mercoledì 16 marzo 2016

Settemila denunce e 900 preti espulsi, così il Vaticano combatte i casi di pedofilia

Settemila denunce e 900 preti espulsi, così il Vaticano combatte i casi di pedofilia

Ora la Santa Sede attende l’esito dell’interrogatorio del cardinale Pell. E’ nota la posizione intransigente del Papa sui casi di pedofilia

Settemila denunce e 900 preti espulsi, così il Vaticano combatte i casi di pedofilia
di Carlo Di Cicco
In primo piano in Vaticano è tornata a stendersi l’ombra lunga della pedofilia. Il cardinale australiano George Pell,  uno dei suoi più alti dirigenti attuali, a capo dell’economia, ha concluso la maratona di tre giorni  nei quali è stato sottoposto a un duro e lungo interrogatorio sotto i riflettori dei media mondiali per verificare presunte responsabilità nella copertura in favore di preti pedofili in Australia.
Con la riforma voluta da Benedetto XVI nessuno tra gli ecclesiastici di qualsiasi grado è più intoccabile. Fino alla sua elezione era diffusa l’abitudine a parlare di pedofilia in privato per non nuocere all’immagine della Chiesa. Si temeva che venendo alla luce pubblicamente casi di pedofilia del clero, potesse scoppiare uno scandalo troppo grande per gestirlo. “Non aprite quella porta” ammonivano  con prudenza i preti più anziani. Invece, ancora pochi giorni or sono, tornando dal viaggio in Messico Papa Francesco aveva dichiarato di voler andare avanti con decisione contro i reati di pedofilia sulla linea aperta da Ratzinger.
 
“E’ stato l’uomo coraggioso – ha detto Francesco di Benedetto XVI – che ha aiutato tanti ad aprire quella porta” fissando uno stop alla disinvoltura e alla ipocrisia con la quale per decenni si erano affrontati i casi di pedofilia nel clero e lavando i panni sporchi in casa. E poi Francesco ha aggiunto: “Ringrazio Dio che si sia scoperchiata questa pentola e bisogna continuare a scoperchiarla e a prendere coscienza”. Pertanto “un vescovo che cambia la parrocchia a un sacerdote, quando si verifica un caso di pedofilia, è un incosciente e la cosa migliore che possa fare è presentare la rinuncia. Chiaro?”.
Sono parole solari e per questo c’è attesa di capire  come si concluderà la vicenda del cardinale George Pell dopo questo interrogatorio che potrebbe sancire responsabilità dirette o indirette di mancata denuncia quando era consultore del vescovo di Ballarat  e poi egli stesso vescovo di Melbourne e poi di Sidney.
Voci scontente nei confronti di Pell non sono mancate neppure circa la sua gestione della Segreteria per gli Affari economici, il nuovo organismo voluto dal Papa per avviare un nuovo corso in una materia incandescente dopo gli scandali legati all’Istituto per le Opere di Religione (Ior), altra realtà che già Benedetto XVI aveva iniziato a ripulire.  Ora gli elementi che stanno venendo fuori in Australia dall’inchiesta dalla Commissione reale sulle risposte istituzionali agli abusi sessuali sui minori, con cifre e circostanze raccapriccianti potrebbero accelerare ulteriori decisioni in Vaticano. Pell , che compirà 75 anni il prossimo 8 giugno,  secondo una disposizione generale di Francesco per i dirigenti della Curia  avrà l’obbligo di presentare a quella data la lettera di dimissioni. Durante l’interrogatorio ha fatto ammissioni importanti come quando ha detto: ”Non sono qui a difendere l’indifendibile” e quando ha ammesso che la Chiesa ha fatto molti errori in materia di pedofilia benché ora si stia lavorando per rimediare. Se non ci fosse una svolta prima, influirà questa sua deposizione pubblica sulla decisione del Papa nell’accogliere o respingere le dimissioni a giugno?
Sono in tanti che sembrano quasi attendere Francesco al varco per vedere come gestirà  questa delicata partita. Dal momento che resta molto da fare nel lavoro di purificazione della Chiesa nelle varie parti del mondo. Proprio ieri l’Ansa ricordava alcune cifre attinenti la questione pedofilia nella Chiesa che dimostrano la vastità del fenomeno ma anche quanto resti ancora da fare.
Secondo i dati rilanciati dall’agenzia attingendo alle notizie pubblicate dal Vaticano nel 2013 nella Chiesa si registrano 600 denunce l’anno (con picchi di 800) e in 10 anni, corrispondenti quasi tutti negli anni di Benedetto XVI sono stati espulsi 900 preti. Non ci sono ancora cifre ufficiali pubbliche sul numero dei vescovi rimossi nello stesso periodo, ma il caso più noto ha riguardato addirittura un nunzio apostolico polacco, l’arcivescovo Jozef Wesolowski arrestato e rinviato a giudizio in Vaticano, morto però alla vigilia del processo.
Enormi le spese sostenute da parecchie diocesi che per risarcire le vittime si sono impoverite e hanno venduto beni e proprietà. La sola Chiesa degli Stati Uniti ha già pagato nell'ultimo decennio, quando le denunce sono venute alla luce e sono state coinvolte anche le Corti di Giustizia, quasi 3 miliardi di dollari, tra patteggiamenti, terapie e spese legali.
Mai come di questi tempi e di fronte a scandali di tale enormità si conferma quel detto tramandato tra gli ecclesiastici: se non sono riusciti gli uomini a distruggere la Chiesa con la loro insipienza e infedeltà, significa proprio che la Chiesa ha una origine divina.

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