con il governo Prodi ed ex presidente della Regione Calabria. Secondo l’accusa insieme formavano una «cellula criminale» che aveva un «diffuso rapporto di connivenza in tutta Italia» e che «utilizzava i pizzini per scambiarsi le informazioni in modo da non lasciare traccia degli accordi corruttivi».
Chi è la Dama Nera
«Se dovessi dire la sensazione che mi ha dato la lettura di queste carte è proprio la quotidianità della corruzione vista come una cosa normale. Una situazione deprimente», il commento del procuratore Capo della Procura della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone. Le accuse vanno dall'associazione per delinquere, alla corruzione per l'esercizio della funzione e per atto contrario ai doveri di ufficio, fino all'induzione indebita a dare o promettere utilità al voto di scambio. Personaggio chiave dell’inchiesta è la “Dama Nera” Antonella Accroglianò, il dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di Anas ritenuta dagli inquirenti al vertice della «cellula criminale» che operava all'interno di Anas. A cui questa mattina sono stati anche sequestrati 70 mila euro in contanti e gioielli ritrovati a casa della madre. In manette sono finiti anche Oreste De Grossi, Sergio Lagrotteria, Giovanni Parlato, Antonino Ferrante, Eugenio Battaglia, Concetto Bosco Logiudice, Francesco Costanzo, Giuliano Vidoni.
«La borsa sempre aperta»
«Il presidente dell'Anas che si è insediato da poco è assolutamente estraneo a questi fatti», ha poi precisato Pignatone, parlando di Gianni Vittorio Armani, alla guida dell'Anas dalla scorsa primavera. Gli accertamenti, hanno puntualizzato gli inquirenti, non riguardano neanche il predecessore Pietro Ciucci. Invece «la principale indagata, Antonella Accroglianò, va in ufficio per lavorare - ha continuato Pignatone - ma il suo lavoro è gestire il flusso continuo della corruzione: c'è la borsa sempre aperta, arriva qualcuno e ci mette una busta. Tratta pure male i collaboratori che non sono ritenuti all'altezza nell'avere a che fare con gli imprenditori per riscuotere le mazzette».
Meduri, l’ «oscuro faccendiere»
Secondo la ricostruzione degli investigatori, Meduri, definito "oscuro faccendiere", da un lato avrebbe messo a disposizione il suo pacchetto di voti a favore del fratello della “Dama Nera”, candidato alla regione Calabria nelle liste dell'Udc, e dall'altro si sarebbe dato da fare per fargli ottenere un importante incarico all'interno di una società partecipata della Regione, sempre dietro richiesta della Accroglianò, dopo il fallimento del fratello alle elezioni. In cambio, sostengono la Guardia di Finanza e la procura di Roma, l'ex sottosegretario avrebbe chiesto l'assunzione e la riconferma in Anas di due geometri a lui vicini. Meduri, inoltre, avrebbe fatto da intermediario tra la stessa Accroglianò e due imprenditori catanesi - Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Costanzo - che avrebbero ritardato il pagamento di una tangente.
In manette i furbetti del cartellino
Maxi operazione anche al Comune di Sanremo dove sono finiti in manette 35 dipendenti e per altri otto è scattato l’obbligo di firma. Sono i “furbetti del cartellino” accusati di peculato e truffa ai danni dello Stato per il loro assenteismo. L’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dalla procura di Imperia, riguarda infatti le timbrature dei cartellini di dipendenti e funzionari che in molti casi avvenivano senza che i dipendenti si recassero davvero sul posto di lavoro.
In canoa invece che in ufficio
«La Gdf ha accertato un sistema scellerato. È mai possibile che all'interno di un ufficio non ci si avveda di una situazione così grave?», ha tuonato il sostituto procuratore di Imperia Maria Paola Marrali. «L'obiettivo è stato raggiunto, è la fine di un malcostume che andava avanti da tempo». Esemplare il caso di quel dipendente che invece di andare a lavorare si faceva timbrare il cartellino da un collega e se ne andava in canoa, vantandosi della performance su Facebook e mettendosi pure qualche oretta di straordinario.

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