mercoledì 23 maggio 2012

Dati ISTAT


Articoli correlatiItalia, Istat: reddito reale famiglie inferiore di...Istat: allarme Sud, famiglie povere tutte li'Istat: ai minimi storici i risparmi delle famiglie...Istat: giù il potere d'acquisto delle famiglie. Sa...Al sud povere 23 famiglie, al nord 4,9Al Sud povere 23 famiglie su 100. Tra il 1993 e il 2011 i salari contrattuali fermi. Siamo un Paese di vecchiCommentaAncora forti disuguaglianze in tema di povertà: al Sud sono povere 23 famiglie su 100, al Nord 4,9 (dati 2010). Il 67% delle famiglie e il 68,2% delle persone povere risiedono nel Mezzogiorno. Lo rileva il rapporto annuale Istat riferendo i dati della povertà relativa, che riguarda la spesa media effettuata dalle famiglie.



Ascensore sociale lento e spesa ferma - ''Bassa fluidità sociale'' in Italia; le opportunità di miglioramento rispetto ai padri ''si sono ridotte e i rischi di peggiorare sono aumentati''. Lo dice l'Istat segnalando ''disuguaglianze nelle opportunità degli individui''. Rara la salita sociale solo l'8,5% di chi ha un padre operaio riesce ad accedere a professioni apicali. Nel corso del 2011 la dinamica in volume della spesa delle famiglie per consumi finali ha evidenziato, dopo una stagnazione nel primo trimestre, una continua e via via maggiore contrazione (-0,1% nel secondo trimestre, -0,4% nel terzo e -0,7% nel quarto su base congiunturale).Sommerso tra 255 e 275 miliardi - Il sommerso in Italia vale fra 255 e 275 miliardi, cioè fra il 16,3% e il 17% del Pil. Lo stima l'Istat nel suo rapporto annuale, con riferimento al 2008. Il dato è in riduzione rispetto al Duemila, quando il peso sul Pil era oltre il 18%. Con la crisi l'area dell'economia sommersa si è ''verosimilmente allargata''.Tra il 1993 e il 2011 i salari contrattuali fermi - Tra il 1993 e il 2011 le retribuzioni contrattuali in Italia in termini reali sono rimaste ferme. E' quanto si legge nel Rapporto annuale Istat secondo il quale la crescita per le retribuzioni di fatto è stata di quattro decimi di punto l'anno. Complessivamente, dall'inizio della recente crisi economica, cioé dal 2008, le famiglie hanno visto crescere del 2,1% il reddito disponibile in valori correnti, cui é corrisposta una riduzione del potere d'acquisto (cioé, in termini reali) di circa il 5%. Se si considera la dinamica crescente della popolazione residente, nel 2011, il potere d'acquisto delle famiglie per abitante è del 4% inferiore a quello del 1992.+1,7 milioni di occupati tra il 1995 e il 2011, ma il Sud arretra - Gli occupati in Italia sono aumentati tra il 1995 e il 2011 di 1,66 milioni di unità (+7,8%) ma la crescita si è concentrata nel Centro Nord mentre il Sud ha fatto un passo indietro (da 6,4 a 6,2 milioni di lavoratori). E' quanto emerge dal Rapporto annuale Istat. Nello stesso periodo l'occupazione nei paesi Ue15 è aumentata di 24,7 milioni di unità (+16,6%). Tra il 1993 e il 2011 gli occupati maschi sono scesi di 40.000 unità mentre le occupate sono passate da 7,6 a 9,3 milioni (1,5 mln in più nel Centro Nord, 196.000 al Sud).Italia ultima nella crescita Ue - Nel periodo 2000-2011 con una crescita media annua pari allo 0,4%, l'Italia risulta ultima tra i 27 stati membri dell'Unione europea, con un consistente distacco rispetto sia ai Paesi dell'eurozona, sia dell'Unione nel suo complesso (circa un punto percentuale in meno all'anno).

In Italia le mamme perdono il lavoro - Nel 2012, a due anni dalla nascita del figlio quasi una madre su quattro (il 22,7%) in precedenza occupata non ha più un lavoro. E' quanto emerge dal Rapporto annuale dell'Istat presentato oggi. Solo il 77,3% delle neo mamme mantiene quindi il posto di lavoro a due anni dalla nascita del figlio, un dato in calo rispetto all'81,6% del 2006. Rispetto al 2002 le percentuali di licenziamento tra le cause di interruzioni del rapporto passano dal 6,9% al 23,8%.Siamo un Paese di vecchi - L'aumento della sopravvivenza e la bassa fecondità continuano a rendere l'Italia uno dei paesi più "vecchi": attualmente si contano 144 persone di 65 anni e oltre ogni 100 con meno di 15. Nel 1992 la proporzione era di 97 a 100. In Italia si vive sempre più a lungo: gli uomini in media 79,4 anni, le donne 84,5, con valori leggermente più bassi nel Mezzogiorno (78,8; 83,9). Dal 1992 a oggi gli uomini hanno guadagnato 5,4 anni di vita media, le donne 3,9, soprattutto grazie alla riduzione della mortalità nelle età adulte e senili (2,1 anni guadagnati da entrambi i sessi per la riduzione della mortalità del sistema circolatorio; 1,2 anni gli uomini, 0,6 anni le donne per la riduzione della mortalità a causa di tumori maligni).Nascono sempre meno bambini - Il tutto mentre continuano a nascere sempre meno bambini: nel 2011 sono venuti al mondo 556 mila bimbi, circa 21 mila in meno rispetto al 2008. Il numero medio di bambini per donna è 1,42. Alla crescita demografica contribuiscono soprattutto le donne straniere (2,07), mentre le italiane si fermano a 1,33. In generale, si rovescia la geografia della fecondità: le regioni più prolifiche sono quelle del Nord (1,48) e del Centro (1,38).



Aumenta il numero dei giovani che restano in casa - Il 41,9% dei giovani tra 25 e 34 anni vive ancora in famiglia contro il 33,2% del 1993-1994. Il 45% dichiara di restare in famiglia perché non ha un lavoro e non può mantenersi autonomamente. Il prolungamento della permanenza in casa con i genitori si estende anche a giovani adulti:il 7% fra 35-44 anni vive ancora in famiglia, dato raddoppiato. Si dimezza in 20 anni la quota di giovani che esce di casa per sposarsi.



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