lunedì 14 gennaio 2013

GLI INTRECCI TOSSICI. CHI HA COMPRATO I TERRENI ATTORNO ALLA DISCARICA DI BORGO MONTELLO


GLI INTRECCI TOSSICI. CHI HA COMPRATO I TERRENI ATTORNO ALLA DISCARICA DI BORGO MONTELLO
di Graziella Di Mambro
È una landa nauseante di 50 ettari che non ha più nulla di quello che è stata, un borgo agricolo trasformato nella quarta discarica più grande d’Italia ed è destinata a crescere ancora. È Borgo Montello. E quel che diventerà domani non deriverà dal decreto del ministro dell’Ambiente italiano, ma dalla lungimiranza, dal potere di persuasione e dai soldi di alcuni gruppi economici riconoscibili, con dei beneficiari a sorpresa, personaggi vicini, vicinissimi al clan dei casalesi. Indirettamente questo dettaglio lo ha svelato l’ARPA Lazio, che quando è andata a fare i rilievi presso i pozzi piezometrici per stabilire il livello dell’eventuale inquinamento della falda acquifera ha indicato i punti di prelievo con «Coppola-Schiavone» e «Coppola2». I pozzi si trovavano al limitare della discarica e i terreni sono riferibili a Michele Coppola e Antonio Schiavone, entrambi di San Cipriano d’Aversa, il secondo inciampato in un’inchiesta da cui poi è uscito. In concreto sono due coraggiosi imprenditori che hanno acquistato un blocco di terreni a Montello alla fine degli anni 80 (quando la discarica era del Comune di Latina e i camion entravano allegramente con qualunque cosa a bordo, come è emerso in una recente audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nel Lazio). Quei terreni erano tutti confinanti con gli invasi e a occhio e croce non potevano interessare ad altri che ai gestori, uno in particolare, la Indeco che ad un certo punto, dal 2008, comincia rastrellare ettari di terreno e acquista tramite Green Holding e Alice Acque (interamente controllata dallo stesso gruppo). Una ricostruzione dettagliata di questi passaggi di proprietà, fatta da Marco Omizzolo e Roberto Lessio di Legambiente, è stata presentata ieri mattina nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato anche il responsabile provinciale di Libera, Fabrizio Marras, e Valentina Romoli di Legambiente Lazio.
Ancora tra il 2005 e il 2008, nel corso dei prelievi fatti dall’ARPA Lazio per verificare l’inquinamento dentro e fuori la discarica, i pozzi situati lungo via del Pero, ossia lungo il perimetro degli invasi, risultano indicati su aree «Coppola-Schiavone». Le aree diventeranno di proprietà di Green Holding della famiglia Grossi e della derivata Alice Acquedotti di lì a poco, nel 2009, quasi in contemporanea con l’autorizzazione di due nuove vasche delle discariche, una ciascuna a Indeco ed EcoAmbiente. Ma nei dintorni della discarica sono nati in questi anni anche piccoli edifici (cose da nulla), tutti su una piccola particella incastonata tra le proprietà ex Coppola Schiavone. E di chi sono? Di una s.r.l. romana, la Eco Latina Impianti, che fa capo al gruppo di Manlio Cerroni. Cioè: negli ultimi 15 anni due grossi gruppi economici, Cerroni e Grossi, hanno investito sui terreni attorno alla discarica che a detta di tutti i partiti politici doveva chiudere o diventare più piccola; oltre a loro hanno acquistato e poi rivenduto anche due signori di San Cipriano d’Aversa. E se, oggi, c’è qualcuno cui il decreto Clini non crea disagio sono queste persone fisiche e giuridiche, che, d’altro canto, hanno sempre avuto fiducia in una qualche redditività dei terreni «agricoli» di Montello. Ci hanno creduto solo loro. Tutti gli altri agricoltori vorrebbero scappare o almeno essere risarciti. Adesso sappiamo che ci crede anche il Ministero. Ed è tutto casuale.
LEGAMBIENTE E LIBERA: REALIZZATA UNA SANTA ALLEANZA SU QUEL SITO
Dopo aver messo sottosopra mezzo Catasto e il data base della Camera di Commercio quelli di Legambiente lo hanno detto, scritto: «In quel sito si è realizzata una santa alleanza in nome dell’immondizia e delle bollette applicate agli utenti per smaltirla. E restano delle domande inevase: cosa se ne fa Cerroni di quegli edifici che risultano in fase di abbandono, mentre ai confini pullulano iniziative per lo smaltimento dei rifiuti». Se, come appare quasi scontato, verrà accelerata la procedura di approvazione degli impianti di trattamento meccanico biologico, anche Indeco avrà la sua corsia preferenziale e nel giro di un anno sarà pronta per lo smaltimento dei rifiuti di Roma, come vuole il decreto. E se, come ha sottolineato ieri in consiglio provinciale il presidente Armando Cusani, i rifiuti di risulta del pre trattamento devono andare in una discarica il più possibile vicina, è chiaro che le aree più utili e immediatamente disponibili sono quelle degli stessi proprietari degli invasi attuali che dunque potranno chiedere e facilmente ottenere un ampliamento. Diventato anche necessario ora che arrivano i rifiuti di Roma. Ma cosa sarebbe successo se non fosse arrivato il decreto del ministro dell’Ambiente a rovinare la ineccepibile politica ambientale della Provincia di Latina? Nulla. O meglio, sarebbe passato il piano provinciale a ciclo chiuso, un sistema che prevede lo smaltimento fino all’ultimo chilo di tutti i rifiuti prodotti su questo territorio. In che modo? Possibilmente con la costruzione di un grosso impianto industriale, un termovalorizzatore, che per anni è stato al centro dei programmi della Provincia in materia di rifiuti. Il punto, non marginale, di questa alternativa è che l’impianto di termovalorizzazione sarebbe stato costruito praticamente sulla stessa area che comprende le proprietà e le aziende indicate come «Coppola-Schiavone» e «Coppola 2». Nello stesso periodo in cui avvenivano i passaggi di proprietà e l’acquisizione di Indeco, tramite le due partecipate milanesi Green Holding e Alice acque, l’amministrazione provinciale di Latina ha indetto il bando europeo per la realizzazione del termovalorizzatore, bando poi saltato. Si potrebbe definire un «affare sfumato» per i proprietari di quelle aree, che comunque adesso hanno l’opportunità di recuperare grazie al decreto Clini. In qualunque modo si sarebbe messa la storia dello smaltimento e del ciclo rifiuti, quei terreni di Montello valevano un tesoro. E sono proprio quei terreni a sminuire il valore politico, civile e amministrativo delle dichiarazioni che si stanno registrando in queste ore.

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