domenica 15 maggio 2016

Grandi retailer in crisi negli Usa: i consumatori non comprano e gli investitori vendono

Grandi retailer in crisi negli Usa: i consumatori non comprano e gli investitori vendono (i titoli)

(Afp)
(Afp)
NEW YORK - 2016, fuga dai centri commerciali. Forse i consumatori restano uno dei pilastri della crescita americana, anche in tempi magri. Ma certo non i grandi retailer, che hanno fatto la storia del commercio al dettaglio americano e che ora però faticano come non mai ad adattarsi alle nuove tecnologie e strategie dell'e-commerce, scossi da crolli delle vendite nei negozi e dei titoli sul parterre di Wall Street.
Macy's è diventato il primo dei grandi retailer a riportare il bilancio trimestrale e i suoi conti sono forieri della bufera che si sta per abbattere sull'intero settore. Il gruppo è riuscito a battere leggermente le attese di profitto ma l'attenzione degli investitori è stata dominata dalla caduta del giro d'affari e dal taglio della guidance: abbastanza da far tremare le azioni che nella seduta hanno perso fino al 14%, scivolando ai minimi da quasi cinque anni e guidando al ribasso dell'1,5% il comparto (nonché pesando sui listini). Nelle ultime due settimane, tra il nervosismo in vista dei risultati, Macy's aveva oltretutto già bruciato il 10 per cento.
Il contagio dilagante ha visto perdite a catena tra i grandi marchi, dal lusso alla fascia medio-bassa: Nordstrom è scivolata del 6,5%, Tiffany del 5,5%, Target del 5 per cento. L'icona americana Ralph Lauren, che riporterà domani mattina i conti del suo quarto trimestre fiscale, è a sua volta arretrata del 5% tra paure di ulteriori delusioni caratterizzate da brusche flessioni di utili e fatturato. E nei giorni scorsi il retailer specializzato in moda giovane Aeropostale è entrato in amministrazione controllata.
Durante i tre mesi scorsi le vendite di Macy's sono diminuite del 7,4%, più del temuto, rimanendo sotto le attese ormai ridimensionate. Per l'anno in corso il retailer, che controlla anche il marchio Bloomingdale's, prevede inoltre utili per azione compresi tra i 3,15 e i 3,40 dollari, nettamente ridotti rispetto ai 3,80-3,90 dollari della precedente stima e alle indicazioni medie degli analisti di 3,81 dollari. Non è bastata a rincuorare gli investitori neppure la riorganizzazione del gruppo varata a gennaio, che ha annunciato il taglio di tremila posti di lavoro e e la chiusura di 40 negozi.
Il trend è chiaro e pessimista: meno clienti, americani e internazionali, si servono di grandi magazzini e centri commerciali, mentre aumentano le spese sui grandi siti internet del commercio elettronico quali Amazon.

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